* * *
All’inizio delle celebrazioni del Congresso eucaristico diocesano è giusto e bello ritrovarsi assieme con le famiglie cristiane per meditare sul rapporto fra Eucarestia e Matrimonio.
1. Inizio da una riflessione sul sacramento del matrimonio. Penso che sia capitato a tutti, almeno qualche volta, di confrontare la bellezza di un volto colla bellezza di un altro, di un quadro o di una pagina musicale di un autore con la bellezza di una pagina musicale o di un quadro di un altro autore. E di pronunciare un giudizio del genere: è più bello, è meno bello questo di quello. È un’esperienza semplice, quasi banale. Tuttavia in essa è accaduto un evento spirituale di immensa grandezza. Dire e pensare un “più” e un “meno”, istituire cioè una gradazione all’interno della stessa perfezione [la bellezza nel nostro caso] implica che si abbia la percezione almeno oscura di quella perfezione allo stato puro. Infatti ha senso dire e pensare un “più” e un “meno” solo in riferimento a qualcosa dello stesso genere realizzato in tutta la sua perfezione. Il rapporto che esiste fra ciò che è “più” o “meno” (bello) e ciò che è nella perfezione insuperabile si chiama partecipazione. Come dice la parola – prendere una parte – si tratta del fatto che il “più” e il “meno” prende parte di una perfezione che si comunica in gradazioni diverse. Si potrebbe esprimere lo stesso fatto con il concetto di “vicinanza” e “lontananza”: se vuoi scaldarti, devi avvicinarti alla sorgente di calore. Più sei lontano, meno ti scaldi.
Questa riflessione ci aiuta a capire che cosa noi cristiani diciamo, quando diciamo che il matrimonio è un sacramento. Tenete ben presente nella vostra mente il concetto di partecipazione. C’è una gradazione nell’amore umano: sia in quello coniugale sia in quello di altro genere. Non c’è dubbio. Ed allora possiamo chiederci: esiste un amore umano perfetto? un amore cioè “di cui non se ne può pensare uno maggiore”? Oppure la perfezione nell’amore umano è come una sorta di orizzonte verso il quale si cammina ma non è mai raggiungibile? Ascoltiamo quanto ci dice Giovanni nel suo Vangelo: “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” [13,1]. Il testo greco – sino alla fine – non ha solo significato cronologico, ma ontologico: li amò con un amore perfetto. Non si può amare più che Gesù. Sto parlando dell’amore umano di Gesù. Esiste quindi un amore umano perfetto.
Facciamo ora una breve premessa sui sacramenti in generale. Essi sono atti del Signore risorto compiuti mediante il ministro umano: non è il sacerdote x,y … che battezza, ma è Cristo stesso attraverso di Lui. Il contenuto dell’azione, ciò che Cristo compie mediante il ministro varia da sacramento a sacramento. Ed ora ritorniamo al nostro tema. È Cristo che mediante il ministro – i due sposi – celebra il sacramento del matrimonio: il sacramento del matrimonio è un atto di Cristo. Quale è il contenuto di questo sacramento? che cosa Cristo opera quando celebra il sacramento del matrimonio? Per rispondere a questa domanda correttamente dobbiamo tener conto del fatto che il matrimonio … non è stato inventato da Cristo. Mentre gli altri sacramenti sono stati interamente inventati da Cristo per cui per sapere ciò che Cristo compie in essi, devo interrogare esclusivamente la fede della Chiesa, nel caso del matrimonio devo sapere e conoscerne la verità anche mediante la ragione umana. Più concretamente: è ciò che fanno – intendono fare – i due sposi quando consentono di istituire fra loro il patto coniugale, che costituisce il sacramento del matrimonio.
Premesso questo, rifacciamoci la domanda che cosa fa Cristo quando mediante gli sposi celebra il sacramento del matrimonio? Rende partecipi gli sposi del suo stesso amore. Che cosa significhi in generale “essere partecipi di …” l’ho già spiegato. In che cosa consiste questa partecipazione? essa ha come due aspetti o livelli che non devono essere confusi.
