Sconfiggere la tratta significa combattere la povertà

“Liberiamo le donne dalla tratta”, conferenza europea a Verona dal 3 al 7 settembre

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di Chiara Santomiero

ROMA, martedì, 9 settembre 2008 (ZENIT.org).- L’estrema povertà e il sogno di una vita migliore in un paese diverso dal proprio: sono quasi sempre questi gli elementi che fanno precipitare milioni di donne, spesso poco più che bambine, nell’inferno della tratta e della prostituzione sulle strade dell’Occidente.

Secondo i dati degli organismi internazionali, sono almeno 12,5 milioni le persone vittime di tratta nel mondo, di cui almeno 500 mila in Europa, con un profitto per la criminalità organizzata stimato in 10 miliardi di euro all’anno.

Di tutto questo si è discusso alla conferenza europea “Liberiamo le donne dalla tratta”, svoltasi a Verona dal 3 al 7 settembre presso il Centro unitario per la cooperazione missionaria (Cum), per iniziativa dell’Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche (Wucwo/Umof).

Il Wucwo/Umofc è un’associazione internazionale che riunisce organizzazioni femminili o la componente femminile di associazioni e movimenti laicali che operano nelle comunità ecclesiali di tutto il mondo con lo scopo di promuovere la partecipazione e la corresponsabilità delle donne cattoliche nella vita della Chiesa.

Aderiscono a questo organismo circa 100 associazioni di tutti i continenti. In Europa – continente che ha scelto di declinare il tema delle nuove povertà scelto dall’assemblea mondiale del 2006 ponendo una particolare attenzione al tema della tratta delle donne – aderiscono associazioni da Spagna, Francia, Svizzera, Germania, Olanda, Lussemburgo, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Gran Bretagna, Polonia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Italia, Austria, Malta e Grecia.

“In questa piaga del nostro tempo – ha affermato Maria Giovanna Ruggieri, Vicepresidente Umofc Europa – si intrecciano due grandi forme di povertà: quella materiale di chi è costretto a usare il proprio corpo per sopravvivere e quella morale di chi è convinto che tutto possa essere comprato, anche le donne e spesso i bambini”.

“Si tratta di un fenomeno planetario – ha spiegato Paola Degani, docente presso il Centro interdipartimentale di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei popoli dell’Università di Padova – per fronteggiare il quale occorre un coordinamento di strumenti legislativi e anche di metodi di monitoraggio per poter confrontare i dati”.

E’ molto importante – ha sottolineato – distinguere la nozione di tratta da quella di immigrazione clandestina. In quest’ultima: “Si stabilisce un accordo tra chi non ha disposizione mezzi leciti per emigrare e i trafficanti che comporta un prezzo pagato il quale il rapporto si esaurisce. Si tratta di un reato contro le leggi sull’immigrazione degli Stati”.

Nella tratta, invece: “le persone vengono spostate da un paese ad un altro con l’obiettivo di sfruttarle, per lavoro, matrimoni forzati o prostituzione: c’è una grave violazione dei diritti fondamentali della persona e del suo diritto alla sicurezza, alla protezione”.

Per questo l’Unione europea ha adottato nel 2002 una decisione quadro che ha creato in capo agli Stati membri un obbligo di criminalizzazione della tratta e, successivamente nel 2004, la direttiva quadro 81 ha previsto la concessione di un permesso di soggiorno temporaneo per le vittime che collaborano con l’autorità giudiziaria, convertibile per motivi di lavoro o di studio.

“Va tenuto presente, però – ha concluso la docente di diritti umani – che le leggi non bastano se non si rimuovono i meccanismi che stanno alla base del fenomeno e cioè, da un lato, la persistenza nei paesi di origine delle vittime di situazioni strutturali di povertà, e della difficoltà di trovare mezzi legali per emigrare e dall’altro, nei paesi di destinazione, una forte domanda di lavoro a basso costo, ampia richiesta di prestazioni sessuali e, spesso, poca azione di contrasto”.

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ZENIT Staff

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