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Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari Professori e cari studenti!
Sono lieto di incontrarmi oggi con voi. Un primo saluto va proprio a voi, studenti, che vedo numerosi in questo elegante ed austero quadriportico, ma che so essere presenti anche in diverse aule e in contatto con noi attraverso schermi e altoparlanti. Cari giovani, vi ringrazio per i sentimenti espressi dal vostro rappresentante e da voi stessi! In un certo senso l’Università è proprio vostra. Essa, fin dal lontano 1551, quando Sant’Ignazio di Loyola la fondò, esiste per voi, per gli studenti. Tutte le energie spese dai vostri Professori e Docenti, nell’insegnamento e nella ricerca, sono per voi. Per voi sono le preoccupazioni e gli sforzi quotidiani del Rettore Magnifico, dei Vice Rettori, dei Decani e dei Presidi. Voi di questo siete coscienti e sono certo che ne siete anche grati. Uno speciale saluto va poi al Cardinale Zenon Grocholewski. In quanto Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, egli è il Gran Cancelliere di questa Università e rappresenta in essa il Romano Pontefice (cfr Statuta Universitatis , art. 6, § 2). Proprio per questo il mio predecessore Pio XI, di venerata memoria, dichiarava l’Università Gregoriana “plenissimo iure ac nomine” pontificia (cfr Lett. ap. Gregorianam studiorum, in AAS 24 [1932], 268).
La storia stessa del Collegio Romano e dell’Università Gregoriana, sua erede, come ricordava il P. Rettore nel saluto che mi ha rivolto, è il fondamento di questo statuto del tutto particolare. Saluto il Rev. P. Peter-Hans Kolvenbach, S.J., che, come Preposito Generale della Compagnia di Gesù, è il Vice Gran Cancelliere dell’Università ed ha la cura più immediata di quest’opera, che non dubito di qualificare come uno dei più grandi servizi che la Compagnia di Gesù fa alla Chiesa universale. Saluto i benefattori qui presenti. Il Freundeskreis der Gregoriana di Germania, la Gregorian University Foundation di New York, la Fondazione “La Gregoriana” di Roma, e altri gruppi di benefattori. Carissimi, vi sono grato per quanto generosamente fate per sostenere quest’opera che la Santa Sede ha affidato e continua ad affidare alla Compagnia di Gesù. Saluto i Padri gesuiti che qui svolgono il loro insegnamento con encomiabile spirito di abnegazione e austerità di vita; con essi saluto gli altri Professori, estendendo il mio pensiero anche ai Padri e ai Fratelli del Pontificio Istituto Biblico e del Pontificio Istituto Orientale, che, insieme alla Gregoriana, formano un consortium accademico (cfr Pio XI, M.p. Quod maxime, 30 settembre 1928) prestigioso per quanto attiene non solo l’insegnamento, ma anche il patrimonio librario delle tre biblioteche, fornite di fondi specializzati incomparabili. Saluto infine il personale non docente dell’Università, che ha voluto far sentire la propria voce attraverso quella del Segretario Generale, che ringrazio. Il personale non docente quotidianamente svolge un servizio nascosto, ma molto importante per la missione che la Gregoriana è chiamata ad adempiere per mandato della Santa Sede. A ciascuno di loro va il mio cordiale incoraggiamento.
