di Antonio Gaspari
ROMA, lunedì, 22 settembre 2008 (ZENIT.org).- A margine del Simposio Internazionale sul Pontificato di Pio XII, svoltosi a Roma dal 15 al 17 settembre, la Pave the Way Foundation (PTWF) di New York, ha pubblicato un volume in cui riporta le copie fotostatiche delle lettere e delle testimonianze, pubbliche e private, degli ebrei che si sono salvati dalla Shoah grazie all’intervento di Papa Pacelli.
Per rispondere agli scopi sociali di “eliminare l’uso distorto della religione per fini privati” e rinnovare l’impegno “per identificare gli ostacoli al dialogo tra le religioni” la Pave the Way Foundation ha finanziato un progetto per raccogliere documenti, filmati e racconti dalla viva voce degli ebrei salvati dalla Chiesa Cattolica.
Il volume “Examining the Papacy of Pope Pius XII” (Pave the Way, New York, 2008) riporta una documentazione impressionante di testimonianze ebraiche in favore di Pio XII. Molto ben documentata anche la lungimiranza di Papa Pacelli, che già negli anni Trenta aveva indicato in Adolf Hitler e nell’ideologia nazista una minaccia all’umanità.
Nonostante le voci critiche che ancora oggi tratteggiano il Cardinale Eugenio Pacelli come un simpatizzante per il regime, tutta la vita del già Nunzio di Monaco e Berlino fu spesa per denunciare e opporsi alla barbarie nazista prima e a quella comunista poi.
Le prime denunce di Pacelli dei seguaci di Hitler rilsagono al 1923. Tra il 1917 ed il 1929, il futuro Pontefice Pio XII, su 44 discorsi pubblici, ne dedica ben 40 contro l’ideologia nazionalsocialista ed il suo maggiore rappresentante.
In una lettera inviata nel 1935 al Cardinale Carl Joseph Sculte, Pacelli afferma che Hitler “è un falso profeta seguace di Lucifero”. Nel 1937 contribuisce in maniera decisiva all’enciclica di Pio XI Mit Brennender Sorge (Con bruciante preoccupazione), in cui si denuncia il neopaganesimo nazista. Si tratta della più dura critica che la Santa Sede abbia mai espresso nei confronti di un regime politico.
Quando il 2 marzo del 1939 Eugenio Pacelli fu eletto Pontefice, il 3 di marzo il Berliner Morgenpost, organo del movimento nazista, scrisse che “l’elezione del Cardinale Pacelli non è accettata con favore dalla Germania perché egli si è sempre opposto al nazismo”.
Il giornale nazista Voelkischer Beobachter, invece, già il 22 gennaio del 1939 aveva pubblicato una foto del Cardinale Pacelli e di alti dignitari della Chiesa cattolica, indicandoli come gli “agitatori in Vaticano contro il fascismo ed il nazionalsocialismo”.
Anche il settimanale ufficiale dell’Internazionale Comunista La Correspondance Internationale dedicò un articolo al nuovo Pontefice sottolineando che “l’eletto era persona non grata ai nazifascismi”. Secondo il giornale dell’Internazionale comunista, “chiamando a succedere a colui che aveva opposto un’energica resistenza alle concezioni totalitarie fasciste che tendono ad eliminare la chiesa cattolica, il più diretto collaboratore di Pio XI, i Cardinali avevano compiuto un ‘gesto dimostrativo’ ponendo a Capo della Chiesa ‘un rappresentante del movimento cattolico di resistenza’”.
Tutti i giornali ebraici presenti nelle nazioni libere salutarono con entusiasmo l’elezione di Pio XII, pubblicando ampi stralci degli interventi del Cardinale Pacelli e sottolineando il ruolo decisivo nella stesura della Mit Brennender Sorge.
Per aver un’idea di quanto fosse nota l’opposizione vaticana al nazismo, il volume della PTWF riporta la copia fotostatica di un articolo di Albert Einstein su Time Magazine del 23 dicembre 1940, nel quale il noto scienziato afferma che all’avvento del nazismo in Germania: “Solo la Chiesa rimase ferma in piedi a sbarrare la strada alle campagne di Hitler per sopprimere la verità”.
Allora, Einstein scrisse: “Io non ho mai provato nessun interesse particolare per la Chiesa prima, ma ora provo nei suoi confronti grande affetto e ammirazione, perché la Chiesa da sola ha avuto il coraggio e l’ostinazione per sostenere la verità intellettuale e la libertà morale. Devo confessare che ciò che io una volta disprezzavo, ora lodo incondizionatamente”.
Per quanto riguarda poi quanto Pio XII e la Chiesa fecero per nascondere e assistere gli ebrei perseguitati dai nazisti, il volume della PTWF riporta una enorme documentazione, in copia fotostatica, fatta di articoli, ritagli di giornale, lettere, documenti dell’OSS, dispacci della Segreteria di Stato vaticana.
In termini numerici secondo lo storico Emilio Pinchas Lapide, già Console generale di Israele a Milano: “La Santa Sede, i Nunzi e la Chiesa cattolica hanno salvato da morte certa tra i 700.000 e gli 850.000 ebrei”.
Tra le tante storie originali, il volume riporta anche quella del dottor Guido Mendes e della sua famiglia, che riuscì a fuggire prima in Svizzera e poi in Palestina, grazie all’aiuto diretto di Papa Pacelli, a cui era legato da amicizia personale. A raccontare l’intera vicenda è stato il Jerusalem Post, in un articolo del 10 ottobre del 1958.
L’amore e la cura di Pio XII per tutti i perseguitati e per gli ebrei in particolare era tale che, quando l’8 ottobre del 1958 morì, il Zionist Record, il Jewish Chronicle, il Canadian Jewish Chronicle, il Jewish Post, l’American Ebrew, insieme ai rabbini di Londra, Roma, Gerusalemme, Francia, Egitto, Argentina e alla quasi totalità delle associazioni ebraiche, piansero la scomparsa di quel Papa che Golda Meir definì “un grande servitore della pace”.