ROMA, venerdì, 26 settembre 2008 (ZENIT.org).- Il disegno di legge sull’eutanasia e il suicidio assistito in Colombia cerca di introdurre l’“assassinio legale”, il che rappresenta una “contraddizione giuridica”, avverte uno degli esperti cattolici di Bioetica di maggior prestigio a livello internazionale.
Il sacerdote Ramón Lucas Lucas, L.C., docente di Bioetica presso l’Università Europea di Roma e membro fondatore dell’Osservatorio di Bioetica dell’Università Cattolica della Colombia, lo ha osservato intervenendo a un corso di Bioetica per il clero dell’Arcidiocesi di Bogotà e delle Diocesi periferiche (8-10 settembre) e a un seminario per professori della suddetta Università (10-12 settembre).
Il 17 settembre scorso, la prima Commissione del Senato ha approvato nel primo di quattro dibattiti regolamentari il progetto “con il quale si regolano le pratiche dell’eutanasia e del suicidio assistito in Colombia”.
La proposta, che in un primo momento non aveva ricevuto l’attenzione che merita da parte dell’opinione pubblica, è diventata parte del dibattito nazionale nelle ultime settimane con i pronunciamenti contrari dei rappresentanti della Chiesa cattolica e dopo che il professor Lucas Lucas ha sottolineato i gravi pericoli che implica.
Secondo il filosofo, autore di manuali di Bioetica seguiti da varie università di ogni continente, il disegno di legge colombiano “è un assassinio legale e una contraddizione giuridica”, perché permette di “eliminare vecchi inutili, malati terminali e, in certi casi, di appropriarsi dei loro beni”.
In una riflessione condivisa con ZENIT, padre Lucas Lucas spiega che “anche se si maschera con belle parole – ‘morte degna’, ‘dolce morte’, ‘non soffrire’, ‘rispetto della dignità’ – si tratta di un vero crimine”.
“Non c’è alcun dubbio nell’ambito scientifico, morale, politico o religioso sul fatto che quando la medicina non può fornire la cura ciò che deve fare è alleviare la sofferenza e il dolore dei pazienti, non sopprimerli – ha spiegato –. Il rimedio per una malattia non è uccidere il malato. Neanche se è lui a chiederlo”.
Per il religioso, “il malato non desidera la morte, tutto ciò che vuole è smettere di soffrire. Per questo si possono e devono somministrare tutti i palliativi del dolore, anche quelli che possono indirettamente accelerare la morte, ma senza intenzione di ucciderlo, come quelli la cui azione primaria è analgesica ma il cui effetto secondario indesiderato è proprio quello di accelerare la morte; l’eliminazione volontaria e diretta del malato è invece eutanasia”.
“Ciò che è lecito, e anche un dovere etico e sociale, è evitare l’accanimento terapeutico, che viene definito come l’uso di mezzi sproporzionati e ormai inutili per il malato”, quelli “inutili e che prolungano la sua agonia anziché offrirgli elementi di miglioramento”.
“Quello che non si può mai fare, per rispetto della sua dignità di persona, è negargli o privarlo dei mezzi a lui proporzionati in base alla situazione e secondo il livello sanitario del Paese in quel momento”, ha avvertito.
Lucas Lucas, autore di un best-seller tradotto in quasi una decina di lingue (tra cui il coreano e l’ucraino), “Bioetica per tutti”, constata che “l’eutanasia è un attentato mortale alla dignità della persona umana su cui si basa lo Stato colombiano secondo quanto afferma il patto costituzionale”.
“E’ sempre un crimine, anche quando viene praticata con fini pietosi e su richiesta del paziente – insiste –. La principale espressione del rispetto della dignità della persona non è solo il rispetto della sua autonomia”, “ma quello del bene oggettivo contenuto in questa decisione, o l’evitare il male obiettivo contenuto nella decisione stessa”.
Secondo il docente, “uno Stato democratico e sociale ha il dovere di difendere i più poveri e indigenti, come gli handicappati, gli anziani o i malati terminali. Quando lo Stato, anziché proteggere i più deboli, dà copertura legale alla loro morte, si trasforma automaticamente in uno Stato totalitario, le basi della convivenza di spezzano e sorge una società della morte, un’autentica ‘tanatocrazia’”.
La legalizzazione dell’eutanasia in Olanda, ricorda, ha creato grandi problemi sociali perché si è persa la fiducia negli ospedali e gli anziani non vogliono ricoverarsi per paura che venga somministrata loro un’iniezione letale. Per questo, constata, è stata fondata un’organizzazione, la NPV, che ha circa 100.000 affiliati dotati di un cartellino in cui si dice che il portatore non vuole essere ricoverato in ospedale.
Il “Disegno di legge statutaria” del Senato della Colombia implicherebbe molte “altre barbarie, non solo etiche, ma economiche e sociali”, sostiene il filosofo: “ad esempio, si potrebbe comprare un’automobile con i soldi dell’assicurazione del malato al quale è stata praticata l’eutanasia”.
“Dietro al ‘perché non soffra’ può nascondersi il ‘perché per me è scomodo; mi fa compassione; me lo voglio togliere di torno’. Ci sarebbe anche il caso di altri malati disperati perché anche se per loro è stato fatto tutto ciò che era ragionevole fare pensano di essere vittime di eutanasia”.
La situazione, inoltre, “spingerebbe le politiche sociali verso atteggiamenti estremi che violentano la coscienza di molti Colombiani”, ha aggiunto. “L’obiezione di coscienza da parte dei medici può così essere cancellata dalla normativa vigente al momento di prendere la decisione sulla fine della vita. Il ‘Disegno di legge statutaria’ non prevede l’obiezione di coscienza e i medici si vedrebbero penalizzati se non si attenessero alle disposizioni governative”.
[Adattamento e traduzione di Roberta Sciamplicotti]