CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 14 settembre 2007 (ZENIT.org).- La Santa Sede ha ribadito in un documento pubblicato questo venerdì che somministrare acqua e cibo ai pazienti che versano nel cosiddetto “stato vegetativo” è moralmente obbligatorio.
Inoltre, l’alimentazione e l’idratazione artificiali non possono essere interrotte, almeno in linea di principio, anche quando questo stato si prolunghi fino ad essere definito dal punto di vista medico “permanente”.
Sono i due concetti cardine ribaditi in un documento approvato da Benedetto XVI e reso noto quest’oggi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, in risposta ai quesiti sollevati in passato dai Vescovi degli Stati Uniti.
Le risposte della suddetta Congregazione sono state approvate dal Santo Padre Benedetto XVI nel corso dell’udienza concessa al Cardinale William J. Levada, Prefetto del Dicastero.
“La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita”, spiega il documento.
“Essa è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente. In tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all’inanizione e alla disidratazione”.
“Un paziente in ‘stato vegetativo permanente’ è una persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali”.
Una nota di commento alle Risposte pubblicata dalla stessa Congregazione vaticana spiega che “nell’affermare che la somministrazione di cibo e acqua è moralmente obbligatoria in linea di principio, la Congregazione per la Dottrina della Fede non esclude che in qualche regione molto isolata o di estrema povertà l’alimentazione e l’idratazione artificiali possano non essere fisicamente possibili”.
In quei casi, riconosce, “allora ‘ad impossibilia nemo tenetur’, sussistendo però l’obbligo di offrire le cure minimali disponibili e di procurarsi, se possibile, i mezzi necessari per un adeguato sostegno vitale”.
“Non si esclude neppure che, per complicazioni sopraggiunte, il paziente possa non riuscire ad assimilare il cibo e i liquidi, diventando così del tutto inutile la loro somministrazione. Infine, non si scarta assolutamente la possibilità che in qualche raro caso l’alimentazione e l’idratazione artificiali possano comportare per il paziente un’eccessiva gravosità o un rilevante disagio fisico legato, per esempio, a complicanze nell’uso di ausili strumentali”.
“Questi casi eccezionali”, si legge ancora nella nota, “nulla tolgono però al criterio etico generale, secondo il quale la somministrazione di acqua e cibo, anche quando avvenisse per vie artificiali, rappresenta sempre un ‘mezzo naturale’ di conservazione della vita e non un ‘trattamento terapeutico’. Il suo uso sarà quindi da considerarsi ‘ordinario’ e ‘proporzionato’, anche quando lo ‘stato vegetativo’ si prolunghi”.
In una intervista alla “Radio Vaticana”, il Sottosegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, il domenicano Augustine Di Noia, ha affermato che “la qualità della vita non è un giudizio che sta a noi dare. La vita è un dono di Dio, e la Chiesa ha insegnato che è un dono non soggetto alla determinazione e alla decisione di alcuno, inclusa la stessa persona malata”.
“La dignità della persona umana, quindi, perdura per tutto il corso del suo sviluppo fisico”.
“La persona umana è, dal punto di vista cattolico, se posso usare una parola grande, ontologicamente costituita in modo da possedere una dignità che dura in tutti i vari stati fisici che ogni persona sperimenta nel corso della vita, dal grembo materno al momento finale prima della morte – ha osservato –. Non si può porre fine alla vita in nessun momento per nessun motivo”.