Il primo. Ritorniamo per un momento alla … fonte: a Cristo che “ama i suoi sino alla fine”. La Scrittura denota sicuramente la morte della croce. Ed infatti l’ultima parola di Gesù è stata: “tutto è compiuto” [Gv 19,30]. La stessa radice che la parola “sino alla fine”. Orbene, secondo Ef 5, in quel momento si è definitivamente siglata l’alleanza eterna di Dio in Cristo con l’umanità lavata nel sangue, con la Chiesa. La perfezione dell’amore si esprime nella sua definitività; nel non “poter più riprender indietro se stesso”: il sangue è stato effuso. Quando Cristo celebra il matrimonio, rende partecipi i due sposi della definitività insita nel suo amore. Istituisce fra essi un “vincolo” che li lega in un’appartenenza indistruttibile. Il dovere della fedeltà, la forma giuridica dell’indissolubilità sono conseguenze non l’essenza di questo vincolo. Gli sposi infatti possono essere infedeli; possono divorziare: ma il vincolo che li unisce l’uno all’altro permane più forte di ogni divisione. Esso è stato istituito da Cristo stesso.
Il secondo. Come dicevo poc’anzi, la sorgente ultima dell’eternità del vincolo che unisce Cristo con l’umanità-Chiesa, è il suo amore perfetto. Il dono è per sempre. Quando Cristo celebra il matrimonio, rende partecipi i due sposi della sua capacità di amare. E qui tocchiamo il “cuore” del matrimonio, in cui rifulge tutto lo splendore della sua dignità. Mediante il dono dello Spirito Santo che ha spinto Cristo a donarsi sulla Croce, gli sposi sono resi partecipi di questa stessa forza amorosa: questa partecipazione effusa nel cuore degli sposi è la carità coniugale. È questa l’operazione più preziosa compiuta da Cristo quando celebra il sacramento del matrimonio. Sono dunque questi i due livelli di partecipazione: il sacro vincolo coniugale; la carità coniugale. L’uno implica l’altro: il vincolo esige la carità coniugale ed è il titolo permanente ad ottenerla dallo Spirito Santo; la carità coniugale vivifica e dona forma compiuta al vincolo coniugale. Esso sussiste certo anche senza carità coniugale, ma è un “monstrum”, questa situazione. Così come un sacerdote può esercitare il suo ministero sacerdotale senza la carità pastorale, ma è un “monstrum”.
2. Penso che ora possiamo comprendere il rapporto che vige fra l’Eucarestia ed il Matrimonio. In sostanza, la necessità che la Chiesa ha di celebrare l’Eucarestia prende una particolare configurazione per gli sposi. La Chiesa viene fatta dall’Eucarestia. È mediante la celebrazione, non solo rituale ma intimamente partecipata [vedete: è sempre lo stesso concetto di “partecipazione”], che si costituisce la nuova ed eterna Alleanza. Amata da Cristo, la Chiesa riceve lo Spirito Santo che la rende capace di corrispondere. L’Eucarestia è veramente il banchetto nuziale dove si celebrano le nozze di Cristo colla Chiesa. Di questa alleanza gli sposi cristiani hanno ricevuto una speciale partecipazione nel sacramento del matrimonio e l’Eucarestia è la sorgente della grazia del loro stato coniugale. E ciò lo si può evincere da vari punti di vista, che ora vorrei brevemente presentarvi. In primo luogo, l’effetto proprio, specifico della partecipazione dell’Eucarestia è l’aumento della carità. Teologicamente questo significa che essa penetra sempre più profondamente nella persona così che questa diventa sempre più capace di amare. Più precisamente: l’Eucarestia rende la persona sempre più conforme a Cristo nello Spirito Santo.
Ma questo accade assumendo la forma coniugale: è la carità nella forma della coniugalità che è continuamente accresciuta dalla partecipazione all’Eucarestia da parte degli sposi. Cresce dunque in intensità la loro reciproca appartenenza; si intensifica il loro vincolo coniugale e la loro unione sponsale. Vengono sempre più attirati dentro all’amore di Cristo. L’Eucarestia ha anche un secon
do effetto. Scrive S. Bonaventura: “L’Eucarestia fa che l’amore sia più ardente e l’amore, quando arde, aiuta a purificare la ruggine del peccato”. Che cosa comporta questo per gli sposi? L’amore coniugale, come ogni amore umano, è un amore insidiato. Possiamo connotare tutte le insidie con una sola parola: la “concupiscenza”. Essa è la ripresa di sé stesso dal dono fatto all’altro; è in sostanza una “riserva” messa sul dono di sé all’altro. Agostino scrive: “il nutrimento della carità è la diminuzione della concupiscenza; la perfezione, la sua assenza” [in LXXXIII quaest. q.36]. È effetto proprio dell’Eucarestia nel cuore degli sposi di liberarli da ciò che impedisce loro di amarsi perfettamente. È la partecipazione all’Eucarestia che scandisce l’itinerario degli sposi verso l’amore perfetto.
