ROMA, lunedì, 11 febbraio 2008 (ZENIT.org).- “Il dialogo interreligioso è come un pellegrinaggio ed una rimessa in questione”, afferma il Cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, in questa intervista a ZENIT.
Il Cardinale accenna anche all’annunciata visita in Vaticano di una rappresentanza delle 138 personalità musulmane (ora divenute 241), che hanno inviato una lettera aperta a Benedetto XVI, alla quale il Papa ha risposto invitandoli a Roma per un incontro.
Il 2008 verrà ricordato, nel quadro del dialogo interreligioso, come l’anno europeo del dialogo interculturale. Ci può fornire maggiori dettagli riguardo a tale iniziativa e all’impegno della Chiesa in proposito?
Cardinal Tauran: Siamo solo alla fine di gennaio e non siamo ancora in grado di valutare la portata dell’iniziativa, ma ciò che conta e che del resto hanno sottolineato i responsabili europei, è il fatto che oltre un terzo dei francesi è quotidianamente in contatto con persone che appartengono ad una razza diversa, ad una religione diversa, ad una cultura diversa e sono quindi costretti, se posso usare questa espressione, a dialogare per conoscersi e vivere assieme.
Penso, quindi, che sia necessario compiere molti sforzi per fare passi avanti in questo dialogo e personalmente, ciò che ho intenzione di proporre, è che si possa creare un’iniziativa comune fra il Pontificio Consiglio per la Cultura ed il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, al fine di studiare come aiutare i nostri contemporanei a progredire nella conoscenza reciproca, che è frutto del rispetto per l’altro, ma anche del rispetto delle identità degli uni e degli altri.
Riguardo al dialogo interreligioso, quali sono, nella sua veste di Presidente di questo Dicastero vaticano, le sue attese e le sue speranze per questo nuovo anno?
Cardinal Tauran: Per quanto mi riguarda, occupo questa carica dal mese di settembre, e mi considero ancora nel periodo di noviziato! Quindi per me quest’anno sarà un periodo di scoperte. Ciò che mi sembra molto interessante è innanzitutto la constatazione che questo dialogo interreligioso non è una novità. Dal Concilio in poi, sono state realizzate molte cose ed è stata fatta molta strada. Ad esempio, una cosa che ho scoperto e che mi sembra meravigliosa è il dialogo interreligioso fra monasteri, fra contemplativi. Ad esempio, monaci e monache di clausura cattolici che si incontrano con monaci e monache di clausura buddisti, o addirittura con rappresentanti del sufismo. E’ un avvenimento che mi sembra importante; è ciò che chiamo “dialogo delle spiritualità”. Si parla del dialogo della vita, del dialogo teologico, ma il dialogo delle spiritualità è il dialogo fra persone per le quali la preghiera è la ragione di vita, che fanno professione monastica di vita radicale, sia nel mondo cristiano, sia nella tradizione asiatica o nell’islam. Ed io credo che sia necessario approfondire questo dialogo fra le spiritualità. E’ proprio nel momento in cui prega, che l’uomo è veramente grande. Cerchiamo quindi d’incontrarlo proprio quando è al massimo della sua dignità.
Sembra che il dialogo con i musulmani si sia ravvivato con la venuta programmata dei rappresentanti musulmani in Vaticano, allo scopo di preparare un ulteriore e più ampio incontro. Tuttavia vi sono delle divergenze riguardo agli argomenti da trattare. Quali sono, a suo avviso, Eminenza, le priorità ed i punti più fecondi di discussione?
Cardinal Tauran: Chiaramente non posso prevedere le intenzioni dei musulmani quando verranno qui a discutere con noi, ma ritengo che potremo condividere delle convinzioni comuni: ad esempio, l’adorazione del Dio unico, la sacralità della vita umana, la dignità della famiglia, le preoccupazioni per l’educazione dei giovani. Ed in seguito, naturalmente, bisognerà discutere di altri problemi, come ad esempio, l’interpretazione dei diritti dell’uomo, come definiti dalle convenzioni internazionali, o il principio della reciprocità, che è molto importante nel contesto della libertà religiosa. Credo che questi siano problemi di cui potremo parlare.
Eminenza, ha svolto la gran parte del suo ministero al servizio della diplomazia vaticana. In che modo le è utile oggi questa esperienza?
