Il Papa a israeliani e palestinesi: la guerra non è la soluzione

Nel secondo giorno dell’offensiva terrestre in territorio palestinese

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CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 6 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha ribadito a israeliani e palestinesi che la guerra non è né sarà la soluzione per il conflitto in Medio Oriente.

Lo ha affermato dopo aver recitato l’Angelus domenica 4 gennaio, secondo giorno dell’offensiva terrestre dell’esercito israeliano in territorio palestinese.

Nella sua allocuzione, il Pontefice si è unito ai Patriarchi e ai capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme, che in un messaggio datato 30 dicembre hanno invitato i fedeli a pregare per la fine del conflitto nella striscia di Gaza e a implorare pace e giustizia per la loro terra.

“Mi unisco a loro e chiedo anche a voi di fare altrettanto, ricordando, come essi dicono, ‘le vittime, i feriti, quanti hanno il cuore spezzato, chi vive nell’angoscia e nel timore, perché Dio li benedica con la consolazione, la pazienza e la pace che vengono da Lui’”, ha detto alle migliaia di pellegrini riuniti in Piazza San Pietro in Vaticano.

Secondo il Vescovo di Roma, “le drammatiche notizie che ci giungono da Gaza mostrano quanto il rifiuto del dialogo porti a situazioni che gravano indicibilmente sulle popolazioni ancora una volta vittime dell’odio e della guerra”.

“La guerra e l’odio non sono la soluzione dei problemi – ha sottolineato –. Lo conferma anche la storia più recente. Preghiamo, dunque, affinché ‘il Bambino nella mangiatoia… ispiri le autorità e i responsabili di entrambi i fronti, israeliano e palestinese, a un’azione immediata per porre fine all’attuale tragica situazione’”.

Nel loro messaggio, i Patriarchi e i capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme affermano di seguire “con preoccupazione, dolore e shock profondi la guerra che infuria nella striscia di Gaza e la distruzione, gli omicidi e lo spargimento di sangue che ne derivano”, “soprattutto in un momento in cui celebriamo il Natale, la nascita del Re dell’amore e della pace”.

Di fronte a questo “rinnovato ciclo di violenza tra israeliani e palestinesi e alla continua assenza di pace in terra Santa”, i leader religiosi denunciano “le ostilità in corso nella Striscia di Gaza e tutte le forme di violenza e di omicidio da tutte le parti”.

“Crediamo che la prosecuzione di questo spargimento di sangue e di questa violenza non porti alla pace e alla giustizia, ma generi più odio e ostilità”, sostengono.

Per questo motivo, esortano i rappresentanti delle due parti “a rientrare in sé e ad astenersi da ogni atto violento, che porterà solo distruzione e tragedia”, e a “lavorare per risolvere le differenze attraverso mezzi pacifici e non violenti”.

Allo stesso modo, esortano la comunità internazionale “a far fronte alle sue responsabilità e a intervenire immediatamente fermando attivamente” ogni forma di scontro, “a lavorare sodo per porre fine alla guerra e rimuovere le cause del conflitto tra i due popoli” e a risolvere l’opposizione tra israeliani e palestinesi “con una soluzione giusta e comprensiva basata su risoluzioni internazionali”.

I leader religiosi chiedono anche alle fazioni palestinesi di porre fine alle loro divisioni mettendo l’interesse del popolo palestinese al di sopra di quelli personali e di gruppo.

Firmano il messaggio i Patriarchi Theophilos III (Patriarcato Greco-Ortodosso), Fouad Twal (Patriarcato Latino), Torkom II (Patriarcato Apostolico Armeno Ortodosso), fr. Pierbattista Pizzaballa, ofm (Custode di Terra Santa), Anba Abraham (Patriarcato Ortodosso Copto), l’Arcivescovo Swerios Malki Mourad (Patriarcato Ortodosso Siriano), Abune Matthias (Patriarcato Ortodosso Etiope), l’Arcivescovo Paul Nabil Sayyah (Esarcato Patriarcale Maronita), i Vescovi Suheil Dawani (Chiesa Episcopale di Gerusalemme e del Medio Oriente), Munib Younan (Chiesa Evangelica Luterana in Giordania e in Terra Santa), Pierre Malki (Esarcato Patriarcale Cattolico Siriano), Youssef Zre’i (Esarcato Patriarcale Greco Cattolico), fr. Raphael Minassian (Esarcato Patriarcale Cattolico Armeno).

I 13 leader cristiani hanno indetto per domenica 4 gennaio una giornata preghiera per la giustizia e la pace in Terra Santa su invito del centro ecumenico di teologia della liberazione Sabeel. Rappresentanti di tutte le Chiese a Gerusalemme si sono uniti ai domenicani della chiesa di Santo Stefano di Gaza per pregare insieme.

Dopo una meditazione del Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini, Michel Sabbah, è stato letto in arabo un messaggio di padre Manuel Musallam, parroco della Sacra Famiglia a Gaza e direttore della scuola cristiana Holy Family.

“Dalla valle di lacrime da Gaza bagnata dal suo sangue, un sangue che ha soffocato la felicità nel cuore di un milione e mezzo di abitanti, rivolgo a voi queste parole di fede e di speranza. Non utilizzerò la parola ‘amore’, essa è rimasta intrappolata anche nelle gole di noi cristiani”, ha scritto il sacerdote, come ricorda “L’Osservatore Romano”.

Padre Musallam ha raccontato la tragica morte di Cristina, una quindicenne morta nei giorni scorsi per una crisi cardiaca sotto i bombardamenti, già indebolita dal freddo perché tutti i vetri della sua casa erano saltati in aria.

Finora l’operazione militare “Piombo fuso” è costata la vita a più di 360 palestinesi di Gaza, provocando circa 1.700 feriti.

“I soldati israeliani non distinguono più tra civili e combattenti. Questa è guerra; qualcuno provi a fermarli”, ha detto padre Musallam all’agenzia Misna.

“I bombardamenti da cielo, da terra e dal mare sono continui; alcuni colpi sono arrivati a nemmeno venti metri dalla chiesa. Dopo la morte della piccola Cristina, un’altra bimba è morta domenica mattina per il terrore e i boati continui. Era musulmana, frequentava la nostra scuola, il padre della piccola, Abu Ras, è disperato”.

Gli israeliani, sottolinea il parroco, stanno usando anche nuove armi. “Ho parlato con il direttore del maggiore ospedale di Gaza che mi ha riferito di corpi con strane ferite da armi da fuoco mai viste prima qui”.

Pur riconoscendo che a Gaza ci sono dei miliziani, il parroco spiega che la maggior parte degli abitanti è costituita da “povere persone innocenti”.

“Moltiplicare i motivi di risentimento dei palestinesi, come sta facendo Israele uccidendo donne, uomini e bambini che non hanno mai preso un’arma in pugno non farà altro che allontanare ancor di più la pace. Diventa sempre più difficile parlare di perdono sia ai cristiani che ai musulmani”.

In questa drammatica situazione, a Gerusalemme tutte le manifestazioni pubbliche da parte araba sono state annullate. Nel quartiere cristiano della Città Vecchia le luci della festa sono spente, come l’albero di Natale a Betlemme. Per l’Epifania e il Natale ortodosso le celebrazioni solenni sono state ridotte al minimo.

Il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ha ammesso parlando alla “Radio Vaticana” che “in tutta la popolazione civile, soprattutto nella popolazione araba palestinese, c’è una grande rabbia e frustrazione”.

“Il cosiddetto processo di pace riprende e si interrompe continuamente: non è la prima volta che siamo vicini a qualche svolta e poi la svolta non c’è – ha commentato –. Temo che anche in questo caso siamo dentro ad un copione già scritto: tutto sembrava pronto per qualche cambiamento, e invece, poi, si è ritornati alla soluzione più semplice, che è quella della violenza”.

“Chi paga e chi soffre è sempre la gente, i poveri. Non credo che in questo modo si risolveranno i problemi”.

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ZENIT Staff

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