Ma tutta la tradizione della Chiesa insegna che l’efficacia dell’Eucarestia investe anche il corpo della persona. Questa tradizione ha un esplicito fondamento biblico, ed anche la liturgia cristiana attribuisce la risurrezione finale del nostro corpo all’Eucarestia. Mi sembra che questo insegnamento della Chiesa abbia un significato particolare per gli sposi. La dimensione fisica è essenziale all’amore coniugale, e l’unione delle persone è espressa e realizzata nell’unione anche fisica. Il corpo è il linguaggio della persona; è il linguaggio dell’amore coniugale. L’integrazione del corpo nella persona ne è pertanto condizione fondamentale. L’Eucarestia opera progressivamente negli sposi questa trasfigurazione del corpo, così come fa nel corpo dei vergini nel modo loro proprio. Come vedete partecipando all’Eucarestia con fede e devozione, tutta la persona degli sposi – spirito, psiche, corpo – viene trasfigurata e resa conforme al Cristo, perché trasformata in Lui che dona se stesso sulla Croce.
3. In questa terza parte della mia riflessione vorrei affrontare questioni più particolari, ma non meno importanti. L’approccio alla prima questione è costituito da un testo di Benedetto XVI. Dice il S. Padre: “per me rimane molto importante che nella Lettera di S. Paolo agli Efesini le nozze di Dio con l’umanità, tramite l’Incarnazione del Signore, si realizzino nella Croce, nella quale nasce la nuova umanità, la Chiesa. Il matrimonio cristiano nasce proprio in queste nozze divine … Così dobbiamo sempre imparare questo legame tra Croce e Risurrezione, tra Croce e bellezza della Redenzione” [Ai sacerdoti della diocesi di Albano, 31 agosto 2006]. La radicazione del matrimonio nell’evento della croce indica agli sposi come devono affrontare e vivere le loro eventuali crisi. Non raramente oggi si pensa che alle prime difficoltà più o meno serie sia meglio separarsi o perfino divorziare. Non è così. È attraverso la Croce che si giunge alla Risurrezione: proprio in questo modo l’amore coniugale si purifica e si intensifica.
Una seconda questione non è meno grave oggi: è la poca stima che si ha del matrimonio e dell’amore coniugale. È una sfida enorme. Sono ogni giorno più convinto che solo la testimonianza degli sposi in cui risplenda la bellezza dell’amore coniugale possa suscitare nel cuore dei giovani una profonda attrazione verso lo stato coniugale. E a questo punto innesto un’altra ed ultima questione. La riflessione sul rapporto Eucarestia e matrimonio è una porta principale d’ingresso nella verità e nella preziosità propria del matrimonio medesimo. Quanti, anche fra coloro che si sposano in Chiesa hanno questa percezione di fede? È un’opera di catechesi che ci aspetta e di cui la Chiesa ha immenso bisogno.
Concludo. Da ciò che ho detto risulta come il rapporto che la persona coniugata ha con l’Eucarestia è davvero singolare, in analogia alla singolarità che ha coll’Eucarestia il sacerdote. Attraverso questo rapporto possiamo entrare nel mistero più profondo della vicenda umana. Questa vicenda alla fine si risolve dentro al grande dramma dell’amore e quindi della libertà. Dio per liberare l’uomo si manifesta come amore che si dona, e lo fa facendosi uomo. Così rivela anche l’uomo a se stesso nella sua intera verità e libertà. Questo avvenimento è eucaristicamente sempre presente in questo mondo. Pertanto la celebrazione dell’Eucarestia è il punto in cui si concentra tutta la storia, e che sostiene tutta la realtà. E il segno visibile personale di ciò che accade quando celebriamo l’Eucarestia è il sacramento del matrimonio.