di padre Angelo del Favero*
ROMA, mercoledì, 24 dicembre 2008 (ZENIT.org).- “Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: ‘Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore’” (Lc 2,6-12).
“Quel luogo”…”quella regione”…”la città di Davide”: ma dove si trova la “sala parto”?
Betlemme è piccola…dove si troverà questo “bambino avvolto in fasce”? Possibile che la culla sia “una mangiatoia”? …è assolutamente necessario saperlo!
Infatti la notizia ha due aspetti incredibili:
— primo, che pur trattandosi di un fatto storico lontano nel tempo e nello spazio…(“diede alla luce…non c’era posto…si presentò…lo avvolse…furono presi da grande spavento…”), esso “raggiunge” il presente, rendendoci contemporanei grazie alla liturgia che lo celebra come memoriale: “..vi annunzio una grande gioia…oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore”;
— secondo, che i destinatari-protagonisti di ciò che è accaduto non sono, in effetti, i pastori e il popolo di allora, bensì noi stessi che ascoltiamo, qui ed ora, duemila anni dopo: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” (Is 9,5).
Questa notizia di Isaia merita edizioni straordinarie che ognuno deve ascoltare bene, perché essa è assolutamente incredibile, sconvolgente: qui c’è “un bambino” per me! È a me che “è stato dato un figlio”!
Sì, è sulla porta di casa mia che è stato appeso il fiocco azzurro!
Mi viene in mente l’inizio del film “Marcellino pane e vino”, quando il frate portinaio, trovato un bambino alla porta del convento, s’attacca alla campana come non aveva mai fatto prima…nemmeno a Natale! Accorrono gli altri undici e da quel momento ognuno farà doppiamente da padre a Marcellino (padre spirituale e padre adottivo), e l’intera comunità non cesserà di stupirsi, giorno dopo giorno, frate per frate, come tutti dicendo: “ci è stato dato un figlio”! Quel convento è oggi la casa di ognuno di noi, il cuore di ogni uomo su questa terra, che lo sappia o no.
Scrive santa Edith Stein, carmelitana e patrona d’Europa: “Egli viene per essere un Corpo Mistico con noi: Egli è nostro Capo, noi sue membra. Poniamo le nostre mani nelle mani del divino Bambino, pronunciando il nostri sì al suo “SEGUIMI”: allora siamo suoi e il cammino è libero perché la sua vita divina possa traboccare in noi” (in“ Mistero di Natale”).
Le mani di un neonato sono troppo piccole per le nostre: sarà meglio sollevarLo dalla mangiatoia e portarLo alla nostra guancia, stringendoLo poi al cuore con tenerezza: “ci è stato dato un figlio”, il dono meraviglioso di un figlio!
Il dono del Bambino Gesù, che ci viene dal Padre celeste, consiste nella diretta partecipazione, per mezzo di Lui, al meraviglioso rapporto d’amore che li unisce nella Trinità, fonte di quella “grande gioia” (Lc 1,10) e “grande luce” (Is 9,1) che gli Angeli riversano oggi sulla terra. Questo dono divino è lo stesso Spirito Santo che nella “piena di Grazia”, Maria, colmando la distanza tra Cielo e terra, ha formato Gesù, Figlio di Davide, Figlio di Dio.
Paolo (come il medico che esce dalla sala parto verso i familiari in attesa) lo comunica a Tito e ad ognuno di noi, oggi: “è apparsa la Grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini…egli ha dato se stesso per noi… “ (Tt 2,11.14).
Ma torniamo alla domanda iniziale: dov’è il luogo dove “la Grazia” è apparsa? Dov’è la sala parto?
Chiediamolo agli ultimi che hanno visto la santa famiglia, quelli che non li hanno accolti forse proprio perché videro che Maria stava per partorire e non vollero un neonato che vagisce nella notte in mezzo a gente che stava riposando: “non c’era posto per loro nell’albergo” (Lc 2,7).
Fuori di metafora: non troveremo mai la misera grotta di Betlemme se non decidiamo sinceramente di ascoltare la Parola di Dio, riconoscendo che: “lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino” (Sal 119,105); e, di conseguenza, se non saremo “pieni di zelo per le buone opere” (Tt 2,14) che Paolo ci esorta a fare: “rinnegare l’empietà’ – tale è l’esistenza vissuta come se Dio non ci fosse, o se non fosse il Dio-con-noi – e i desideri mondani e vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della Gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo” (Tt 2,12-13).
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* Padre Angelo, cardiologo, nel 1978 ha fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita all’ospedale Santa Chiara di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1984. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.