RIO DE JANEIRO, domenica, 26 novembre 2006 (ZENIT.org).- L’Arcivescovo di Rio de Janeiro situa l’“opzione preferenziale per i poveri”, della quale si è parlato molto negli ultimi decenni, nel contesto di una citazione dell’Arcivescovo di Mariana (Brasile), monsignor Luciano Mendes de Almeida, recentemente scomparso: “La nostra unica opzione è per te, Signore Gesù”.
Il Cardinale Eusébio Scheid ha spiegato in un articolo inviato a ZENIT che non c’è altra opzione fondamentale possibile per il cristiano, perché “quando si opta per il povero, l’abbandonato o l’escluso è perché si vede in lui la figura di Cristo spogliata, privata di tutto ciò che la sua dignità meriterebbe”.
Monsignor Scheid ha sottolineato che il grande problema introdotto dalla cosiddetta “opzione preferenziale per i poveri” “è stato la creazione di una categoria sociologica, che identifica come ‘poveri’ quanti si trovano in situazioni di estrema difficoltà materiale – i miserabili”.
Il porporato ha spiegato di non amare il termine “miserabile”, “perché può avere una connotazione anche morale, che non si applica a questa circostanza”.
“In realtà – ha affermato –, poveri sono tutti coloro che mancano di qualcosa, non necessariamente materiale, che impedisce loro uno sviluppo umano coerente con la loro dignità di persona”.
“Oltre a questo – ha proseguito –, l’impiego del termine ‘preferenziale’ esprime un’ideologia, attraverso la quale si inizia a introdurre la lotta di classe, come forma di rivendicazione contro l’ingiustizia e la disuguaglianza sociale”.
L’“opzione preferenziale per i poveri” “è un’espressione divenuta popolare nei mezzi legati alla Teologia della Liberazione. In seguito, si è iniziato a parlare del povero come dell’‘escluso’, dell’‘abbandonato’, del ‘senza giustizia’, di colui che ‘non ha voce’”.
“E’ poi divenuto un vocabolo proprio, e quasi obbligatorio, di chi voleva mostrarsi alla pari con la ‘cultura’ corrente. E’ stato adottato dal socialismo ateo per definire gli esclusi socialmente, e per sostenere le lotte di classe di ogni tipo”, ha affermato.
Secondo monsignor Scheid, “evidentemente non si possono chiudere gli occhi di fronte a questi gravi problemi. Nel frattempo, né il socialismo ateo né il capitalismo selvaggio possono fornirci una risposta”.
“Bisogna guardare il povero dal punto di vista più umanitario, perfino spirituale, nelle situazioni in cui questo è possibile. E’ una preferenza affettiva, affettuosa, perché le persone che mancano del necessario sono quelle che hanno più bisogno della nostra attenzione e del nostro affetto”, ha spiegato.
Il Cardinale ha aggiunto che esistono argomentazioni teologiche che sostengono il fatto di vedere la figura di Cristo spogliata e privata di ciò meriterebbe la sua dignità quando si opta per il povero, l’abbandonato o l’escluso.
“In primo luogo, ogni persona è stata creata a immagine e somiglianza di Dio, come ci insegna la Genesi (Gn 1,26)”, ha osservato; “per questo, non possiamo mai esimerci dal reagire di fronte alla dignità umana, ferita nella persona del povero, abbandonato per strada, in prigione, in situazioni a volte peggiori di quelle degli animali. Egli non cessa di essere persona, non cessa di essere immagine di Dio, anche se i crimini che ha commesso hanno compromesso la bellezza originale di quell’immagine”.
La seconda argomentazione, secondo l’Arcivescovo, “è il preziosissimo Sangue di Cristo, di valore infinito, versato per tutti”.
“La persona umana è un’acquisizione, una riconquista, per la quale Cristo ha offerto la sua vita e tutto il suo Sangue”, ha concluso.