Solo la relazione personale con Cristo rende “realmente cristiani”

Intervento di Benedetto XVI in occasione dell’Udienza generale

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 3 settembre 2008 (ZENIT.org).- Solo nella relazione personale con Cristo si diventa “realmente cristiani”, ha affermato Benedetto XVI questo mercoledì mattina.

Il Papa ha dedicato il suo intervento all’Udienza generale, svoltasi nell’Aula Paolo VI, all’esperienza che San Paolo ebbe sulla via di Damasco, comunemente indicata come la sua conversione.

Questo episodio, che rappresenta “una svolta, anzi un capovolgimento di prospettiva”, viene narrato da due fonti: la prima è Luca, che ne parla per ben tre volte negli Atti degli Apostoli (9,1-19; 22,3-21; 26,4-23), il secondo tipo di fonti è costituito dalle stesse Lettere di San Paolo, che “non ha mai parlato in dettaglio di questo avvenimento”, ma nonostante questo “accenna diverse volte a questo fatto importantissimo, che cioè anche lui è testimone della risurrezione di Gesù”.

Le due fonti, ha sottolineato il Pontefice, “convergono e convengono sul punto fondamentale: il Risorto ha parlato a Paolo, lo ha chiamato all’apostolato, ha fatto di lui un vero apostolo, testimone della risurrezione, con l’incarico specifico di annunciare il Vangelo ai pagani, al mondo greco-romano”.

Allo stesso tempo, “Paolo ha imparato che, nonostante l’immediatezza del suo rapporto con il Risorto, egli deve entrare nella comunione della Chiesa, deve farsi battezzare, deve vivere in sintonia con gli altri apostoli”, perché “solo in questa comunione con tutti egli potrà essere un vero apostolo”.

Agli occhi di Paolo, l’avvenimento descritto non costituisce mai una conversione, perché “non fu frutto di un processo psicologico, di una maturazione o evoluzione intellettuale e morale, ma venne dall’esterno: non fu il frutto del suo pensiero, ma dell’incontro con Cristo Gesù”.

“In questo senso – ha aggiunto il Papa – non fu semplicemente una conversione, una maturazione del suo ‘io’, ma fu morte e risurrezione per lui stesso: morì una sua esistenza e un’altra nuova ne nacque con il Cristo Risorto”.

“Solo l’avvenimento, l’incontro forte con Cristo, è la chiave per capire che cosa era successo: morte e risurrezione, rinnovamento da parte di Colui che si era mostrato e aveva parlato con lui. In questo senso più profondo possiamo e dobbiamo parlare di conversione”.

Paolo “non ha perso quanto c’era di bene e di vero nella sua vita, nella sua eredità, ma ha capito in modo nuovo la saggezza, la verità, la profondità della legge e dei profeti, se n’è riappropriato in modo nuovo”.

Simultaneamente, “la sua ragione si è aperta alla saggezza dei pagani; essendosi aperto a Cristo con tutto il cuore, è divenuto capace di un dialogo ampio con tutti, è divenuto capace di farsi tutto a tutti”, così da poter essere realmente “l’apostolo dei pagani”.

“Cosa vuol dire questo per noi?”, ha chiesto il Papa ai fedeli e ai pellegrini riuniti nell’Aula Paolo VI.

“Vuol dire che anche per noi il cristianesimo non è una nuova filosofia o una nuova morale”, ha risposto. “Cristiani siamo soltanto se incontriamo Cristo”.

“Certamente – ha osservato – Egli non si mostra a noi in questo modo irresistibile, luminoso, come ha fatto con Paolo per farne l’apostolo di tutte le genti”, “ma anche noi possiamo incontrare Cristo, nella lettura della Sacra Scrittura, nella preghiera, nella vita liturgica della Chiesa. Possiamo toccare il cuore di Cristo e sentire che Egli tocca il nostro”.

“Solo in questa relazione personale con Cristo, solo in questo incontro con il Risorto diventiamo realmente cristiani”.

In questo modo, ha concluso, “si apre la nostra ragione, si apre tutta la saggezza di Cristo e tutta la ricchezza della verità”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione