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Cari amici,
mi è particolarmente gradita la vostra visita e a ciascuno di voi rivolgo il mio cordiale saluto. In particolare saluto il vostro Presidente, il Sig. Giorgio Natalino Guerrini, e lo ringrazio per le cortesi e profonde parole che mi ha indirizzato a nome di tutti. Estendo il mio deferente pensiero agli altri dirigenti e soci della vostra Confederazione, che conta oltre sessant’anni di vita, anni ricchi di intensa attività.
Fondata infatti nel 1946 sul principio della libera adesione e aperta a ogni componente geografica, settoriale e culturale dell’imprenditoria artigiana e delle piccole imprese, la Confartigianato ha dato un indubbio contributo alla costruzione della moderna Nazione italiana. Ne ha caratterizzato per alcuni importanti aspetti l’evoluzione sociale ed economica, artistica e culturale e ha impresso al progresso dell’Italia una sua propria cifra stilistica. In effetti, se fino a qualche decennio fa, artigiano evocava qualcosa di “vecchio e pittoresco”, qualcosa da associare all’immagine della bottega del fabbro o del ciabattino, oggi vuol dire piuttosto autonomia, creatività, personalizzazione nella produzione di beni e di servizi.
Cari amici, la vostra presenza mi offre l’opportunità di riflettere su un aspetto importante dell’esperienza umana. Mi riferisco alla realtà del lavoro, che, nell’attuale momento storico, si trova al centro di vasti cambiamenti economici e sociali, mutamenti che sono sempre più rapidi e complessi. Nella Bibbia, in più pagine, viene posto in luce l’autentico senso del lavoro umano, ad iniziare dalla Genesi dove leggiamo come il Creatore plasmò l’uomo a sua immagine e somiglianza e lo invitò a lavorare la terra (cfr Gn 2,5-6). Il lavoro pertanto appartiene alla condizione originaria dell’uomo. Fu purtroppo a causa del peccato dei progenitori che diventò fatica e pena (cfr Gn 3,6-8), ma, nonostante ciò, nel progetto divino esso mantiene inalterato il suo valore. E la Chiesa, fedele alla Parola di Dio, non cessa di richiamare il principio secondo cui “il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro” (Laborem exercens, 6). Proclama così senza sosta il primato dell’uomo sull’opera delle sue mani, e ricorda che tutto deve essere finalizzato al vero progresso della persona umana e al bene comune: il capitale, la scienza, la tecnica, le risorse pubbliche e la stessa proprietà privata.
Ciò ha trovato felice realizzazione proprio nelle imprese artigiane che voi rappresentate, ispirate agli insegnamenti del Vangelo e ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa. Mi piace qui richiamare quanto, in proposito, afferma il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, che cioè “il lavoro nelle piccole e medie imprese, il lavoro artigianale e il lavoro dipendente, possono costituire un’occasione per rendere più umano il vissuto lavorativo, sia per la possibilità di stabilire positive relazioni interpersonali in comunità di piccole dimensioni, sia per le opportunità offerte da una maggiore iniziativa e imprenditorialità” (n. 315).
Cari artigiani, in occasione del Grande Giubileo dell’Anno Duemila il mio Predecessore Giovanni Paolo II ebbe a rivolgervi alcune significative parole, che mantengono inalterata la loro attualità ed urgenza. Quest’oggi vorrei simbolicamente riconsegnarle all’intera Confartigianato: “Voi potete ridare forza e concretezza – vi disse l’amato Pontefice – a quei valori che da sempre caratterizzano la vostra attività: il profilo qualitativo, lo spirito di iniziativa, la promozione delle capacità artistiche, la libertà e la cooperazione, il rapporto corretto tra la tecnologia e l’ambiente, l’attaccamento alla famiglia, i rapporti di buon vicinato”. “La civiltà artigiana – egli aggiunse – ha saputo costruire, in passato, grandi occasioni di incontro tra i popoli ed ha consegnato alle epoche successive sintesi mirabili di cultura e di fede” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 2000, vol. I, p. 372).
Cari amici, continuate con tenacia e perseveranza a custodire e a valorizzare la cultura produttiva artigiana, capace di dar vita a grandi occasioni di equilibrato progresso economico e di incontro tra uomini e popoli. Come cristiani, poi, sia vostro impegno vivere e testimoniare il “Vangelo del lavoro”, consapevoli che il Signore chiama tutti i battezzati alla santità attraverso le loro quotidiane occupazioni. Nota in proposito san Josemaría Escrivá, un Santo di questi nostri tempi, che il lavoro, essendo stato assunto da Cristo – che ha lavorato da artigiano – “diventa attività redenta e redentrice: non solo è l’ambito nel quale l’uomo vive, ma mezzo e strada di santità, realtà santificabile e santificatrice” (È Gesù che passa, Omelie, n. 47).
Vi aiutino in questo compito, che diventa prezioso servizio all’evangelizzazione, la Vergine Maria, che visse in un nascondimento operoso, e San Giuseppe, Patrono della Chiesa e vostro speciale Protettore. Alla scuola della Famiglia di Nazaret potete più facilmente apprendere come coniugare una coerente vita di fede con la fatica e le difficoltà del lavoro, il profitto personale e l’impegno di solidarietà verso i bisognosi. Mentre vi rinnovo l’espressione della mia gratitudine per questa vostra visita, assicuro un particolare ricordo nella preghiera per ciascuno di voi e per le vostre varie attività, e di cuore vi benedico insieme ai vostri cari.
[© Copyright 2007 – Libreria Editrice Vaticana]