La Santa Sede invita a chiarire il concetto di “responsabilità di difesa”

Intervento dell’Arcivescovo Migliore all’ONU

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di Roberta Sciamplicotti

NEW YORK, martedì, 30 settembre 2008 (ZENIT.org).- Una migliore comprensione del concetto della “responsabilità di difesa” porterà a poterlo applicare per migliorare le sorti dell’umanità e a riconoscere che rappresenta “la base e la motivazione” dell’azione sia dei singoli Stati che delle Nazioni Unite.

E’ quanto ha affermato questo lunedì a New York l’Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede, nel corso del Dibattito Generale della 63.ma Assemblea Generale dell’ONU.

In passato, ha spiegato il presule, il concetto di difesa “è stato troppe volte un pretesto per l’espansione e l’aggressione”.

Ad ogni modo, ha riconosciuto, recentemente “ci sono stati un crescente consenso e una maggiore inclusione di questa espressione come componente vitale della leadership responsabile”.

“La responsabilità di difesa è stata invocata da alcuni come un aspetto essenziale dell’esercizio della sovranità a livello nazionale e internazionale, mentre altri hanno rilanciato il concetto dell’esercizio della sovranità responsabile”.

Nonostante il crescente consenso sulla responsabilità di difesa come mezzo per una maggiore cooperazione, tuttavia, “questo principio viene ancora invocato come pretesto per l’uso arbitrario della forza militare”.

“Questa distorsione è la continuazione dei metodi e delle idee del passato che hanno fallito – ha denunciato l’Arcivescovo –. L’uso della violenza per risolvere le controversie è sempre un fallimento di visione e un fallimento di umanità”.

Secondo monsignor Tomasi, “la responsabilità di difesa non dovrebbe essere vista solo in termini di intervento militare, ma in primo luogo come la necessità che la comunità internazionale si riunisca di fronte alle crisi per trovare dei modi per intavolare negoziati giusti e aperti, sostenere la forza morale della legge e cercare il bene comune”.

I leader fondatori dell’ONU, ha ricordato, “credevano che la responsabilità di difesa consistesse non tanto nell’uso della forza per restaurare la pace e i diritti umani, ma soprattutto nel riunire gli Stati per individuare e denunciare i primi sintomi di ogni tipo di crisi e mobilitare l’attenzione dei Governi, della società civile e dell’opinione pubblica per scoprire le cause e proporre soluzioni”.

“Spetta non solo agli Stati, ma anche alle Nazioni Unite di assicurare che la responsabilità di difesa sia la base e la motivazione di tutto il loro lavoro”.

Allo stesso modo, l’ONU e i suoi membri “hanno la responsabilità di fornire guida, coerenza e risoluzione”, visto che “è in gioco non solo la credibilità dell’organizzazione e dei leader globali, ma, cosa più importante, la capacità della comunità umana di fornire cibo e sicurezza e di difendere i diritti umani fondamentali così che tutti i popoli abbiano l’opportunità di vivere liberi dalla paura e dalla necessità realizzando così la loro dignità”.

“E’ il bambino orfano a causa dell’Hiv/Aids, sono i ragazzi e le ragazze venduti o costretti alla schiavitù, quelli che si svegliano ogni mattina non sapendo se oggi saranno perseguitati per la loro fede o per il colore della pelle che continuano a chiedere un’istituzione e leader che sostengano le loro parole con azioni, impegni e risultati”, ha dichiarato.

“Queste voci, troppo spesso ignorate, devono essere ascoltate, perché possiamo andare al di là delle divisioni politiche, geografiche e storiche e creare un’organizzazione che rifletta le nostre migliori intenzioni piuttosto che i nostri fallimenti”.

A questo proposito, il presule ha citato la questione dei cambiamenti climatici, sottolineando che “richiede un’azione urgente” e chiedendo “agli Stati e alla società civile di compiere i sacrifici personali e politici necessari per assicurare un futuro migliore”.

“La sfida dei cambiamenti climatici e le varie soluzioni proposte e realizzate – ha concluso – ci portano a sottolineare la preoccupazione e l’inconsistenza che esistono oggi nel settore del diritto nazionale e internazionale, nella fattispecie che tutto ciò che è tecnicamente possibile debba essere legalmente lecito”.

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ZENIT Staff

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