Con gioia mi trovo in questo quadriportico, che ho attraversato in varie occasioni. Mi ricordo particolarmente della difesa della tesi del Padre Lohfink durante il Concilio, alla presenza di molti Cardinali e anche di poveri Periti come me. Mi è caro ricordare in modo particolare il tempo in cui, essendo professore Ordinario di Dogmatica e di Storia del Dogma presso l’Università di Regensburg, fui invitato nel 1972 dall’allora Rettore Hervé Carrier S.J. a tenere un corso agli studenti del II Ciclo della specializzazione di Teologia Dogmatica. Ho tenuto un corso sulla Santissima Eucaristia. Con la familiarità di allora, dico a voi, cari Professori e studenti, che la fatica dello studio e dell’insegnamento, per avere senso in relazione al Regno di Dio, deve essere sostenuta dalle virtù teologali. Infatti, l’oggetto immediato della scienza teologica, nelle sue diverse specificazioni, è Dio stesso, rivelatosi in Gesù Cristo, Dio con un volto umano. Anche quando, come nel Diritto canonico e nella Storia della Chiesa, l’oggetto immediato è il Popolo di Dio nella sua dimensione visibile e storica, l’analisi approfondita della materia risospinge alla contemplazione, nella fede, del mistero di Cristo risorto. E’ Lui che, presente nella sua Chiesa, la conduce tra gli eventi del tempo verso la pienezza escatologica, un traguardo verso cui camminiamo sostenuti dalla speranza. Non basta, però, conoscere Dio; per poterlo realmente incontrare, lo si deve anche amare. La conoscenza deve divenire amore. Lo studio della Teologia, del Diritto canonico e della Storia della Chiesa non è solo conoscenza delle proposizioni della fede nella loro formulazione storica e nella loro applicazione pratica, ma è anche sempre intelligenza di esse nella fede, nella speranza e nella carità. Solo lo Spirito scruta le profondità di Dio (cfr 1 Cor 2,10), quindi solo nell’ascolto dello Spirito si può scrutare la profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio (cfr Rm 11,33). Lo Spirito si ascolta nella preghiera, quando il cuore si apre alla contemplazione del mistero di Dio, che ci si è rivelato nel Figlio Gesù Cristo, immagine del Dio invisibile (cfr Col 1,15), costituito Capo della Chiesa e Signore di tutte le cose (cfr Ef 1,10; Col 1,18).
L’Università Gregoriana, fin dalle sue origini con il Collegio Romano, si è distinta per lo studio della filosofia e della teologia. Sarebbe troppo lungo enumerare i nomi degli insigni filosofi e teologi che si sono succeduti sulle cattedre di questo Centro accademico; ad essi dovremmo aggiungere anche quelli di famosi canonisti e di storici della Chiesa, che hanno speso le loro energie fra queste mura prestigiose. Tutti hanno contribuito grandemente al progredire delle scienze da loro coltivate e quindi hanno offerto un prezioso servizio alla Sede Apostolica nell’espletamento della sua funzione dottrinale, disciplinare e pastorale. Con l’evolversi dei tempi necessariamente mutano le prospettive. Oggi non si può non tener conto del confronto con la cultura secolare, che in molte parti del mondo tende sempre più non solo a negare ogni segno della presenza di Dio nella vita della società e del singolo, ma con vari mezzi, che disorientano e offuscano la retta coscienza dell’uomo, cerca di corrodere la sua capacità di mettersi in ascolto di Dio. Non si può prescindere, poi, dal rapporto con le altre religioni, che si rivela costruttivo solo se evita ogni ambiguità che in qualche modo indebolisca il contenuto essenziale della fede cristiana in Cristo unico Salvatore di tutti gli uomini (cfr At 4,12) e nella Chiesa sacramento necessario di salvezza per tutta l’umanità (cfr Dich. Dominus Iesus, nn. 13-15; 20-22: AAS 92 [2000], 742-765).
Non posso in questo momento dimenticare le altre scienze umane che in questa insigne Università vengono coltivate, sulla scia della gloriosa tradizione accademica del Collegio Romano. Quale grande prestigio abbia assunto il Collegio Romano nel campo della matematica, della fisica, dell’astronomia, è a tutti noto. Basti ricordare che il calendario, cosiddetto “Gregoriano”, perché voluto dal mio predecessore Gregorio XIII, attualmente in uso in tutto il mondo, fu elaborato nel 1582 dal P. Cristoforo Clavio, professore del Collegio Romano. Basti anche fare menzione del P. Matteo Ricci, che portò fin nella lontana Cina, insieme alla sua testimonianza di fede, il sapere acquisito come discepolo del P. Clavio. Oggi queste discipline non vengono più coltivate nella Gregoriana, ma sono subentrate altre scienze umane, quali la psicologia, le scienze sociali, la comunicazione sociale. Con esse vuole essere più profondamente compreso l’uomo sia nella sua dimensione personale profonda, che nella sua dimensione esterna di costruttore de
lla società, nella giustizia e nella pace, e di comunicatore della verità. Proprio perché tali scienze riguardano l’uomo non possono prescindere dal riferimento a Dio. Infatti, l’uomo, sia nella sua interiorità che nella sua esteriorità, non può essere pienamente compreso se non lo si riconosce aperto alla trascendenza.
