Clienti della tratta, consumatori “usa e getta”

Oscilla tra le 50 e le 70 mila, il numero delle donne costrette a prostituirsi in Italia

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di Chiara Santomiero

ROMA, martedì, 9 settembre 2008 (ZENIT.org).- “Attualmente la Romania è uno dei Paesi dell’est Europa a più alto rischio per la tratta di giovani donne. Il 40-50% di esse sono minorenni, nelle mani di piccole bande criminali di rumeni e albanesi che comprano e vendono le loro vittime”: ha denunciato sr. Eugenia Bonetti.

La responsabile dell’Ufficio “Tratta donne e minori” dell’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi) è intervenuta sull’argomento alla conferenza europea “Liberiamo le donne dalla tratta” tenutasi a Verona da 3 al 7 settembre scorso.

Sulle strade italiane, secondo dati per difetto, si prostituiscono tra le 50 e le 70 mila donne, provenienti in gran parte dall’Africa orientale, dall’America latina e dall’Europa dall’Est.

Mentre per le ragazze dell’Est, ha spiegato la religiosa, “il contratto e la gestione avviene quasi sempre tramite finti fidanzati che le assoggettano affettivamente”, le ragazze nigeriane sono dominate da maman, cioè connazionali quasi sempre passate da sfruttate a sfruttatrici, che le tengono sottomesse con la violenza psicologica esercitata da riti voodoo.

“Quando le ragazze partono per l’Europa con promesse di studio o di lavoro – ha raccontato Bonetti – i loro finti benefattori li portano dagli stregoni per ricevere la benedizioni degli spiriti”.

Gli stregoni confezionano un sacchetto con capelli, unghie, effetti personali della ragazza e ne affidano la chiave al trafficante: “Alle ragazze viene detto che se infrangeranno il giuramento di non parlare e non scappare, il trafficante potrà aprire il sacchetto e liberare gli spiriti del male che si vendicheranno sulla giovane”.

Per questo, ha spiegato Bonetti, le vittime: “sono terrorizzate e difficilmente osano ribellarsi ai loro aguzzini”.

“Per saldare il debito di 70-80 mila euro contratto a sua insaputa con i nuovi negrieri – ha proseguito la religiosa – la ragazza africana deve sottoporsi a non meno di 4 mila prestazioni sessuali. Oltre al debito iniziale, deve inoltre pagare per vitto, alloggio, postazione di lavoro, vestiario e trasporto”.

Secondo Bonetti: “Nelle nostre società occidentali andrebbe seriamente affrontata la questione dei ‘consumatori-clienti’, persone tra i 18 e i 65-70 anni, di tutti i ceti e le condizioni sociali, per il 70% sposati o conviventi, tipici esponenti di una cultura dell’’usa e getta’, convinti di poter comprare tutto ciò che vogliono”.

La condizione di estremo degrado in cui sono costrette a vivere tantissime donne, “a cui si offrono molte meno attenzioni di quelle riservate ai cani o ai gatti di casa”, contrastano, secondo la responsabile dell’Usmi, con “il Vangelo di speranza e libertà, dignità e giustizia, solidarietà ed emancipazione, annunciato nei paesi di provenienza di queste ragazze dai nostri missionari”.

Ciò rappresenta: “Una grossa sfida, specie per le congregazioni missionarie ed internazionali”.

Per questo le religiose stanno lavorando ad una rete internazionale che metta in collegamento le congregazioni dei paesi da cui partono le vittime della tratta con quelle dei paesi in cui arrivano per poter dare delle risposte efficaci a quante riescono a liberarsi da questa nuova forma di schiavitù: dall’avvicinamento tramite le unità di strada all’accoglienza in case famiglie, dalla duplicazione dei documenti d’identità, sottratti dai trafficanti, alla possibilità di un rimpatrio assistito.

“Occorre lavorare tutti insieme – ha affermato sr. Bonetti – per salvare dalla distruzione intere generazioni di donne, private della propria libertà e dignità”.

“In Africa – ha concluso la religiosa che è stata missionaria in Kenia per 24 anni – si dice che la donna è come il palo centrale della capanna: se si toglie il palo, la capanna – cioè la famiglia, il clan, la società – crolla”.

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ZENIT Staff

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