La Chiesa, una identità che fa la storia

Il Cardinale Bagnasco inaugura il Meeting di Rimini

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di Mirko Testa

RIMINI, lunedì, 25 agosto 2008 (ZENIT.org).- Per i cristiani, esseri protagonisti significa scoprirsi popolo in cammino, con un volto, una identità da custodire e un destino unico e irripetibile da condividere.

E’ quanto ha detto in sintesi il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), nell’inaugurare domenica nella sala grande della Fiera di Rimini, la 29° edizione del Meeting che quest’anno ha per tema: “O protagonisti o nessuno”.

“Essere protagonista non è voglia di protagonismo, ma amore di identità”, ha spiegato il Cardinale che in un intervento di ampio respiro ha tracciato il solco per le riflessioni che si alterneranno in questi giorni, nel fitto calendario di centoventisei tra incontri e dibattiti, volte a stimolare un confronto sul concetto di persona.

“La Chiesa, un popolo che fa storia” è stato il titolo che il Cardinale Angelo Bagnasco ha scelto per il suo discorso programmatico più volte interrotto dai lunghi applausi delle circa seimila persone presenti in sala.

E proprio a partire dalla ricerca del soggetto della storia umana che il porporato ha parlato innanzitutto dell’individuo come centro di relazioni e “primo affluente della storia universale”, perché “nessuno è invisibile” e “ciascuno […] è protagonista”; passando poi al popolo come anima di una cultura, la cui identità si fonda sui valori; fino ad arrivare allo Stato, che “dev’essere l’espressione di un popolo, l’anima della nazione”.

Perché, ha sottolineato, “qualora uno Stato dovesse tradire quest’anima, tradirebbe la gente in ciò che ha di più intimo e più suo”.

A questo punto, Bagnasco ha individuato nei falsi miti dell’apparenza e del facile successo, fondati sull’individualismo sfrenato, le insidie maggiori alla “base valoriale di un popolo”, capaci di disgregare “l’anima popolare e il senso di appartenenza ad una identità che crea comunione tra gli uomini e permette la comunità di vita”.

Ecco che “la storia che manifesta l’eclisse dello spirito va contro l’uomo, diventa “anti-storia”, e allo stesso tempo “intaccare direttamente i valori spirituali e morali di una comunità e di un Paese, è attaccare la sua integrità e fare cattiva storia”.

Successivamente, il Cardinale si è interrogato sull’identità del cristiano, che deve essere dentro al mondo ma senza omologarsi ad esso, perché “il Vangelo non è per pochi iniziati, ma per tutti; così la Chiesa non è per delle elites ma Chiesa di popolo”.

A questo proposito, Bagnasco ha utilizzato l’immagine del “sale”, come “via della ‘discesa’, del nascondimento, della condivisone quotidiana, paziente e fiduciosa, della vita della gente”, che trova la sintesi più alta in Cristo che solo “restituisce all’universo il sapore delle origini”.

Tuttavia, ha precisato, l’immagine del sale deve essere completata da quella della luce, che suggerisce “la visibilità della presenza cristiana”, in un momento in cui “si vuole che la Chiesa rimanga in chiesa”.

La Chiesa svolge infatti un ruolo decisivo nella costruzione della storia, perché, “come sale e lievito, partecipa alla costruzione della storia universale”, mentre ne custodisce la memoria: “la memoria della sua creazione, della sua dignità e della sua caduta. La memoria della sua redenzione in Cristo”.

“E’ da questa memoria che essa guarda la storia vedendola sempre come storia di salvezza”, ha poi aggiunto. “Una visione di speranza e di fiducia” che è propria della Chiesa, ma che è anche a disposizione non solo dei credenti.

“A partire da questa memoria custodita e amata – ha quindi proseguito –, lo storia ruota attorno alla concezione dell’uomo, che nel Cristianesimo giunge alla sua pienezza e che sta alla base dell’umanesimo europeo”.

“La Chiesa dice al mondo – in particolare oggi all’Europa – che il passato non può essere impunemente negato in nome dell’economia, della tecnologia o dello scientismo”.

Per questo, al giorno d”oggi, “il popolo di Dio è chiamato a partecipare alla storia umana anche con la difesa della ragione”, intesa come “la facoltà del vero”.

Infatti, “affermare l’efficacia della ragione non è ‘totalmente altro’ dall’annuncio evangelico; non significa diminuire il Vangelo per impicciarsi di argomenti di competenza altrui”, ha spiegato.

La Chiesa, dunque, “ricorda che il ruolo del passato ha rilievo ed ha un valore imprescindibile per l’oggi, pena lo sfaldamento dell’identità di una Nazione o di un Continente. Pena lo smarrimento personale e collettivo di un popolo che non sa più chi sia e dove vada”.

Perciò, ha concluso il Cardinale Bagnasco, “la sfida decisiva per noi cristiani oggi è la radicalità della nostra fede”.

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ZENIT Staff

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