Cardinal Kasper: Le Chiese divise, corresponsabili della secolarizzazione in Europa

Nella Sessione d’Apertura della Assemblea Ecumenica Europea di Sibiu

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Di Mirko Testa

SIBIU, giovedì, 6 settembre 2007 (ZENIT.org).- Le divisioni tra cattolici, ortodossi ed evangelici “sono corresponsabili delle divisioni in Europa e della secolarizzazione di questo continente”, sostiene il Cardinal Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani,

Così ha detto, questo mercoledì, il porporato tedesco nella Sessione d’Apertura della Terza Assemblea Ecumenica Europea di Sibiu, in Romania, in svolgimento fino a domenica prossima, nel tracciare un breve quadro dello stato di avanzamento del cammino ecumenico e dei suoi riflessi sul processo di unificazione del Vecchio Continente.

Secondo il Cardinal Kasper, le Chiese che credono in Gesù Cristo, pur muovendo su un saldo terreno comune, custodiscono questo “tesoro in vasi di creta”.

“A causa delle nostre divisioni abbiamo oscurato la luce di Gesù Cristo per molte persone ed abbiamo reso la realtà Gesù Cristo non credibile”, ha detto.

“Le nostre divisioni – e la storia ne è la dimostrazione – sono corresponsabili delle divisioni in Europa e della secolarizzazione di questo continente”, ha quindi aggiunto.

“Le nostre divisioni, inoltre, sono corresponsabili dei dubbi che molti hanno nei confronti della Chiesa, nonché del loro metterla in discussione. Di fronte a tale situazione, in cui le nostre Chiese si trovano, non possiamo affatto ritenerci contenti di noi stessi; non possiamo continuare ad andare avanti come se nulla fosse”.

Reazioni ai Responsa

Successivamente il porporato ha accennato alle reazioni al recente documento vaticano, pubblicato il 10 luglio scorso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e intitolato “Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la Dottrina sulla Chiesa” (o più brevemente come Responsa ), nel quale – si legge nel testo – si precisa “il significato autentico di talune espressioni ecclesiologiche magisteriali, che nel dibattito teologico rischiano di essere fraintese”.

A questo proposito il porporato ha affermato: “So che molti, in particolar modo molti fratelli e sorelle evangelici, si sono sentiti feriti da ciò. Questo non lascia indifferente neanche me e rappresenta un peso anche per me”.

“Poiché la sofferenza ed il dolore dei miei amici è anche il mio dolore. Non era nelle nostre intenzioni ferire o sminuire chicchessia”, ha ammesso.

“Volevamo rendere testimonianza della Verità, cosa che ci attendiamo anche da parte delle altre Chiese, e così come le altre Chiese di certo fanno”, ha poi sottolineato.

Nonostante questo, ha continuato il porporato, nel documento si sottolinea che “Gesù Cristo è presente con potere salvifico anche nelle Chiese e nelle comunità ecclesiali separate da noi”.

“Le divergenze non riguardano quindi l’essere cristiano, e non riguardano neanche la questione della salvezza; le differenze fanno riferimento alla questione della concreta mediazione salvifica, nonché alla forma visibile della Chiesa”, ha spiegato.

Tuttavia, il “vero nodo gordiano” da sciogliere riguarda la comprensione della Chiesa e dell’Eucaristia e la “terapia” può avere luogo solo attraverso “la purificazione della memoria”, ha detto richiamando la famosa espressione usata da Giovanni Paolo II.

“Nessun progresso ecumenico sarà possibile senza conversione e penitenza. Da ciò deve provenire la disponibilità al rinnovamento e alla riforma, che è necessaria in ogni Chiesa e che richiede ad ogni Chiesa di comiciare da se stessa”, ha detto.

Scambio di doni

Il porporato ha quindi affermato che il “metodo delle convergenze”, adottato finora nel dialogo ecumenico, si è dimostrato fruttuoso in molte questioni, come ha dimostrato anche la firma della Dichiarazione congiunta della Chiesa Cattolica e della Federazione Luterana Mondiale sulla dottrina della giustificazione (Augusta , 31 ottobre 1999), però nel frattempo “questo metodo si è palesemente esaurito”.

A fronte di questo momento di stagnazione dell’ecumenismo il porporato ha chiamato a “testimoniare gli uni gli altri le nostre rispettive posizioni in modo onesto e coinvolgente”, evitando toni polemici e attraverso un arricchimento reciproco.

A questo proposito il porporato ha indicato alcuni ambiti specifici in cui le diverse confessioni cristiane hanno potuto trarre profitto come l’approfondimento della Sacra Scrittura, la rinnovata attenzione per le forme liturgiche, e la maggiore sensibilità per il senso del sacro e l’arte sacra.

Tuttavia, ha sottolineato, non è possibile “’costruire’ l’unità; essa non può essere una nostra opera. Essa è un dono dello Spirito di Dio; Egli sono può riconciliare i cuori. Per questo Spirito di unità noi dobiamo pregare”.

Unità dei cristiani ed Europa

Più tardi il Cardinale ha legato la questione dell’unità visibile e piena di tutti i cristiani con le sorti dell’Europa: “L’unità dei cristiani è subordinata all’unità del mondo e, in particolare nella nostra situazione, all’unificazione dell’Europa”.

Purtroppo, “oggi l’Europa corre il rischio non solo di tradire i propri ideali quanto piuttosto di dimenticarli in modo banale”.

“Il pericolo principale non è rappresentato dall’opposizione atea quanto piuttosto dalla dimenticanza di Dio, che semplicemente passa sopra i precetti di Dio, dall’indifferenza, dalla superficialità, dall’individualismo e dalla mancanza di disponibilità ad impegnarsi per il bene comune e a saper sacrificarsi per questo scopo”, ha continuato.

“La nuova evangelizzazione è il nosto compito. Viene richiesto il pane nero della fede convinta e vissuta. L’Europa non può essere solo una unità economica e politica; l’Europa necessita, se vuole avere un futuro, di una visione comune e di un comune sistema di valori fondamentali”.

“L’Europa, e questo significa: noi cristiani d’Europa dobbiamo infine destarci; l’Europa deve schierarsi dalla propria parte, dalla parte della sua storia e dei suoi valori che un tempo le hanno dato grandezza e che possono garantirle un nuovo avvenire”, ha sottolineato.

“Questa è la nostra missione comune”, ha infine concluso.

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ZENIT Staff

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