ROMA, domenica, 23 settembre 2007 (ZENIT.org).- “Senza l’idea che esiste un’essenza universale del giusto e dell’ingiusto, cioè uno jus naturale, l’Europa è impensabile: essa e il suo diritto sono figli del diritto naturale”, sostiene il professor Vittorio Possenti, docente di Filosofia politica presso l’Università di Venezia.
Con queste parole il docente, membro del Consiglio Nazionale di Bioetica e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha aperto il 20 settembre, a Milano, l’incontro organizzato dal Centro Culturale Cattolico San Benedetto (www.cccsanbenedetto.it) sul tema: “Il futuro dei diritti umani e l’Europa”.
Il professor Possenti ha ricordato che “l’Europa è un continente unico per il suo passato e il suo presente. Colonne, archi, campanili, palazzi, fontane, chiese rappresentano ovunque in essa una lingua culturale comune, di cui bisogna rinnovare la consapevolezza”.
Dopo aver constatato che “la costituzione sarà l’atto decisivo dell’Unione, chiamata ad operare la saldatura fra due Europe: quella del Mercato comune e quella dei Diritti umani”, il prof. Possenti ha spiegato che “il diritto è perno creatore di unione”.
Per questo, ha continuato, nella sua anima fondamentale “la costituzione europea non potrà che fondarsi sul diritto panumano dei diritti dell’uomo e sullo jus gentium, dunque sul diritto/legge naturale, quale legge razionale non scritta, superiore ad ogni diritto positivo”.<br>
“Da tale legge – ha ribadito il professore – occorre che sia ispirato il pensiero giuridico, inteso come struttura concreta di ordinamento della vita”.
Il professor Possenti, che dirige il Centro Interdipartimentale di Ricerca sui Diritti Umani (CIRDU), ha sottolineato che “oggi una delle sedi intellettuali più durature della tradizione del diritto naturale è il pensiero sociale della Chiesa cattolica”.
A questo proposito, ha poi sostenuto che “l’Europa è terra dell’umanesimo, le cui sorgenti sono soprattutto nell’uomo stesso e nel cristianesimo. Lo stesso si deve dire dell’idea di persona con i suoi diritti e doveri, che costituisce il messaggio maggiore che, appreso dalla Rivelazione, l’Europa vive e diffonde nella civiltà mondiale”.
“In effetti il cristianesimo – ha concluso – è stato il cemento principale del continente, la cui storia sarebbe stata infinitamente diversa senza di esso”, mentre “la religione è una componente fondamentale della morale individuale e sociale e il suo allontanamento dal pubblico non può che condurre a seri danni”.
Il dottor Paolo Sorbi, Presidente del Movimento per la Vita (MpV) Ambrosiano e docente di Sociologia all’Università Europea di Roma, ha analizzato il mutamento socio-culturale avvenuto negli ultimi decenni.
Secondo il Presidente del MpV milanese, gli indicatori del cambiamento sono: la drastica riduzione del “tempo”, inteso come una risorsa scarsa che l’uomo occidentale desidera sempre di più “per consumare” nel fare e nel realizzare un “paniere” di desideri addizionali; la crescita dell’individualismo narcisistico; la crisi della relazionalità familiare; l’emergenza di comportamenti negli stili di vita di tipo “polisessuale”; la crisi di identità e delle certezze nelle regole e nelle culture europee; l’anomalia degli obiettivi da raggiungere da parte delle giovani generazioni e la centralità della crisi demografica in tutta Europa.
Per il dottor Sorbi, siamo di fronte ad un trionfo del “relativismo etico nei temi familiari e del corpo” e ad una crisi del ruolo paterno. Contemporaneamente, appare il “’superuomo’ inteso come capacità di un insieme di comportamenti polimorfi e anche, in diverse parti del corpo, in applicazioni artificiali automatizzate come cyber-punk o come inseminazione artificiale”.
In questo contesto, il Presidente del MpV ambrosiano scorge spazi importanti “per testimoniare e orientare nuove iniziative per difendere la persona sin dal suo concepimento e per collegare queste tematiche antropologiche alle nuove opere educative sul territorio”.
Sorbi ha concluso che è possibile individuare “un processo di ‘controcorrente’ socio-culturale, ancora minoritario in Europa, che trova dei momenti di aggregazione pubblica in cui possono essere capovolti i rapporti di forza educativi verso quella immoralità ed insicurezza diffuse da un ‘pensiero debole’ che vuole annullare tutti i limiti culturali necessari per produrre dei comportamenti dei soggetti umani in grado di realizzare un’Europa personalista e comunitaria”.