Le sfide morali della società negli Stati Uniti

Intervista all’Arcivescovo di Kansas City, mons. Joseph Naumann

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di David Hartline

KANSAS CITY, Kansas (USA), lunedì, 19 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Sebbene la Chiesa sia attenta ad un ampio ventaglio di temi sociali, esistono alcuni argomenti – come la tutela del nascituro – che comportano un maggior “peso morale”, afferma l’Arcivescovo di Kansas City.

Monsignor Joseph Naumann è uno dei 70 Vescovi degli Stati Uniti che hanno levato la propria voce durante l’ultima campagna elettorale per incoraggiare gli elettori ad appoggiare i candidati pro-vita.

In questa intervista rilasciata a ZENIT, l’Arcivescovo parla dei cambiamenti che ha potuto scorgere nella società e di come veda nella gioventù un luminoso futuro per la Chiesa.

Eccellenza, ci potrebbe parlare dei suoi anni di formazione e della cultura cattolica che ha vissuto in quel periodo?

Monsignor Naumann: Io sono cresciuto negli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta. La vita in quel periodo ruotava intorno alla parrocchia. Dio era il centro della nostra vita familiare e della nostra vita parrocchiale. Mio padre morì prima che io nascessi e forse per questo i sacerdoti della nostra parrocchia dimostrarono particolare cura per me e per mio fratello. I sacerdoti erano per me degli eroi, erano il mio modello. Per questo mi venne naturale prendere in considerazione la vocazione sacerdotale.

I cambiamenti che lei ha vissuto durante gli anni Sessanta e Settanta furono graduali o lei se ne rese conto in modo immediato?

Monsignor Naumann: Gli anni Sessanta e Settanta furono, per molte ragioni, un’epoca esaltante nella Chiesa e nella società. Come molti giovani cattolici, ero attirato da John F. Kennedy e dalla sfida lanciata con la sua frase: non ti chiedere cosa può fare il tuo Paese per te, ma cosa puoi fare tu per il tuo Paese. Ero attirato dal movimento per i diritti civili e dagli sforzi diretti ad assicurare, nelle leggi e nella società, l’uguaglianza tra le persone di ogni razza.

Anche i cambiamenti nella Chiesa, derivanti dal Concilio Vaticano II, erano esaltanti. Ho vissuto la riforma liturgica come il tentativo di rendere l’Eucaristia più accessibile al popolo di Dio.

Ciò nonostante, iniziai a vedere anche l’altro lato di alcuni dei cambiamenti culturali che erano in atto. Le conseguenze disastrose della cultura della droga e della rivoluzione sessuale diventavano ogni giorno più evidenti. Al momento della sua pubblicazione non potei apprezzare appieno la natura coraggiosa e profetica della “Humanae Vitae”.

Con il tempo, iniziai ad apprezzare il ruolo eroico svolto dal Papa Paolo VI a tutela del significato autentico della nostra sessualità e del matrimonio. Anche nella liturgia, iniziai a rendermi conto che, con ogni nostra buona intenzione di rinnovamento, si era in parte ridotta l’esperienza del sacro.

Che impressione le ha fatto la visita di Benedetto XVI negli Stati Uniti dell’aprile scorso?

Monsignor Naumann: La visita del Papa Benedetto XVI è stata un’esperienza straordinaria. Superò in ogni senso le mie speranze e aspettative. È stato bello vedere di persona la risposta calorosa e positiva che il Papa ha ricevuto non solo dai cattolici, ma da tutti gli americani, sia a Washington che a New York.

Il Papa si è presentato come un pastore amoroso e affabile ed ha parlato della verità con amore, serenità e autorità. L’incontro con i giovani a New York è stato veramente straordinario. La reazione entusiasta dei giovani alla presenza del Santo Padre è stata toccante, così come lo è stata la sua risposta, in cui li ha invitati a vivere una vita eroica nella fede.

L’ultima notte della visita stavo guardando un dibattito in una rete televisiva in cui si stava valutando la visita del Santo Padre. Uno dei presenti, un ebreo, si è congratulato con il Collegio dei Cardinali per le ultime elezioni al Soglio Pontificio. Ha affermato che sia Benedetto XVI, sia Giovanni Paolo II, sono figure di straordinaria autorevolezza non solo per la loro notevole intelligenza e cultura, ma anche per la loro integrità personale. Vivono ciò che predicano.

Ed ha suggerito che forse il nostro Paese dovrebbe tenere a mente questo modello di persona al momento di eleggere i propri rappresentanti.

Eccellenza, lei crede che gli Stati Uniti rischino di volgere verso la secolarizzazione, seguendo il percorso del Canada e dell’Europa occidentale?

Monsignor Naumann: Non credo ci si debba rassegnare ad un punto di vista fatalista ed ammettere che inevitabilmente percorreremo lo stesso cammino dell’Europa occidentale o del Canada. Credo che negli Stati Uniti esista una diversa dinamica di sviluppo.

Ciò nonostante, l’Europa e il Canada devono fungere da memento di ciò che potrebbe succedere se la Chiesa e le persone di fede non rimanessero vigili. D’altra parte, la Chiesa, nei suoi momenti iniziali, si è trovata in società ostili e, attraverso la storia, e in alcune zone del mondo di oggi, la Chiesa ha continuato a mantenere accesa la luce della verità nonostante i difficili contesti culturali.

