di Chiara Santomiero
TBLISI/ROMA, giovedì, 21 agosto 2008 (ZENIT.org).- Un assegno di 120 mila dollari a favore della Caritas della Georgia: è il dono di Benedetto XVI per le vittime del conflitto in Ossezia del sud, giunto mercoledì a monsignor Giuseppe Pasotto, Amministratore apostolico per i latini del Caucaso.
“Nella lettera che ha accompagnato il dono – ha affermato monsignor Pasotto, raggiunto al telefono a Tblisi da ZENIT – il Santo Padre ha spiegato che il contributo deve servire a far sì che quelle dell’Angelus non siano solo parole”.
I due appelli del Papa in occasione della preghiera dell’Angelus del 10 e del 17 agosto scorsi – il primo per la cessazione del conflitto in Ossezia “anche in nome della comune eredità cristiana” e il secondo “affinché siano alleviati con generosità i gravi disagi dei profughi, soprattutto delle donne e dei bambini, che mancano perfino del necessario per sopravvivere” – hanno destato grande impressione in Georgia.
“In un Paese a maggioranza di religione ortodossa – ha spiegato monsignor Pasotto – ha fatto scalpore che il capo della Chiesa cattolica si interessasse in maniera così decisa del conflitto in corso e che avesse cuore la popolazione georgiana pregando per essa”.
Il conflitto iniziato lo scorso 7 agosto in Ossezia: “Ha gettato nel panico la popolazione, anche nelle zone non colpite come la capitale, facendo riaffiorare improvvisamente i ricordi laceranti del conflitto di 18 anni fa con l’Abkhazia”.
Nonostante questo: “E’ stato molto bello vedere come le famiglie della capitale si siano date da fare per portare quello che potevano ai profughi arrivati all’improvviso e che non avrebbero avuto nemmeno un materasso per stendersi”.
“I profughi – ha raccontato ancora monsignor Pasotto – circa 80-90 mila, disseminati in 200 punti di accoglienza in città, per i primi giorni sono rimasti completamente in silenzio, non trovavano più le parole. Ieri i giovani della parrocchia si sono recati in un centro per fare animazione con i bambini e hanno constatato che le donne stanno reagendo ma gli uomini sono ancora in silenzio”.
Dopo gli accordi con la Russia: “C’è ancora tensione; non si capisce perché, nonostante quanto stabilito, sia ancora tutto bloccato e non si possa andare dove si vuole”.
L’occupazione di Gori, ha spiegato il Vescovo cattolico di Tblisi, ha tagliato la Georgia in due e non si può far altro che aspettare il ritiro delle truppe russe.
Intanto la Caritas ha inviato nella cittadina un grosso carico di viveri perché la popolazione è allo stremo: “Sia il governo georgiano che il patriarcato – ha spiegato il presule – hanno chiesto aiuto alla chiesa cattolica e ci stiamo dando molto da fare con un grande spirito di collaborazione”.
Lo stesso che ha spinto le Chiese cristiane di Georgia insieme alle comunità musulmana ed ebrea a due appelli congiunti per il cessate il fuoco e l’invio di aiuti umanitari.
“Sono stati dei momenti di incontro molto belli – ha affermato monsignor Pasotto -; è importante, in situazioni come questa, sentirsi tutti uniti al di là delle differenze di fede”.
La popolazione georgiana si aspetta molto dalla comunità internazionale: ha timore di essere lasciata sola.
Si tratta di un timore condiviso dai responsabili della Caritas: “Adesso – afferma monsignor Pasotto – gli aiuti internazionali non mancano ma la situazione di precarietà minaccia di durare a lungo. Già si dice che le scuole non apriranno perché sono tutte occupate dai profughi”.
“Forse alcuni di questi potranno tornare a Gori, ma non a Tskhinvali; occorrerà ricostruire le case e vigilare affinché tutti ricevano aiuti e nessuno che ha bisogno sia dimenticato.Tra sette o otto mesi ci si ricorderà ancora della Georgia?”.
Importante, in questa direzione, il ruolo dei media: “Occorre che i media – ha concluso – non si limitino a cercare il sensazionalismo, ma operino per il bene, per aiutare chi sta soffrendo e diano un’informazione il più possibile corretta”.