“Effetà”, una scuola di Betlemme per bambini sordomuti gestita da suore

Fondata nel 1971, ospita attualmente 133 bambini palestinesi

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BETLEMME, mercoledì, 18 aprile 2007 (ZENIT.org).- A Betlemme, in Palestina, esiste una scuola che si occupa della rieducazione audiofonetica di bambini palestinesi sordomuti o che hanno problemi di udito diretta dalle Suore Dorotee Figlie dei Sacri Cuori di Vicenza.

Si tratta dell’Istituto “Effetà Paolo VI”, la cui responsabile è suor Pierluigina Carpenedo, 58 anni, che ha studiato all’Università di Padova, specializzandosi in logopedia.

“Effetà”, voluta da Papa Paolo VI dopo il pellegrinaggio da lui compiuto in Terra Santa nel 1964, è stata realizzata nel 1971 e richiama nel nome il racconto evangelico legato alla guarigione di un sordomuto operata da Gesù.

Suor Pierluigina Carpenedo, due occhi chiari che esprimeno dolcezza e forza allo stesso tempo, da 10 anni responsabile dell’Istituto, ha raccontato a ZENIT che “i bambini presenti attualmente provengono da città della regione Sud della Palestina, come Betlemme, Hebron e Beersheba”.

“Mentre siamo stati obbligati ad escludere i bambini del Nord per i problemi che sussistevano di trasporto e di passaggio attraverso il muro di divisione – ha poi spiegato – . Un tempo ne avevamo da Jenin o Tulkarem”.

L’Istituto è riconosciuto presso il Ministero dell’Educazione e il Ministero dell’Assistenza Sociale e, in base al primo contratto stretto con il Vaticano, non è vincolato in alcun modo nella sua gestione.

“Attualmente i bambini sono 133, da uno a 16 anni. Copriamo cioè tutta la fascia dell’età evolutiva”, ha continuato suor Pierluigina.

“Da uno a 3 anni, offriamo una rieducazione settimanale a livello ambulatoriale con tutta la famiglia, affinché capisca e apprenda come trattare il proprio bambino. Come scuola è la sola che utilizza il metodo dell’educazione orale”, ha aggiunto.

“Siamo il solo Istituto che offre un servizio di questo tipo. Da noi, non è proibito che il bambino comunichi spontaneamente con i gesti, tuttavia l’insegnante prova ad utilizzare il linguaggio orale, spingendo i bambini a parlare”, ha spiegato a ZENIT.

Si tratta, ha continuato la responsabile dell’Istituto, di un “tecnica più lunga e difficile. Qualche bambino prova difficoltà, ma i risultati sono sicuramente migliori”.

“La comunità è composta da 7 suore: tre sorelle arabe e quattro italiane. Più 20 insegnanti locali, di cui viene supervisionata la preparazione tecnica e professionale, perché in Palestina non esistono scuole di questo tipo”, ha chiarito.

“La permanenza media di un bambino è di 13 o 14 anni. Il nostro obiettivo è quello di insegnargli a comunicare e a comprendere prima di iscriverlo a una scuola normale”, ha continuato la religiosa.

“Le strutture pubbliche, che normalmente hanno più di 30 ragazzi per classe, non sono preparate all’accoglienza di questi ragazzi che hanno problemi di udito e non prevedono un insegnante di sostegno”, ha continuato.

“Il numero minimo per classe è di 4 bambini, il massimo di 12, e viene portato avanti un lavoro individuale e uno di gruppo”, ha raccontato.

Nella scuola maschi e femmine studiano insieme e non c’è alcun tipo di divisione o differenza tra di loro.

“Se è il bambino è invece ipoudente facciamo solo rieducazione per poi mandarlo nelle scuole normali”, ha sottolineato la suora.

“Una ventina di bambini, che provengono da zone come Gerico e che devono affrontare più di 70 chilometri, pernottano da lunedì mattina fino al venerdì, con rientro in famiglia ogni fine settimana”, ha continuato.

Inoltre, l’Istituto “Effetà” accoglie il contributo volontario di “ragazze dall’Università che portano avanti diverse attività creative oltre a studiare con i bambini. Mentre giovani salesiani di varie nazionalità, studenti di teologia, fanno attività ricreative o di teatro”.

“Qui da noi ci sono bambini perlopiù musulmani, e noi cerchiamo di essere il più rispettose possibili della loro religione – ha affermato –. Certamente abbiamo dato vita ad un ambiente aperto dove si può parlare senza tabù, affrontando ad esempio il rapporto uomo-donna che è ancora all’origine di molte situazioni sociali incomprensibili per noi occidentali”.

“Il bambino handicappato è sempre a carico della donna musulmana quindi gli uomini non partecipano alla riabilitazione”, ha affermato.

“Noi rispettiamo il Ramadan, i loro orari, i loro riti. Nelle aule non ci sono crocifissi, ma solo Madonne con il Gesù bambino, mentre le nostre bambine non portano il velo”, ha precisato.

La suora ha quindi raccontato di stabilire rapporti molto confidenziali con alcune delle madri: “La mamma di Yahia, per esempio, ha 24 anni e 3 bambini, il primo è in stato vegetativo permanente, il secondo è un bambino autistico e il terzo è il più bello perché è ‘solamente’ sordo”, ha detto.

“Non sapevo che avesse tutti questi bambini. Poi un po’ alla volta mi ha raccontato la sua storia. Mi chiedeva di parlare con suo marito affinché gli dicessi che lei non voleva più avere figli, perché sono cugini di primo grado”, ha continuato.

Suor Pierluigina ha quindi spiegato a tal proposito che “la causa della sordità è infatti legata per la maggior parte a due fattori: consanguineità ed ereditarietà”, e che “i bambini con handicap in questa zona sono moltissimi”.

La mamma di Yahia, ha continuato la religiosa, si confidava spesso dicendo: “Meno male che posso venire qui e parlare con qualcuno”.

“Frequentare la scuola costa 1.500 shekel (all’incirca 300 euro) all’anno, una cifra irrisoria – ha spiegato ancora Suor Pierluigina –. Dopo l’Intifada non possiamo chiedere di più anche perché a carico loro ci sono tutti i costi per il trasporto e il passaggio alle frontiere”.

“Normalmente abbiamo moltissime richieste. I bambini arrivano qui attraverso il passa-parola o su suggerimento dei medici”, ha detto.

“Quasi tutte le insegnanti hanno i mariti a casa senza lavoro e percepiscono, come stipendio di partenza, 500 dollari al mese, compresa l’assicurazione medica”, ha spiegato.

“La formazione è a carico della scuola, che organizza giornate di studio invitando degli esperti da fuori. In collaborazione con una associazione olandese organizziamo anche un corso per le mamme”, ha poi concluso

[Per contattare o inviare aiuti: Pontifical Institute “Ephpheta Paolo VI”
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ZENIT Staff

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