di Teresa Tomeo
ALEXANDRIA (Virginia, Stati Uniti), venerdì, 16 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Vedere immagini di sesso o violenza in televisione e nei videogiochi introduce gli adolescenti alle relazioni sessuali e li porta ad essere più aggressivi nella vita reale? Due studi pubblicati dalla rivista dell’Associazione Statunitense di Pediatria rispondono in modo affermativo a questa domanda.
I risultati dello studio “Vedere sesso in televisione può portare alla gravidanza adolescenziale?”, condotto dalla Rand Corporation, e di “Effetti longitudinali dei videogiochi violenti sull’aggressività in Giappone e negli Stati Uniti”, di Craig A. Anderson, direttore del Centro per lo Studio della Violenza dell’Università Statale dell’Iowa, sono comparsi sul numero di novembre della rivista “Pediatrics”.
Entrambe le ricerche mostrano una correlazione tra i comportamenti visti in televisione o nei videogiochi e un cambiamento di comportamento negli adolescenti.
Kristen Fyfe, redattrice del Culture and Media Institute, ha analizzato questi studi e ha condiviso con ZENIT alcune avvertenze per i genitori.
Nel suo rapporto “Sesso e aggressività: l’impatto dei media sui bambini”, lei analizza due studi recenti e illuminanti che collegano il contenuto dei programmi televisivi alle gravidanze adolescenziali. Perché questi due studi sono tanto significativi?
Fyfe: I rapporti sono significativi per molte ragioni, soprattutto perché sono longitudinali; in altre parole, gli stessi gruppi di ragazzi sono stati studiati durante un periodo di vari anni. Molti studi, ugualmente validi, non misurano i risultati nel tempo, essendo più che altro una specie di “flash”. Questi studi, al contrario, si articolano sulla crescita, la maturazione e lo sviluppo dei ragazzi studiati. Per quanto riguarda la gravidanza adolescenziale, inoltre, questo è uno dei primi studi che propongono un rapporto tra i contenuti sessuali che si vedono – incluso il contenuto insinuato/poco esplicito – e la gravidanza adolescenziale. Dall’altro lato, questi studi analizzano ragazze e ragazzi, perché le ragazze rimangono incinte, ma i ragazzi contribuiscono a far sì che questo avvenga.
Quanto allo studio sui videogiochi e la violenza, l’altro aspetto che lo rende particolarmente significativo è la componente interculturale. I ricercatori hanno studiato bambini e adolescenti negli Stati Uniti e in Giappone. Il fatto che la cultura giapponese sia, in generale, meno aggressiva di quella nordamericana è significativo, perché in questo studio i ragazzi giapponesi hanno gli stessi risultati dei loro coetanei nordamericani.
Cosa devono sapere i genitori sull’impatto dei media sulla vita dei loro figli e della famiglia?
Fyfe: I genitori devono sapere che il tipo e la quantità dei mezzi di comunicazione consumati dai loro figli hanno un impatto negativo reale. C’è un nuovo rapporto, una meta-analisi – uno studio di studi – sull’influenza dei media in cui si mostra che c’è una forte correlazione tra una maggiore esposizione ai media e i risultati negativi per la salute – inclusi cambiamenti nel modo in cui sviluppa il cervello, obesità, aumento dell’aggressività, aumento dell’attività sessuale, consumo di droghe e alcool o scarsi risultati scolastici. Su questo studio si può leggere l’articolo del New York Times (www.nytimes.com).
Come madre cattolica, quali conclusioni ha tratto da questi studi?
Fyfe: Come madre cattolica, questi studi non fanno altro che rafforzare la mia convinzione che Dio ci ha dato la responsabilità di guidare i nostri figli attraverso un campo minato a livello culturale che cerca di scalzare il meglio di Dio per loro. Quando pronuncio delle conferenze nelle scuole e parliamo del “culto dei falsi dei”, sfido i ragazzi con l’idea che qualsiasi cosa alla quale dedicano una quantità eccessiva di tempo e di energie si trasforma in un idolo – soprattutto se Dio resta in secondo piano dopo questa ossessione. E chiedo loro: “Passate più tempo pensando a Dio o ascoltando l’iPod, giocando ai videogiochi, vedendo la televisione?”. Di fronte a questa domanda si sentono a disagio.
