Essere donna è una missione

Tre membri del Movimento di Schoenstatt al Congresso organizzato dalla Santa Sede

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di Miriam Díez i Bosch

ROMA, lunedì, 11 febbraio 2008 (ZENIT.org).- Tre partecipanti al Congresso “Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza“, organizzato dalla Santa Sede, membri del Movimento di Schoenstatt, sono convinte che essere donne sia un’autentica missione.

Lo hanno spiegato a ZENIT Perla Piovera, dell’Argentina, Alicia Kostka, della Polonia, e Marianne Mertke, della Germania, presentando i loro contributi a questo incontro mondiale partendo dalla spiritualità di Schönstatt, movimento apostolico di matrice mariana.

Il Congresso, convocato dal Pontificio Consiglio per i Laici, ha analizzato dal 7 al 9 febbraio l’impatto della Lettera Apostolica Mulieris dignitatem, primo documento pontificio dedicato alla donna, pubblicato vent’anni fa.

La polacca Alicia Kostka ha dedicato due anni fa la sua tesi dottorale alla dignità e alla vocazione della donna dalla prospettiva di padre Josef Kentenich (1885-1968), fondatore di questa nuova realtà ecclesiale.

“Da quando è stata pubblicata, penso che sia aumentato il caos di termini nella società; si definisce secondo il proprio gusto ciò che è donna e uomo. Vogliamo approfondire ciò che dicono la Bibbia e l’antropologia cristiana”, ha spiegato compiendo un bilancio sintetico.

La Kostka insiste sulla base del Congresso, esplicitato in una delle conferenze sul tema “Donna e uomo: creati l’uno per l’altra”.

“Dobbiamo essere consapevoli di questo anche nella vita quotidiana”, riconosce: “l’uomo e la donna rappresentano Dio, ciascuno a suo modo”.

La donna, immagine di Dio

“Mi affascina come padre Kentenich lo presenta nella sua descrizione della donna come immagine di Dio, e come ancora oggi sia molto più avanti di ciò che dice la Chiesa – confessa -. Come mostra concretamente la donna come immagine di Dio”.

“La Chiesa nella sua dottrina rimane ancora al fatto di mostrare che la donna come persona – come persona che ama, che pensa, che agisce – riflette Dio. Padre Kentenich è molto più concreto e mostra come ella sia riflesso, immagine di Dio come donna, vale a dire immagine di un Dio che è anche Madre nella sua dedizione disinteressata”.

“E’ molto raro che questo si ritrovi nella teologia della donna: il servire disinteressato come dono naturale della donna, come potenza della donna, è un riflesso di un Dio che ci serve, perché è forte e perché è amore”.

Un altro contributo di padre Kentenich espresso dalla teologa polacca “è il ruolo della donna nella salvezza dell’uomo”, che egli esprime attraverso “l’atteggiamento del fiat, del sì”.

“Se la donna lo sviluppa in sé, può anche aiutare l’uomo a raggiungere questo atteggiamento di fronte a Dio. In poche parole, padre Kentenich ha fatto molto perché la donna possa essere orgogliosa di esserlo”.

Padre Kentenich, “un femminista” positivo

Per questo motivo la Kostka, sorridendo, arriva a definire padre Kentenich un “femminista”: “ma nel senso più positivo. La donna anche oggi si orienta sulla scala di valori maschile, ci orientiamo sul concetto maschile della donna, e lo abbiamo interiorizzato senza accorgercene”.

“Per questo non siamo noi, non siamo ciò che possiamo essere secondo l’idea di Dio, e ciò di cui l’uomo avrebbe bisogno. Padre Kentenich lo ha detto già 70 anni fa. E’ un programma per la liberazione della donna, la liberazione dal suo orientamento verso la scala di valori maschili”.

Marianne Mertke, membro della direzione internazionale della Federazione delle Donne, concorda sul fatto che padre Kentenich sia stato un femminista, e spiega che “non ha offerto solo una teoria, ma l’applicazione alla vita”: “parla dell’essere, che è ciò che può orientare in un momento di caos di definizioni scelte a caso”.

La Mertke ritiene che il grande contributo che offre attraverso la sua spiritualità sia la visione di “Maria come donna, come orientamento vivo per tutte le donne che cercano orientamento”.

Da parte sua, Perla Piovera, di Mendoza, ha confessato: “Mi sembra che questo Congresso sottolinei una sfida centrale della vita del mondo di oggi, alla quale la Chiesa deve rispondere. Come dice Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica ‘Mulieris dignitatem’, ciò che è in gioco con questo tema non è solo il problema della donna, ma il destino dell’umanità”.

“Mi sembra che in questo Schoenstatt dia un apporto molto importante. Non solo in campo teorico, parlando di temi rilevanti, approfondendoli; padre Kentenich ha messo al centro la figura di Maria, e più ancora l’alleanza con Maria”.

Non solo teoria

In questo modo, constata, “dà alla donna di oggi non solo una teoria, ma la vita! Fa sì che sorga l’immagine che Dio ha avuto del femminile quando ha creato l’uomo e la donna”.

La proposta del fondatore, indica, “non è nata da una teoria, ma dal suo incontro con molte donne di tutte le età e in tutte le circostanze della vita, e dall’incontro con la donna che è Maria, che è l’anima della sua anima”.

Così, riconosce, si comprende “ciò che ha detto profeticamente padre Kentenich già negli anni Venti. Ha esortato la donna a uscire per andare a lavorare, a partecipare alla politica, ha visto nel femminismo di quell’epoca un segno di Dio. Non si può tornare indietro”.

“Non possiamo sognare un cambiamento tornando al passato; dobbiamo lavorare per una formazione della donna essendo donna, per l’epoca attuale, e dare alla donna il diritto di esserlo”, ha aggiunto la Piovera.

“Nella nostra epoca in cui si parla tanto di diritti umani, non dimentichiamoci dei diritti fondamentali. Restituire alla donna il diritto di essere donna! Non vuol dire che non lavori, che non sia madre, ma che sia donna. Essere donna è una missione, dice padre Kentenich. Sembra una follia. Si è donne, che fare? Ma è vero: al giorno d’oggi essere donna è una missione”.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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