La Chiesa sempre più presente in Internet

Un convegno analizza il rapporto tra parrocchie e rete

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ROMA, domenica, 25 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Nell’era di Internet, la Chiesa dimostra di essersi adattata senza problemi alle nuove tecnologie ed è presente in modo consistente nella rete.

E’ quanto è emerso durante il convegno “Chiesa in rete 2.0”, svoltosi a Roma il 19 e il 20 gennaio e promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e dal Servizio informatico della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).

Tra gli esperti intervenuti all’evento figurano Leticia Soberón, del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Francesco Ognibene, giornalista di “Avvenire”, Adriano Fabris, docente di Filosofia morale all’Università di Pisa, Paolo Mancini, docente di Sociologia della Comunicazione all’Università di Perugia.

In Italia esistono oggi circa 12.000 siti cattolici, la metà dei quali di parrocchie (24,2%), associazioni e movimenti (20%). Accanto a questi, aumentano continuamente i blog e le pagine personali dei fedeli (7%).

Una ricerca dell’Università di Perugia condotta dal professor Mancini su un campione di 1338 persone ha rivelato che quasi l’86% delle parrocchie italiane possiede un computer, nel 70% dei casi connesso a Internet. Il 16% delle parrocchie ha un proprio sito.

Il 62% delle comunità parrocchiali ha inoltre un indirizzo di posta elettronica, “nonostante l’età piuttosto avanzata della maggior parte dei parroci italiani”, ha osservato la ricercatrice Rita Marchetti, che ha collaborato allo studio. Quasi la metà dei parroci ha infatti più di 60 anni.

Secondo Daniel Arasa, docente di Struttura dell’Informazione e Comunicazione Digitale presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma, “qualsiasi istituzione che desideri trasmettere una sua immagine pubblica d’accordo con l’identità di se stessa, non può fare a meno dell’uso di Internet e, concretamente, di avere un sito web”.

Il problema, spiega, non è dunque avere o meno un sito web, ma quale tipologia di sito costruire, perché il web 2.0 “ha fatto sì che questi elementi siano sottomessi ad una nuova dinamica: alla diffusione dell’informazione si sono aggiunti lo scambio e il feedback”.

Ne è un esempio il sito www.religione20.net, curato da Luca Paolin e che raccoglie più di cento membri attivi in tutta Italia all’indirizzo http://ircduepuntozero.ning.com/. Il sito si propone come una raccolta di segnalazione per una didattica della religione in base alle nuove tecnologie.

La ricerca dell’Università di Perugia, intitolata “Parrocchie e Internet”, si è articolata in due fasi: la prima è stata volta a fornire un panorama completo a carattere campionario relativo alle parrocchie italiane e all’uso che fanno delle nuove tecnologie informatiche e di Internet ed è consistita in 1338 interviste telefoniche a un campione rappresentativo delle parrocchie selezionate in base a dislocazione territoriale e ampiezza della popolazione parrocchiale.

Sulla base dei risultati di questa fase, si è proceduto ad approfondire la ricerca su un campione delle parrocchie che disponevano di un sito Internet, raccogliendo 165 interviste.

Accanto a grandi potenzialità, riconoscono gli organizzatori, le nuove tecnologie presentano anche numerose sfide, come quelle sottolineate dal direttore dell’Ufficio Nazionale delle Comunicazioni Sociali della CEI, don Domenico Pompili: come relazionare reale e virtuale sui social network, come impedire l’individualismo può derivarne e come essere su Internet mantenendo la propria natura e il proprio linguaggio.

Giuseppe Mazza, docente di teologia fondamentale e di comunicazioni sociali alla Pontificia Università Gregoriana intervenuto al convegno “Chiesa in rete 2.0”, ha affermato dal canto suo che non è la nuova tecnologia a inventare nuove socialità nell’era del Web 2.0.

Essa, infatti, “si limita ad amplificare l’esperienza dell’uomo nel suo mondo, esaltando entrambi i termini in gioco – l’uomo e il mondo, appunto – ed enfatizzandone le occasioni d’incontro”, ma “le relazioni mediate da computer risultano spesso anomiche”, il che comporta “instabilità, interazioni scarse, se non distorte, tra identità fittizie e ambiguità”, con la socialità che “risulta ridotta”.

La Chiesa, ad ogni modo, è pronta ad affrontare queste situazioni, consapevole del grande potere di Internet sulla società attuale, e soprattutto sui giovani, e delle possibilità che offre di diffondere messaggi a livello mondiale e immediato.

Il teologo morale campano padre Antonio Rungi, che lavora sui nuovi media da più di vent’anni, sostiene che Chiesa e Internet possono e devono collaborare per diffondere l’etica cristiana e anche per promuovere le vocazioni, visto che i siti delle congregazioni religiose stanno contribuendo ampiamente a diffonderne i carismi.

“Di fronte ad una totale abdicazione della famiglia e delle altre agenzie educative nella formazione cristiana dei giovani e degli adolescenti, Internet è una possibilità in più per far avvicinare i giovani alla fede – spiega -. Chiaramente è il primo passo per la conoscenza del dato religioso che altrimenti non verrebbe mai recepito nell’attuale sistema di trasmissione della fede e della cultura cristiana”.

Per formare genitori, laici e docenti anche al ruolo di educatori cristiani, padre Rungi ha avviato anche un corso di Teologia morale su Facebook, al quale si sono iscritte circa 300 persone di varie fasce d’età.

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ZENIT Staff

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