Privo del suo riferimento a Dio, l’uomo non può rispondere alle domande fondamentali che agitano e agiteranno sempre il suo cuore riguardo al fine e quindi al senso della sua esistenza.
Conseguentemente neppure è possibile immettere nella società quei valori etici che soli possono garantire una convivenza degna dell’uomo. Il destino dell’uomo senza il suo riferimento a Dio non può che essere la desolazione dell’angoscia che conduce alla disperazione. Solo in riferimento al Dio-Amore, che si è rivelato in Gesù Cristo, l’uomo può trovare il senso della sua esistenza e vivere nella speranza, pur nell’esperienza dei mali che feriscono la sua esistenza personale e la società in cui vive. La speranza fa sì che l’uomo non si chiuda in un nichilismo paralizzante e sterile, ma si apra all’impegno generoso nella società in cui vive per poterla migliorare. È il compito che Dio ha affidato all’uomo nel crearlo a sua immagine e somiglianza, un compito che riempie ogni uomo della più grande dignità, ma anche di un’immensa responsabilità.
E’ in questa prospettiva che voi, Professori e Docenti della Gregoriana, siete chiamati a formare gli studenti che la Chiesa vi affida. La formazione integrale dei giovani è uno degli apostolati tradizionali della Compagnia di Gesù fin dalle sue origini; per questo è una missione di cui fin dall’inizio il Collegio Romano si è fatto carico. L’affidamento alla Compagnia di Gesù, a Roma presso la Sede Apostolica, del Collegio Germanico, del Seminario Romano, del Collegio Ungarico, unito al Germanico, del Collegio Inglese, del Collegio Greco, del Collegio Scozzese e del Collegio Irlandese, aveva l’intento di assicurare una formazione del clero di quelle nazioni, dove era infranta l’unità della fede e la comunione con la Sede Apostolica. Tuttora questi Collegi inviano, o quasi esclusivamente o in buon numero, i loro alunni all’Università Gregoriana, in continuità con quella missione originaria. A tali Collegi menzionati lungo la storia se ne sono aggiunti molti altri. Quanto mai impegnativo è dunque il compito che grava sulle vostre spalle, cari Professori e Docenti! Opportunamente quindi, dopo profonda riflessione avete redatto una “Dichiarazione d’Intenti”, essenziale per un’istituzione come la vostra, perché indica sinteticamente la sua natura e missione. Sulla sua base state portando a termine il rinnovamento degli Statuti dell’Università e dei Regolamenti Generali, come anche degli Statuti e dei Regolamenti delle diverse Facoltà, Istituti e Centri. Questo contribuirà a meglio definire l’identità della Gregoriana, consentendo la redazione di programmi accademici più adeguati all’adempimento della missione che le è propria. Una missione facile e difficile insieme. Facile, perché l’identità e la missione della Gregoriana sono chiare fin dalle sue prime origini, sulla base delle indicazioni ribadite da tanti Romani Pontefici, tra i quali ben sedici furono alunni di questa Università. Missione al tempo stesso difficile, perché suppone costante fedeltà alla propria storia e tradizione, per non perdere le proprie radici storiche, e insieme apertura alla realtà attuale per rispondere, dopo un attento discernimento, con spirito creativo alle necessità della Chiesa e del mondo di oggi.
