LOURDES, lunedì, 6 novembre 2006 (ZENIT.org).- Il documento che Benedetto XVI starebbe preparando per liberalizzare la celebrazione della Messa in latino, secondo il rito precedente al Concilio Vaticano II, è ancora in fase di studio.

Lo ha rivelato il 4 novembre il Presidente della Conferenza Episcopale di Francia, il Cardinale Jean-Pierre Ricard, nel discorso che ha pronunciato in apertura dei lavori dell’Assemblea plenaria dei Vescovi francesi riuniti a Lourdes.

I mezzi di comunicazione avevano già rivelato che il Papa sta preparando un “Motu proprio” per semplificare il processo seguito finora dai sacerdoti intenzionati a celebrare la Messa secondo il messale del 1962 (richiesta del permesso al Vescovo locale).

“Alcuni si sono chiesti se questa accoglienza di gruppi, che hanno sempre rifiutato l’insegnamento del Concilio Vaticano II e la sua riforma liturgica, non avrebbe finito per relativizzare gli orientamenti conciliari e per mettere in discussione tutto il lavoro apostolico svolto sul terreno da quarant’anni”, ha riconosciuto.

Il porporato francese ha risposto a queste reazioni spiegando che “la decisione di liberalizzare la possibilità che i sacerdoti celebrino la Messa secondo il messale del 1962 non è ancora stata presa. Il ‘Motu proprio’ annunciato non è stato firmato. Il suo progetto sarà oggetto di consultazioni. In questo momento possiamo manifestare le nostre paure e i nostri desideri”.

In secondo luogo, ha aggiunto, “questo progetto non si inserisce in una volontà di criticare il messale conosciuto come di ‘Paolo VI’ né di procedere ad una riforma liturgica”.

“I libri liturgici redatti e promulgati dopo il Concilio sono la forma ordinaria, e quindi abituale, del Rito romano. Questo progetto ha piuttosto la sua origine nel desiderio di Benedetto XVI di fare tutto il possibile per porre fine allo scisma lefebvriano”.

Fermo oppositore di alcuni degli elementi fondamentali del Concilio Vaticano II, monsignor Marcel Lefebvre, scomparso il 25 marzo 1991, fondò la Fraternità Sacerdotale San Pio X.

Il 2 luglio 1988 Giovanni Paolo II constatò nella Lettera apostolica “Ecclesia Dei” che l’“illegittima” ordinazione di quattro Vescovi nella Fraternità da parte di monsignor Lefebvre (30 giugno 1988) costituiva “un atto scismatico”.

Quell’ordinazione stroncò ogni tentativo di accordo messo in atto tra la Santa Sede e la Fraternità, e portato avanti a nome di Giovanni Paolo II dal Cardinale Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

“Il Papa desidera fare di tutto per tendere la mano e manifestare un’accoglienza almeno a quanti hanno buona volontà e manifestano un profondo desiderio di comunione. Bisogna capire questo progetto di ‘Motu proprio’ in questo senso”.

“L’accoglienza di alcuni nella comunione ecclesiale non significa riprogettare il lavoro pastorale nel suo insieme”, ha detto l'Arcivescovo, che è anche membro della Commissione Pontificia “Ecclesia Dei”, creata da Giovanni Paolo II per favorire la piena comunione ecclesiale di sacerdoti, seminaristi, comunità e religiosi e religiose, legati alla Fraternità fondata da monsignor Lefebvre, che desiderano rimanere uniti al successore di Pietro nella Chiesa cattolica, conservando le loro tradizioni spirituali e liturgiche.

“No – ha sottolineato il Cardinale Jean-Pierre Ricard –, la Chiesa non ha cambiato direzione. Contrariamente alle intenzioni che alcuni gli attribuiscono, Benedetto XVI non vuole cambiare la direzione che il Concilio Vaticano II ha dato alla Chiesa. E si è impegnato solennemente”.

Fra i segnali di distensione nei rapporti con i lefebvriani, vi è stata la volontà da parte di cinque sacerdoti e seminaristi, per la maggior parte appartenuti alla Fraternità Sacerdotale San Pio X, di tornare alla piena comunione con la Chiesa cattolica e di fondare a Bordeaux (Francia) l’Istituto del Buon Pastore, al fine di proporre un’esperienza di riconciliazione.

Questa nuova Società di vita apostolica di diritto pontificio è stata eretta l’8 settembre 2005 a Roma, per volere del Pontefice. Ne fanno parte persone che intendono celebrare la liturgia secondo il rito in vigore nella Chiesa latina fino al 1962. Gli Statuti di questo Istituto sono approvati ‘ad experimentum’ per un periodo di cinque anni.