La grandezza dell’uomo sta nel suo Creatore

Il docente di Astrofisica Marco Bersanelli parla al Meeting di Rimini

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di Antonio Gaspari

RIMINI, giovedì, 28 agosto 2008 (ZENIT.org).- “L’uomo è un paradosso, un quasi nulla che ha la capacità dell’infinito e gente come Dante Alighieri, Blaise Pascal, Giacomo Leopardi, Fedor Dostoevskij e Luigi Giussani hanno capito che ogni uomo ha una grandezza incommensurabile”.

Così, Marco Bersanelli, Docente di Astrofisica all’Università degli Studi di Milano, ha spiegato il tema del Meeting di Rimini 2008: “Protagonisti o nessuno”.

Mercoledì 27 agosto, parlando di fronte a 14.000 persone, l’astrofisico che ha ottenuto la medaglia d’oro della National Science Foundation per l’attività di ricerca svolta in Antartide, ha spiegato che l’uomo non si azzera al cospetto dell’immensità dell’universo, al contrario “l’io dell’uomo supera anche il cosmo, lo sovrasta in tutte le parti ” perché “la grandezza dell’uomo è il rapporto personale con il mistero che lo crea”.

Di fronte ad un Auditorium stracolmo di gente, Bersanelli ha criticato la visione riduzionista dell’uomo che domina nel mondo moderno.

Più tardi, riprendendo le parole di Hannah Arendt, ha detto che “è perfettamente concepibile che l’età moderna cominciata con un così eccezionale e promettente rigoglio di attività umana, termini nella più mortale e nella più sterile passività che la storia abbia conosciuto”.

L’astrofisico ha commentato questo smarrimento dell’io come una disaffezione per la realtà “che non ci riguarda, oppure è ridotta a ciò che di essa noi decidiamo di scegliere”.

“I fatti che accadono – ha aggiunto – sono visti come ostacoli o limiti e non come opportunità”.

Bersanelli è stato molto critico anche nei confronti della debolezza nel rapporto con la realtà che genera aridità nella conoscenza ed elimina la commozione e lo stupore di fronte a ciò che c’è.

A questo proposito ha ripreso Max Planck, il quale diceva: “Chi ha raggiunto lo stadio di non meravigliarsi più di nulla, dimostra semplicemente di aver perduto l’arte del ragionare e del riflettere”.

L’astrofisico ha quindi preso le distanze dai modelli del successo del divo che si basa sulle sue capacità materiali di sedurre la realtà, perché così l’uomo “è facilmente preda del potere, perde l’autonomia del giudizio, alienandosi nella mentalità comune”.

“Invece – ha sottolineato Bersanelli – l’uomo cosciente della propria irriducibilità non può essere assimilato né soffocato”.

Secondo l’astrofisico, una volta il potere cercava di annichilire l’uomo controllandolo, mentre adesso lo fa da dandogli un infinita possibilità di scelta, senza fornirgli un criterio.

Ma allora, alla domanda su chi è veramente protagonista, Bersanelli ha risposto riprendendo don Giussani, che in suo intervento del 1979 ha spiegato che “protagonista non vuol dire avere la genialità o spiritualità di alcuni, ma avere il proprio volto, che è, in tutta la storia e l’eternità, unico e irripetibile”.

Per rafforzare e sostenere l’amore per cui si è stati creati, Bersanelli ha citato don Juliàn Carròn, Presidente della fraternità di Comunione e Liberazione, secondo cui “l’unica possibilità di ridestare l’io è un avvenimento, un amore incontrato, una Presenza che afferma il tuo essere. Il cristianesimo è questo invito inaspettato che ti cambia la vita”.

A questo proposito l’astrofisico ha sottolineato: “Un uomo che scopre il rapporto con questa Presenza sulla sua vita diventa un soggetto instancabile, un protagonista di positività che tenderà a costruire pezzi di mondo migliore nella realtà che ha da vivere”.

“Dio è il protagonista della storia – ha concluso Bersanelli –, e noi lo diventiamo in rapporto con Lui, accorgendoci di essere bisognosi come ci ha testimoniato don Giussani. Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore medicante di Cristo”.

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ZENIT Staff

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