Come Università ecclesiastica pontificia, questo Centro accademico è impegnato a sentire in Ecclesia et cum Ecclesia. E’ un impegno che nasce dall’amore per la Chiesa, nostra Madre e Sposa di Cristo. Noi dobbiamo amarla come Cristo stesso l’ha amata, assumendo su di noi le sofferenze del mondo e della Chiesa per completare quello che manca ai patimenti di Cristo nella nostra carne (cfr Col 1,24). E’ così che si possono formare le nuove generazioni di sacerdoti, di religiosi, di laici impegnati. E’ doveroso infatti domandarsi a che tipo di sacerdote si vuole formare gli studenti, a che tipo di religioso o di religiosa, di laico o di laica. Certamente è vostro intento, cari Professori e Docenti, formare sacerdoti dotti, ma pronti al tempo stesso a consumare la loro vita nel servire con cuore indiviso, nell’umiltà e nell’austerità della vita, tutti coloro che il Signore affiderà al loro ministero. Così intendete offrire una formazione intellettuale solida a religiosi e religiose, affinché sappiano vivere nella gioia la consacrazione di cui Dio ha fatto loro dono, e proporsi come segno escatologico di quella vita futura a cui tutti siamo chiamati. Ugualmente, voi volete preparare laici e laiche, che con competenza sappiano svolgere servizi e uffici nella Chiesa e, innanzitutto, essere fermento del Regno di Dio nella sfera del temporale. In questa prospettiva, proprio quest’anno l’Università ha dato inizio ad un programma interdisciplinare per formare i laici a vivere la loro vocazione specificamente ecclesiale di impegno etico nella sfera pubblica. La formazione, tuttavia, è anche vostra responsabilità, cari studenti. Lo studio certamente richiede costante ascesi e abnegazione. Ma proprio per questa strada la persona si forma al sacrificio e al senso del dovere. Infatti ciò che apprendete oggi è ciò che voi domani comunicherete, quando vi sarà affidato dalla Chiesa il ministero sacro o altri servizi ed uffici a vantaggio della comunità. Ciò che in ogni circostanza potrà dare gioia al vostro cuore sarà la consapevolezza di aver sempre coltivato la rettitudine di intenzione, grazie alla quale si ha la certezza di aver cercato e fatto solo la volontà di Dio. Ovviamente, tutto questo richiede purificazione del cuore e discernimento.
Cari figli di Sant’Ignazio, ancora una volta il Papa vi affida questa Università, opera così importante per la Chiesa universale e per tante Chiese particolari. Essa costituisce da sempre una priorità tra le priorità degli apostolati della Compagnia di Gesù. È nell’ambiente universitario di Parigi che Sant’Ignazio di Loyola e i suoi primi compagni maturarono il desiderio ardente di aiutare le anime amando e servendo Dio in tutto, a sua maggior gloria. Spinto dall’interiore mozione dello Spirito, Sant’Ignazio venne a Roma, centro della Cristianità, sede del Successore di Pietro, e qui fondò il Collegio Romano, prima Università della Compagnia di Gesù. L’Università Gregoriana è oggi l’ambiente universitario nel quale si realizza in modo pieno ed evidente, ancora a distanza di 456 anni, il desiderio di Sant’Ignazio e dei suoi primi compagni di aiutare le anime ad amare e servire Dio in tutto, a sua maggior gloria. Direi che qui, tra queste mura, si realizza quanto il Papa Giulio III il 21 luglio 1550 fissava nella “formula Istituti“, stabilendo che ogni membro della Compagnia di Gesù è tenuto a “sub crucis vexillo Deo militare, et soli Domino ac Ecclesiae Ipsius sponsae, sub Romano Pontifice, Christi in terris Vicario, servire“, impegnandosi “potissimum… ad fidei defensionem et propagationem, et profectum animarum in vita et doctrina christiana, per publicas praedicationes, lectiones et aliud quodcumque verbi Dei ministerium…” (Lett. ap. Exposcit debitum, 1). Questa specificità carismatica della Compagnia di Gesù, espressa istituzionalmente nel quarto voto di disponibilità totale al Romano Pontefice in qualsiasi cosa Egli voglia comandare “ad profectum animarum et fidei propagationem” (ibid., n. 3), trova attuazione anche nel fatto che il Preposito Generale della Compagnia di Gesù chiama da tutto il mondo i Gesuiti più adatti perché svolgano il compito di Professori in questa Università. La Chiesa, consapevole com’è che questo può comportare il sacrificio di altre opere e servizi, pure validi per i fini che la Compagnia si propone di raggiungere, è ad essa si
nceramente grata e desidera che la Gregoriana conservi lo spirito ignaziano che la anima, espresso nel suo metodo pedagogico e nell’impostazione degli studi.
Carissimi, con affetto di Padre affido tutti voi, che siete le componenti vive dell’Università Gregoriana – Professori e Docenti, studenti, personale non docente, benefattori e amici – all’intercessione di Sant’Ignazio di Loyola, di San Roberto Bellarmino e della Beata Vergine Maria, Regina della Compagnia di Gesù, che nello stemma dell’Università è indicata col titolo di Sedes Sapientiae. Con questi sentimenti a tutti imparto, propiziatrice di copiosi favori celesti, l’Apostolica Benedizione.
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