di Alessandra Nucci
ROMA, martedì, 30 settembre 2008 (ZENIT.org).- Con visioni talora diverse sull’attualità e sul passato, ma avendo in comune forti convinzioni e speranze per il futuro, sono convenuti nei giorni scorsi ad Assisi i delegati di svariate realtà del mondo cattolico aderenti a “Retinopera”, per confrontarsi e trarre conclusioni operative dalle tematiche fondamentali di “Bene Comune, Povertà, Emergenti e Ricchezze Negate”.
Una tre giorni nella città di San Francesco che ha messo d’accordo tutti sulla presenza di povertà non solo economiche ma anche culturali e morali, sulla necessità nondimeno di resistere ai catastrofismi e diffondere la speranza, sulle soluzioni di fondo, da ricercarsi nella comunità liberamente scelta e nello snodo centrale del Compendio sociale della Chiesa, e sull’esigenza fondamentale di resistere a qualunque prezzo le pressioni del mondo secolarizzato che intenderebbe relegare l’identità cristiana nel privato.
“Paradossale questa epoca di grande tolleranza – ha osservato monsignor Arrigo Miglio, Presidente della Commissione CEI sui problemi sociali – dove ogni istanza è considerata ugualmente legittima, salvo che la presenza pubblica dei cattolici”.
Aperto, invece, dinanzi all’assoluta novità e drammaticità dello scenario economico in via di dispiegamento, è rimasto il dibattito sul modello di sviluppo da promuovere, anche se definito con chiarezza, in linea con quanto tracciato dal Santo Padre Benedetto XVI, come necessariamente sostenibile, solidale e sussidiario.
Le relazioni svolte hanno spaziato da temi di attualità italiana, come il federalismo e il welfare, ad argomenti di respiro internazionale come le sorti delle democrazie repubblicane in America Latina e le implicazioni della crisi economica Nordamericana, letti alla luce di statistiche economiche e demografiche e di criteri di base come la sussidiarietà da contrapporre allo statalismo.
In ciascun caso gli approcci diversi sono serviti per chiarire idee utili e distinzioni. Se il Vescovo di Terni-Narni-Amelia, monsignor Vicenzo Paglia, si è soffermato sul percepibile aumento della povertà economica, il sociologo Aldo Bonomi ha fatto notare che soffriamo per la mancanza di mete da perseguire ma economicamente stiamo assai meglio di una volta.
Se il filosofo Adriano Fabris ha puntato tutto sull’instaurazione di una ferrea mentalità relazionale in cui è d’obbligo che ognuno riponga la propria identità, il costituzionalista Luca Antonini ha insistito sulla centralità dell’io che non può delegare ad altri ma le responsabilità le deve assumere in proprio.
Affini i richiami all’indispensabilità di una forte vita spirituale espressi da una parte dall’economista Luigino Bruni, fautore dell’ “economia di comunione”, e dall’altra dal Presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito, Salvatore Martinez, che ha invitato a evitare lo scollamento fra Vangelo e cultura, e a sentirsi Chiesa: una Chiesa robusta che prega, che genera speranza e che evangelizzza.
Dalla spiritualità alla pratica hanno condotto le straordinarie testimonianze di Vilma Mazzocco, impegnata nella costruzione di soluzioni di attiva solidarietà per Confcooperative-Federsolidarietà, e di Paolo Ramonda, successore di don Oreste Benzi alla guida della Comunità Papa Giovanni XXIII, impegnato nella difesa della vita e degli oppressi.
L’ultima sessione è stata aperta dal Presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, che ha invitato ad aprire “nuovi cantieri” nel paese, contro la crisi della compassione e la dittatura del materialismo.
A seguire ha parlato il segretario generale e fondatore del Censis, Giuseppe De Rita, che ha segnalato tre fenomeni che nella società italiana comprimono la verità: il prevalere del numero (maggioranza), il prevalere della neutralità (secolarizzazione), e il prevalere della fiscità (provetta, eutanasia…), auspicando un ritorno alle posizioni della Populorum Progressio di Giovanni Paolo II, contro la deriva che sta mettendo in crisi perfino la cultura dello sviluppo.
Mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha indicato le due soglie oltre le quali il pluralismo politico dei cattolici non è più accettabile.
La prima: “quando la concezione del pluralismo passa dal pluralismo nel fare il bene al pluralismo nel fare il male, quella soglia è stata superata e nessuno può misurare le lacerazioni della comunità cristiana che ne conseguono e i danni per la stessa evangelizzazione”.
La seconda proposta: “quando si ritiene che Cristo sia solo utile ma non indispensabile perché l’uomo possa capire se stesso e trovare soluzioni veramente umane al proprio sviluppo, quella soglia è stata superata.
“C’è molto lavoro culturale da fare per far prendere coscienza del significato di queste due soglie, – ha sottolineato il Segretario del Dicastero Vaticano – su cui verte ancora molta confusione, che rende certe forme di “pluralismo senza verità” assolutamente inaccettabili”.
Ha concluso i lavori riassumendone i tratti salienti il coordinatore di Retinopera, Franco Pasquali.