Cardinal Tauran: Questa esperienza mi è utile nella misura in cui è basata sul dialogo, sull’ascolto dell’altro, sul saper cogliere le sfumature ed in seguito esporre il proprio punto di vista in assoluta verità. Poiché, contrariamente a ciò che si pensa, la diplomazia non è assolutamente una menzogna o un’ambiguità. Al contrario, è la verità, detta in modo che il negoziato vada a buon fine senza che vi sia dietro una seconda intenzione. Ma io credo che sia necessario distinguere fra il dialogo interreligioso e il dialogo diplomatico, poiché il dialogo interreligioso non è solo una conversazione fra amici, non è solo il desiderio di far piacere all’altro. Non è nemmeno un negoziato, è risolvere un problema, trovare una soluzione e basta. Il dialogo interreligioso è come un pellegrinaggio ed una rimessa in questione. Un pellegrinaggio nel senso che siamo invitati ad uscire da noi stessi per andare incontro all’altro, fare un pezzo di strada con lui per conoscerlo meglio ed in seguito è un rischio, poiché quando chiedo all’altro: “Chi è il tuo Dio, come vivi tu la tua fede?”, beh, mi espongo al fatto che la persona che ho davanti a me mi ponga la stessa domanda. E quindi sono anche costretto a rispondere. E’ quindi allo stesso tempo un pellegrinaggio e un rischio.
Questo tipo di dialogo interreligioso è molto vicino alla politica o alle scelte di alcuni Stati. E’ possibile restare a livello religioso senza essere strumentalizzati da questi Stati, quali essi siano?
Cardinal Tauran: La strumentalizzazione è sempre possibile. Ma io credo che sia necessario evitare sia la separazione del religioso dalla politica in modo ermetico, sia la loro confusione. Io credo che sia necessario insistere sul concetto di distinzione. Senza dubbio è possibile separare le Chiese dallo Stato, ma non si può separare le Chiese dalla società; ciò è impossibile e lo sappiamo per esperienza. Quindi è importante che vi sia una distinzione ed una collaborazione, poiché, in fondo, il governo ed un responsabile religioso si occupano della stessa persona, che è allo stesso tempo un cittadino ed un fedele. Quindi, fatalmente vi è una cooperazione ed una distinzione delle competenze, ma cooperazione per il bene comune e per il bene di questa persona.
Eminenza, lei ha trascorso la maggior parte del suo ministero fuori dalla Francia. Cosa pensa oggi di questa Chiesa?
Cardinal Tauran: Senza dubbio la Chiesa in Francia ha avuto una crisi, ed è banale dirlo. Ma ritengo che ora vi siano dei segnali di ripresa. In particolare, sono sempre colpito quando visitiamo i seminari, quando vediamo i giovani sacerdoti .Vi è certamente, a mio avviso, una nuova generazione che si preoccupa molto di trasmettere un’esperienza spirituale. Credo che nella Francia di oggi, ed è importante, si vedono dei cristiani che pregano, dei cristiani che celebrano e dei cristiani agli avamposti della carità, che esercitano quello che io definisco il potere del cuore. In una società che in fondo è molto dura, a volte spietata, noi possediamo questo potere del cuore e ciò significa seminare la misericordia e testimoniare l’amore di Dio per noi, che passa attraverso l’amore fraterno. Poiché in fondo, il modo migliore per dimostrare che Dio è Padre, è vivere da fratelli.
Se mi consente, avrei un’ultima domanda. Ritorno al dialogo con i musulmani: non vi è il rischio di svolgere semplicemente un dialogo simpatico, ma che lascia da parte i problemi e le divisioni?
Cardinal Tauran: E’ senza dubbio un rischio, ma io credo che tutto l’int
eresse di questa riunione che avremo con i rappresentanti dei 138 leader musulmani, che ora sono diventati 241, è creare una struttura di dialogo, come un canale che rimarrà sempre aperto e dove ci si potrà ritrovare. E’ ciò che vorrei proporre, in modo che questo dialogo sia appunto un’opportunità continua, strutturata, per evitare una certa superficialità. Precisando bene che non diciamo: “tutte le religioni si equivalgono”. Noi diciamo: “tutti coloro che cercano Dio hanno la stessa dignità”. Questo è il dialogo interreligioso, non è assolutamente un sincretismo. Ciò significa: “tutti coloro che sono alla ricerca di Dio hanno la stessa dignità, quindi devono godere della stessa libertà, dello stesso rispetto”.
[Traduzione del testo originale in francese di Maria Teresa Guicciardi]