di Elizabeth Lev
ROMA, domenica, 21 settembre 2008 (ZENIT.org).- Quanta differenza possono fare due secoli! Dopo anni di processi per chiedere che i crocifissi venissero rimossi dai luoghi pubblici e la banalizzazione della croce come un accessorio di moda, non sorprende che la Festa dell’Esaltazione della Croce lasci molti perplessi.
Secondo la tradizione, dopo la crocifissione la croce venne nascosta. Fu riscoperta da Sant’Elena, la madre dell’imperatore Costantino, che compì un pellegrinaggio a Gerusalemme nel 326, all’età di 80 anni.
Parte della croce rimase a Gerusalemme nella chiesa del Santo Sepolcro, la cui dedicazione risale al 14 settembre 335. Questa data sarebbe diventata quella della Festa dell’Esaltazione.
Il resto della croce sembra aver viaggiato per tutto il mondo. Alcuni frammenti furono inviati alle nuove chiese di Costantino a Costantinopoli, mentre un altro venne ospitato nella chiesa della Santa Croce a Roma, costruita da Sant’Elena su un terreno di sua proprietà.
La devozione per la croce si diffuse così rapidamente che prima della fine del quarto secolo era stato scritto l’inno “Flecte genu lignumque Crucis venerabile adora“, e San Giovanni Crisostomo racconta che i frammenti della croce venivano venerati nel mondo intero.
Un re umile
In modo piuttosto singolare, tuttavia, l’Esaltazione della Croce non celebra solo la riscoperta della vera croce, ma commemora anche un evento in uno dei momenti più turbolenti della storia cristiana delle origini.
Nel 615 d.C., alla vigilia della nascita dell’islam, l’esercito persiano stava irrompendo nel Mediterraneo. Il re persiano Chosroes lasciò la tomba di Cristo intatta, ma prese il frammento della croce che Elena aveva lasciato.
Presentandosi come un dio, il re costruì un trono in un’alta torre, dove sedeva con la croce alla sua destra, definendosi “il padre”.
L’imperatore bizantino Eraclio sfidò Chosroes a duello per recuperare la croce, riportando poi la reliquia a Gerusalemme. Aveva progettato di farla passare attraverso la stessa porta della città per la quale Cristo era entrato prima della sua crocifissione, ma le pietre crollarono e bloccarono il passaggio.
Quando gli venne detto che Cristo era passato per quella porta umilmente, cavalcando un asino solo per andare incontro alla morte, Eraclio si tolse la corona, i gioielli e le scarpe e portò la reliquia sulle spalle indossando solo una tunica. Il 14 settembre 630 la croce venne ripristinata a Gerusalemme come esempio di umiltà per tutti i popoli.
Questa storia ha catturato l’immaginazione di molti artisti, soprattutto nel Rinascimento, quando l’arte si dedicava a raccontare solo la più grande delle storie.
Antoniazzo Romano ritrasse l’evento con i colori di un manoscritto illuminato nell’abside della chiesa della Santa Croce, mentre Piero della Francesca, lavorando ad Arezzo dal 1452 al 1463, rese la maestà di questa storia in uno dei più importanti cicli di affreschi del XV secolo.
Portatrice di pace
Nella Basilica francescana di San Francesco, Piero della Francesca racconta la storia semplicemente e con minimi dettagli decorativi, ma con una potente monumentalità. In una delle prime scene notturne dell’arte italiana – il “Sogno di Costantino” -, l’imperatore dorme nella sua tenda e sogna la croce alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio. Un angelo irrompe nello spazio insieme alla luce per rappresentare il miracolo della conversione costantiniana.
L’Esaltazione della Croce del pittore, nonostante la perdita della figura di Eraclio, esprime la pace, la calma e l’ordine portati con il ripristino della croce – un messaggio appropriato durante la sua epoca di guerre continue.
Nel corso degli anni, la croce è stata attaccata varie volte. In risposta all’età scientifica, nel XVII secolo i Bollandisti, un gruppo di gesuiti del Belgio, studiarono le prove relative ai miracoli, alle reliquie e alle vite dei santi. Citano uno studio che pesò e misurò tutte le reliquie conosciute scoprendo che i pezzi ancora esistenti non formano un’unica croce.
La Festa dell’Esaltazione della Croce, spesso trascurata, è servita a lungo alla comunità cristiana per ricordare che i mezzi della nostra redenzione dovrebbero essere portati alla luce nelle nostre parole, nella nostra vita e nel nostro cuore, e che dovremmo riflettere in questo lo stesso coraggio, la stessa umiltà e la stessa determinazione che Gesù dimostrò durante la sua passione.
Nel mondo di oggi, in cui la cultura deride la croce e i politici la negano, questa festa chiede ai cristiani di esaltare l’eroico sacrificio di Cristo e di non vergognarsene.
[Traduzione dall’inglese di Roberta Sciamplicotti]