Gerusalemme: pietre che parlano del figlio di Dio fatto persona

La testimonianza del Custode della Terra Santa

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RIMINI, mercoledì, 22 agosto 2007 (ZENIT.org).- “La fede cristiana non è una teologia o una filosofia, ma un fatto: Dio si è rivelato in una persona. E quelle pietre ne sono state e ne sono ancora testimoni”, afferma il padre francescano Pierbattista Pizzaballa.

Con queste parole, pronunciate il 21 agosto al Meetng di Rimini, il Custode di Terra Santa ha spiegato il senso della presenza cristiana nella martoriata regione mediorientale.

“Il compito dei cristiani – ha affermato padre Pizzaballa – è quello di stare lì, a nome di tutta la Chiesa e testimoniare quella presenza con la ‘p’ maiuscola”.

Il Custode di Terra Santa ha ricordato poi che i francescani sono presenti nella terra che reca impresse le orme di Gesù da 800 anni, da quando cioè San Francesco visitò Egitto, Siria e Palestina e incontrò il Sultano Melek el-Kamel. In quel tempo, dopo la riconquista musulmana, non c’erano più cattolici in quei territori.

In seguito, fu Papa Clemente VI a stabilire i compiti della Custodia con la bolla “Gratias agimus” del 1342, nella quale si affermava che i francescani dovevano recuperare e conservare i Luoghi Santi in nome di tutta la Chiesa.

Oggi la Custodia si incarica anche della conservazione del patrimonio architettonico e artistico.

Il Padre francescano ha spiegato infatti che spesso si parla anche di edifici di culto “costruiti nel periodo britannico e che da allora non sono mai stati restaurati. Vi lascio immaginare in che condizioni sono…. Il problema riguarda più che gli interventi strutturali, la manutenzione ordinaria, difficile trovare in loco risorse e soprattutto persone che se ne occupino in continuità”.

La Custodia ha una giurisdizione che si estende fino ad Israele, Palestina, Giordania, Siria, Egitto, Libano, Cipro e Rodi. Padre Pizzaballa ha precisato che “i luoghi santi sono curati dai francescani non come un ricordo ma come testimoni di una presenza viva”.

I frequenti e continui conflitti e le difficoltà dei rapporti con l’islam fondamentalista stanno però assottigliando la presenza cristiana, soprattutto nelle fascia della classe media e nei territori amministrati dai palestinesi.

Ad una domanda di ZENIT sul numero dei cristiani in Terra Santa, il Custode ha risposto: “Siamo non più di 170.000 cristiani, l’un per cento della popolazione, il 60% in Israele e il 40% nei territori”.

“I cristiani, soprattutto quelli residenti nella parte palestinese e della classe media stanno emigrando, con il rischio che la presenza cristiana per esempio a Betlemme si riduca a numeri insignificanti”, ha aggiunto.

Padre Pizzaballa ha quindi affermato che “è inutile drammatizzare”, ed ha indicato i pellegrinaggi come opportunità per sostenere concretamente la presenza e la testimonianza cristiana in Terra Santa.

Per questo il pellegrinaggio – ha sostenuto – “è un obbligo morale per tutti i cristiani del mondo”, per dare “respiro anche economicamente alle famiglie cristiane del luogo. Quasi tutte vivono di turismo religioso e del suo indotto”.

In termini di affluenza il Custode di Terra Santa ha constato che dopo la crisi dell’anno scorso, generata dal riaccendersi del conflitto al confine del Libano, quest’anno i pellegrinaggi stanno riprendendo in maniera vigorosa, tanto è che spesso non ci sono abbastanza guide.

Il padre francescano ha spiegato che “i pellegrinaggi favoriscono la moderazione perché quando si lavora c’è meno tempo per pensare agli estremismi”. Inoltre costituiscono un forte sostegno psicologico “i pochi cristiani che restano si sentono legati ad una realtà più grande, a tante persone di tutto il mondo, e questo dà loro conforto”.

Circa i rapporti di dialogo e collaborazione tra le diverse religioni presenti in Terra Santa, il Custode ha precisato che “quando uno mette piede a Gerusalemme balzano subito all’occhio le divisioni, ma non è tutta la verità, c’è anche tantissima condivisione”.

Il Custode ha sottolineato che i cristiani a Gerusalemme e in Terra Santa vivono insieme e pregano l’unico Dio. Pizzaballa ha paragonato la convivenza ad una specie di condominio in cui possono capitare le liti, pur continunado a condividere la vita quotidiana.

“Non discutiamo del Filioque o dell’infallibilità del Pontefice – ha spiegato il frate francescano – ma magari dell’impianto elettrico, e questo ci costringe all’umiltà del riconoscere ed accettare che siamo fratelli”.

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ZENIT Staff

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