CITTA' DEL VATICANO, domenica, 17 febbraio 2008 (ZENIT.org).- Al termine dell'Angelus di questa domenica Benedetto XVI ha lanciato un appello perché si ponga fine alle “persistenti manifestazioni di tensione in Libano” e si intraprenda la via del dialogo.
Il Libano è infatti sprofondato in una crisi politico-istituzionale da quando il 23 novembre scorso è scaduto il mandato del Presidente della Repubblica Émile Lahoud. Da allora vi sono stati tredici rinvii consecutivi del voto senza che l'Assemblea nazionale si sia potuta riunire per eleggere un nuovo Capo di Stato.
“Gli sforzi per comporre la crisi e il sostegno offerto da numerosi esponenti di rilievo della Comunità internazionale – ha detto il Papa – , anche se non hanno ancora raggiunto un risultato, dimostrano l’intenzione di individuare un Presidente che sia tale per tutti i libanesi e porre così le basi per superare le divisioni esistenti”.
“Purtroppo, non mancano anche i motivi di preoccupazione, soprattutto a causa di una inconsueta violenza verbale o di quanti addirittura pongono la loro fiducia nella forza delle armi e nella eliminazione fisica degli avversari”, ha aggiunto.
“Assieme al Patriarca maronita e a tutti i Vescovi libanesi, vi chiedo di unirvi alla mia supplica a Nostra Signora del Libano, perché incoraggi i cittadini di quella cara Nazione, ed in particolare i politici, a lavorare con tenacia in favore della riconciliazione, di un dialogo veramente sincero, della pacifica convivenza e del bene di una Patria profondamente sentita come comune”, ha concluso.
In Libano, dopo il “patto nazionale” del 1943 che ha sancito una suddivisione delle cariche pubbliche in base all'appartenenza religiosa, il Presidente della Repubblica deve essere cristiano maronita, resta in carica sei anni e condivide il potere esecutivo con il Consiglio dei ministri, presieduto da un musulmano di confessione sunnita.
Nel Paese la tensione politica, già molto alta a causa della spaccatura tra le diverse fazioni politiche, si è andata acutizzando in occasione dell'anniversario dell'uccisione in un attentato dell'ex Premier Rafik Hariri, avvenuta a Beirut il 14 febbraio 2005.
Durante i tafferugli l'esercito è intervenuto per disperdere i sostenitori del leader sunnita Saad Hariri, figlio di Hariri, e gli esponenti dei movimenti sciiti.
Nella sera del 16 febbraio, invece, vi sono stati scontri, in alcuni quartieri di Beirut, tra i sostenitori delle “Forze del 14 Marzo” che formano il governo del Premier Fuad Siniora e i sostenitori dell'opposizione guidata dal movimento Hezbollah, causando il ferimento di una ventina di persone.