L'ampliamento dell'aborto in Spagna è sempre più vicino

Il Governo fermamente deciso a promuovere una nuova legge

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di Nieves San Martín

MADRID, mercoledì, 21 gennaio 2009 (ZENIT.org).- La Sottocommissione parlamentare che studia l’attuale normativa sull’aborto e la sua possibile riforma in vista di un ampliamento dell’interruzione volontaria di gravidanza è sul punto di concludere i suoi lavori. Il partito al Governo in Spagna ha lasciato da parte la questione perché si dibattesse dopo le elezioni. Ora, tutto fa prevedere che l’ampliamento del provvedimento legislativo sia vicino.

Come ha promesso nel suo programma elettorale, dopo l’enorme scandalo della chiusura di varie cliniche che effettuavano aborti illegali e l’arresto dei responsabili, il Partito Socialista (PSOE) ha affidato la futura riforma a un successivo dibattito sociale.

In Spagna non è permesso l’aborto libero, e per una legge del 1985 viene depenalizzato solo in tre casi: malformazione del feto, violenza e pericolo per la salute della madre. Appellandosi alla “salute psichica materna” sono stati effettuati in più di vent’anni aborti per ragioni economiche o che creavano difficoltà alla madre per vari motivi, e molto spesso per fallimento del rapporto di coppia o per la mancanza di assunzione di responsabilità da parte del padre.

Il dibattito sociale auspicato non ha avuto luogo, mentre procedono i lavori di una Sottocommissione della Camera dei Deputati, come informa lo stesso PSOE nella sua pagina web. La Sottocommissione ha ascoltato degli esperti, proposti dai vari gruppi politici rappresentati alla Camera. Tra gli altri, è stato citato Conrado Giménez Agrela, fondatore della Fondazione Madrina, ente che aiuta le madri gestanti in difficoltà.

Dopo gli arresti e la chiusura delle cliniche in cui si praticavano aborti illegali, i mezzi di comunicazione alludevano alla Spagna come al “paradiso dell’aborto”. Donne di Paesi con una legislazione più restrittiva hanno pagato ingenti somme per effettuare un aborto nel Paese.

Secondo i promotori della nuova legge, il testo dovrebbe riconoscere l’aborto come “un diritto” che quindi “non costringe nessuno”. Il partito al Governo difende non solo la necessità di una nuova norma, ma anche la garanzia della prestazione sanitaria gratuita nel Servizio Sanitario Nazionale in tutto lo Stato spagnolo.

Il Ministro della Sanità, Bernardo Soria, ha detto prima delle elezioni che, in caso di vittoria, si sarebbe verificato un “dibattito sociale” e si sarebbe studiata la modifica della legge, sempre che ci fosse stato “un ampio consenso”. In realtà, il famoso dibattito sociale non esiste, né c’è un “ampio consenso” sul tema.

Esiste, invece, una chiara discrepanza interna al PSOE circa l’opportunità politica della misure. Mentre le donne desiderano portare il dibattito nel foro pubblico, gli uomini temono un ulteriore motivo di frizione in un momento in cui ci sono stati importanti punti di confronto nelle relazioni Stato-Chiesa. Quello sull’aborto sarebbe uno in più.

Il primo vicepresidente del Governo, María Teresa Fernández de la Vega, ha detto un anno fa in alcune dichiarazioni alla TVE che l’Esecutivo non “tollererà in alcun modo che si indeboliscano dei diritti fondamentali delle donne, come quello alla privacy, né quelli dei professionisti sanitari”, a causa dei suddetti arresti. Ciò che l’ha fatta reagire in questo modo è stato il fatto che i giudici abbiano chiesto le liste delle donne che hanno abortito per verificare se avessero violato o meno le leggi spagnole.

La Fernández de la Vega ha affermato che “nell’agenda politica del Governo non figurava la riforma della legge” perché “ha funzionato abbastanza bene per tutto questo tempo, e quindi questo dibattito non esiste”. In realtà, le elezioni erano troppo vicine e il rischio era troppo grande per essere affrontato.

Secondo quanto ha reso noto a ZENIT la Fondazione Tommaso Moro, con la legge in preparazione i medici non potranno esercitare il proprio pieno diritto all’obiezione di coscienza. La nuova norma, osserva la Fondazione, “non solo nega il diritto alla vita del più debole, il bambino che deve nascere, ma il medico che non voglia realizzare l’aborto dovrà obbligatoriamente assegnare un altro centro”. Per l’organizzazione, “la legge apparirà tra circa due mesi”.

Da parte sua, il Forum per la Famiglia denuncia un decreto che “pretende di blindare le cliniche abortiste, per evitare che le frodi di massa alla legge attuale possano essere individuate e provate, sanzionando così di fatto l’aborto libero”.

Il Forum denuncia che il testo “annunciato dall’Esecutivo, dopo l’indagine giudiziaria aperta in alcune cliniche abortiste, incorre in un”ingiustificata disparità di trattamento’”, e sostiene che il progetto “non giustifica in alcun modo perché sia necessario e costituzionale regolare in modo diverso la difesa della privacy delle donne che abortiscono rispetto a quella di quanti usufruiscono dei servizi sanitari”.

L’associazione “Uniti per la Vita” chiede al leader dell’opposizione, Mariano Rajoy, coerenza nei confronti dell’aborto, ricordando che, in alcune dichiarazioni alla catena COPE, definiva incostituzionale l’eventuale approvazione di una legge sui termini temporali di questo. Il leader popolare ha aggiunto che “non c’è niente di più progressista che difendere la più indifesa di tutte le persone, qualcuno che non è ancora nato”.

“Uniti per la Vita” chiede ora a Rajoy di porre rimedio alla pratica dell’aborto in tutte le comunità autonome governate dal suo partito. L’associazione propone al Partito Popolare di applicare il suo Progetto Adozione per tutelare la vita del minore in gestazione e rispondere alle migliaia di coppie candidate all’adozione nazionale.

All’inizio del corso 2008-2009, il Ministro per le Pari Opportunità, Bibiana Aído, ha annunciato una nuova legge sull’aborto da approvare nel 2009. Se verrà approvata, il crimine dell’aborto scomparirà dal Codice Penale spagnolo.

Nel frattempo, il partito al Governo sta già parlando di come sarebbe il nuovo testo legale: aborto libero fino alle prime 12 o 14 settimane. Lo ha reso noto il segretario generale del Gruppo Parlamentare Socialista, Ramón Jáuregui, in un’intervista concessa a Europa Press in cui non ha espresso grande preoccupazione per il fatto che il Tribunale Costituzionale possa porre il veto sulla nuova legge, come ha fatto nel 1985, quando emise una sentenza contraria a una legge sui limiti temporali. Al giorno d’oggi, secondo Jáuregui, darebbe “un’interpretazione più flessibile e più attualizzata di questo conflitto”.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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