Ci sono poi anche coloro che costantemente cercano di scrivere il necrologio del movimento pro-vita. Ricordo un commentatore alla televisione, alla metà degli anni Ottanta, che parlava di una folla enorme all’annuale Marcia per la vita, come “il rantolo della morte” del movimento. Venti anni più tardi il movimento pro-vita è diventato ancora più forte e più giovane.

In questa campagna elettorale il clero ha parlato, mai come prima, dei diritti del nascituro. Più di un terzo dei Vescovi ha pubblicato dichiarazioni sull’importanza di appoggiare i candidati pro-vita. Perché, secondo lei, c’è stata questa forte presa di posizione?

Monsignor Naumann: I Vescovi hanno vissuto l’esempio del Papa Giovanni Paolo II e ora del Papa Benedetto XVI, i quali hanno parlato con amore e in modo audace della verità. Inoltre, penso che anche l’appello alla responsabilità, lanciato dall’Arcivescovo Burke in vista delle ultime elezioni, ha avuto un impatto significativo.

Nel corso di molti anni alcuni politici cattolici, nei loro comportamenti, hanno contraddetto l’insegnamento della Chiesa sulla sacralità della vita umana, ma adesso alcuni stanno persino cercando di ridefinire ciò che la Chiesa insegna. Questo ha costretto i Vescovi a riaffermare il loro ruolo di maestri della fede autentica.

Talvolta si sentono alcuni sacerdoti e persino alcuni Vescovi affermare che la Chiesa non dovrebbe essere monotematica. Che risposta darebbe a questa critica?

Monsignor Naumann: Certamente la Chiesa è attenta ad un ampio ventaglio di temi che hanno a che vedere con la tutela della vita umana e la promozione della dignità della persona. Tuttavia alcuni argomenti, per la loro natura, hanno un maggiore peso morale. Sono quelli che implicano un male intrinseco, come l’aborto o i tentativi per ridefinire l’essenza del matrimonio. Queste sono azioni che, per loro natura, sono intrinsecamente cattive, a prescindere dalle circostanze e quindi abbiamo il dovere, come cattolici, di opporci sempre a questi gravi mali.

Esistono altri temi morali importanti come l’attenzione ai bisognosi o la politica dell’immigrazione. I cattolici hanno il dovere di prendersi cura dei più poveri o degli immigrati, ma possiamo anche avere opinioni diverse su quali politiche rispondano meglio alle loro necessità. Come sacerdoti, non abbiamo il ruolo di dare il nostro parere personale su quali siano le migliori soluzioni politiche per gli affari internazionali o per i problemi economici nazionali. Il nostro ruolo è aiutare la gente a comprendere le priorità e i principi morali dell’insegnamento della Chiesa.

Uno degli aspetti della Chiesa di cui meno si parla è il rispetto dimostrato dai giovani nei confronti della Chiesa e l’aumento delle vocazioni che stiamo vivendo. Questo si sta verificando anche nella sua Arcidiocesi?

Monsignor Naum
ann: Mi dà molta speranza, come Vescovo, vedere l’entusiasmo di tanti giovani adulti nei confronti della nostra fede cattolica. Nell’Arcidiocesi abbiamo una meravigliosa università cattolica, il Benedictine College di Atchison, Kansas. Per me è edificante vedere il numero degli studenti del Benedictine che vanno quotidianamente a Messa, che ricevono regolarmente il sacramento della penitenza e che passano del tempo nell’adorazione eucaristica.

Questo non avviene solo nel Benedictine. Sono testimone di una simile devozione e di un analogo entusiasmo nei giovani, uomini e donne, che partecipano al Centro Cattolico del Campus di St. Lawrence, all’Università del Kansas, a Lawrence. Lo Spirito Santo sta operando in modo poderoso con i nostri giovani. Nel seminario abbiamo alcuni giovani straordinari. Attualmente abbiamo 21 seminaristi in formazione nella nostra Arcidiocesi e sono tutti eccezionali. Ma ne avremmo bisogno di un numero maggiore.

Immagino che essere Arcivescovo deve essere in qualche modo surreale. È così?

Monsignor Naumann: Surreale potrebbe essere una parola adatta per qualificarlo. Diventare Vescovo non era qualcosa che avrei pensato per il mio sacerdozio. Non è qualcosa che io abbia desiderato o voluto. La mia ambizione era quella di essere parroco e ancora ritengo che sia il ministero più grande. Quando guardo indietro mi sorprendo di come Dio ti prepara gradualmente per ciò a cui ti chiama. Essere Vescovo è una responsabilità impressionante. Fa bene alla tua vita di preghiera, perché ti rendi conto che da solo non puoi fare nulla.

Trovo grande conforto nell’esempio di mons. Jean Baptiste Miege, il primo Vescovo di ciò che in quel tempo stava diventando l’Arcidiocesi di Kansas City. Quando gli fu chiesto di essere Vescovo scrisse a suo fratello in Francia dicendo che lui non sarebbe mai andato negli Stati Uniti se avesse saputo che gli avrebbero fatto “questo”. Monsignor Miege diceva a suo fratello che a mala pena riusciva a prendersi cura della propria anima; come avrebbe potuto essere responsabile di tanti altri? Monsignor Miege fu un grande Vescovo.

Questo dimostra ciò che Dio può fare in te se ti sottometti umilmente alla sua volontà, offrendogli quel poco di cui disponi. Dio lo benedirà e lo renderà sufficiente per le necessità del suo popolo.

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ZENIT Staff

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