Benedetto XVI al Presidente Napolitano: la libertà religiosa non va contro gli interessi dello Stato

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 20 novembre 2006 (ZENIT.org).- Ricevendo per la prima volta il nuovo Presidente italiano, Giorgio Napolitano, in visita ufficiale, Benedetto XVI ha sottolineato che l’autentica libertà religiosa non va contro gli interessi dello Stato.

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Il Presidente Napolitano era accompagnato dalla moglie Clio e da un seguito composto, tra gli altri, da Massimo D’Alema, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari Esteri, Giuseppe Balboni Acqua, Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, e dal Consigliere di Stato Donato Marra, Segretario Generale della Presidenza della Repubblica.

Secondo quanto ha spiegato il Papa al suo ospite, la dimensione religiosa ha anche una dimensione pubblica che deve essere garantita.

“Chiesa e Stato, pur pienamente distinti, sono entrambi chiamati, secondo la loro rispettiva missione e con i propri fini e mezzi, a servire l’uomo, che è allo stesso tempo destinatario e partecipe della missione salvifica della Chiesa e cittadino dello Stato”, ha avvertito il Vescovo di Roma.

E’ infatti nell’uomo “che queste due società si incontrano e collaborano per meglio promuoverne il bene integrale”.

Questa sollecitudine della comunità civile nei riguardi del bene dei cittadini, ha proseguito, “non si può limitare ad alcune dimensioni della persona, quali la salute fisica, il benessere economico, la formazione intellettuale o le relazioni sociali”.

L’uomo, infatti, si presenta di fronte allo Stato anche con la sua dimensione religiosa, che “consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi, con i quali l’essere umano si dirige immediatamente verso Dio” (“Dignitatis humanae, 3).

“Tali atti ‘non possono essere né comandati, né proibiti’ dall’autorità umana, la quale, al contrario, è tenuta a rispettare e promuovere questa dimensione”, ha aggiunto.

Per il Papa sarebbe però riduttivo “ritenere che sia sufficientemente garantito il diritto di libertà religiosa, quando non si fa violenza o non si interviene sulle convinzioni personali o ci si limita a rispettare la manifestazione della fede che avviene nell’ambito del luogo di culto”.

La natura sociale dell’essere umano richiede infatti “che egli esprima esternamente gli atti interni di religione, comunichi con altri in materia religiosa e professi la propria religione in modo comunitario”, per cui è necessario riconoscere la “dimensione sociale e pubblica del fatto religioso”.
 
“La libertà religiosa è pertanto un diritto non solo del singolo, ma altresì della famiglia, dei gruppi religiosi e della stessa Chiesa e l’esercizio di questo diritto ha un influsso sui molteplici ambiti e situazioni in cui il credente viene a trovarsi e ad operare”.
 
Un adeguato rispetto del diritto alla libertà religiosa, per il Vescovo di Roma, “implica, dunque, l’impegno del potere civile a ‘creare condizioni propizie allo sviluppo della vita religiosa, cosicché i cittadini siano realmente in grado di esercitare i loro diritti attinenti la religione e adempiere i rispettivi doveri, e la società goda dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e verso la sua santa volontà’ (Dignitatis humanae, 6)”.
 
“La libertà, che la Chiesa e i cristiani rivendicano, non pregiudica gli interessi dello Stato o di altri gruppi sociali e non mira ad una supremazia autoritaria su di essi, ma è piuttosto la condizione affinché, come ho detto durante il recente Convegno Nazionale Ecclesiale svoltosi a Verona, si possa espletare quel prezioso servizio che la Chiesa offre all’Italia e ad ogni Paese in cui essa è presente”, ha concluso Benedetto XVI.

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ZENIT Staff

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