Cerco anche di essere consapevole del fatto che la realtà in cui i miei figli dovranno navigare è questo campo minato mediatico e non posso proteggerli da questo semplicemente lamentandomi o proibendo loro di vedere, di giocare o di ascoltare. Devo prepararli a prendere decisioni corrette e a riconoscere i valori profani promossi in molto di ciò che vedono. Non credo che nella società di oggi i genitori facciano un favore ai propri figli blindandoli completamente dai media. Ne sono circondati e hanno bisogno di dominarli per potersi muovere da adulti. Ad ogni modo, possiamo insegnare loro, fissare dei limiti e sfidarli perché siano consumatori critici. E possiamo farlo anche quando sono piccoli.
Considerando ciò che rivelano queste ricerche, ci sono alcuni temi in particolare di cui i genitori devono essere consapevoli quando pensano di regalare ai figli videogiochi, film o certi tipi di telefono o di apparecchi elettronici?
Fyfe: Bisogna che i genitori rispettino i loro doveri e non credano di poter fare tutto. Devono essere attenti ai sistemi di qualificazione dei videogiochi. Se sono definiti “M” (maturi) c’è un motivo. Si devono utilizzare le risorse positive fornite dalle associazioni di genitori per indagare sul contenuto dei videogiochi, così come le buone pubblicazioni.
Quando si tratta di telefoni cellulari o iPod, bisogna rendersi conto del fatto che qualunque cosa abbia accesso a Internet diventa un veicolo attraverso il quale si può visionare ogni tipo di contenuto. Oggi i ragazzi vedono la televisione attraverso apparecchi mobili e computer molto più che attraverso i vecchi apparecchi televisivi. Non bisogna infine comprare un televisore o un computer per la stanza del figlio. Ci sono molte ricerche che mostrano che i ragazzi che hanno questi apparecchi nella propria stanza sono carenti a livello scolastico. In poche parole: bisogna essere padre e madre!
Uno studio del Barna Group pubblicato un anno fa mostrava che, nonostante la preoccupazione dei genitori cristiani per l’influenza dei media, si sentono spinti a comprare videogiochi discutibili o altri prodotti mediatici. Questo è cambiato?
Fyfe: Non credo. Si ritorna all’idea che, a volte, essere genitori significa prendere decisioni impopolari. Quando affronto la questione in genere domando: “Permetterebbe ai suoi figli di darsi alla promiscuità sessuale, al consumo di droghe, al narcisismo, alle compagnie violente? E’ esattamente ciò che sta facendo quando permette ai suoi figli cattive influenze”. Non possiamo insegnare ai nostri figli a far fronte alle influenze negative se noi, come genitori, non siamo disposti a far fronte alla pressione a comprare un prodotto discutibile solo perché è popolare. Se si trattasse di un’altra cosa che non siano prodotti mediatici (giochi, film, musica, libri) dubiteremmo al momento di fare la scelta giusta?
Crede che i genitori stiano iniziando a prendere la questione più seriamente prima di arrivare nei negozi?
Fyfe: Credo che i genitori siano sempre più educati, e se c’è qualche benedizione in questa crisi economica può essere il fatto che i genitori sono più esigenti nei confronti di ciò che comprano. In realtà, però, fino a che i media – e mi riferisco ai media di notizie, nella pubblicità – non sottolineeranno il messaggio degli effetti pregiudizievoli (come avviene con il tabacco) i genitori non presteranno attenzione e non prenderanno la cosa sul serio.
Può dare qualche consiglio ai genitori sui media positivi nel mercato attuale? Qualche raccomandazione?
Fyfe: Quando si tratta di videogiochi, è necessario guardare l’etichetta che garantisce che si tratta di un gioco sicuro. I prodotti del sistema di
giochi della Wii che fanno sì che i ragazzi si alzino dal divano sono molto buoni. Possono sudare giocando a tennis sulla Wii!
Quanto ai DVD, è ora disponibile “Narnia II: il Principe Caspian”, così come “The Longshots”, “Fly Me to the Moon” e “Wall-E”.
Se volessi andare a comprare articoli positivi, probabilmente eviterei i grandi magazzini e penserei al negozio cristiano del mio quartiere.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]