BOLOGNA, giovedì, 11 settembre 2008 (ZENIT.org).- Il 9 settembre scorso, in occasione della giornata di preghiera e di digiuno per i cristiani perseguitati nello Stato indiano dell’Orissa, il Cardinale Carlo Caffarra ha denunciato il “silenzio assordante dei media”, più preoccupati degli orsi che dei cristiani, ed ha spiegato “la grandezza del martire che smaschera la povera nudità del relativismo”.
Di fronte alla comunità di fedeli riunita nella Cattedrale di Bologna, l’Arcivescovo di questa città ha rivolto il proprio pensiero ai fratelli e alle sorelle indiani, perseguitati e martirizzati ed ha ribadito l’accorato appello del Santo Padre, sostenendo di volere con il “digiuno e la preghiera condividere la stessa passione di chi è perseguitato per il nome del Signore”.
Solidale e vicino alle sofferenze e ai disagi dei cristiani indiani, il porporato ha denunciato “‘l’assordante silenzio’ che i mezzi della comunicazione (esclusi quelli cattolici) […] stanno mantenendo su queste gravi violazioni a fondamentali diritti della persona: il diritto alla vita, e il diritto alla libertà religiosa”.
“Questo ‘assordante silenzio’ ci dona materia di profonde riflessioni”, ha commentato il Cardinale Caffarra, che si è poi chiesto: “perché ci si mostra più preoccupati della sorte degli orsi polari che di uomini e donne colpevoli solo di aver scelto la fede cristiana?”.
L’Arcivescovo di Bologna ha cercato di spiegare questo comportamento precisando che “il martirio disturba gravemente chi ritiene che alla fine tutto è negoziabile; chi nega che esista qualcosa di indisponibile e che non può essere mercanteggiato”.
“Il martire – ha aggiunto – esalta la dignità della persona in modo che non può che essere censurato da chi pensa che alla fine l’uomo è solo un frammento corruttibile di un tutto impersonale. La grandezza del martire smaschera la povera nudità del relativismo”.
Il porporato ha quindi ricordato le vicende e l’insegnamento di Gesù, che è morto in Croce per salvarci ed ha spiegato che “i nostri fratelli e sorelle stanno percorrendo la via del Signore”.
“Essi sono il chicco di grano che caduto nella terra indiana, porterà molto frutto – ha proseguito –. Hanno ritenuto che è meglio, se così vuole Dio, soffrire operando il bene piuttosto che facendo il male”.
“I fratelli e sorelle perseguitati – ha concluso – ci stanno dando il più grande insegnamento sull’uomo, sulla sua dignità, sulla sua altissima vocazione”, per questo “non ci turbi più nulla, ma adorando solo Cristo nel nostro cuore, siamo pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in noi”.