ROMA, giovedì, 2 novembre 2006 (ZENIT.org).- Capi di Stato degli ex Paesi comunisti d’Europa hanno ricordato la scorsa settimana in Ungheria il 50° anniversario della sollevazione di Budapest contro il regime sovietico.
Alcuni degli eventi commemorativi per l’occasione sono iniziati a Roma, dove ha avuto luogo una conferenza presso l’Accademia Ungherese conclusasi con la proiezione di una pellicola sugli avvenimenti del 1956 e la deposizione di una corona nel rifugio che ospitò i primi immigrati ungheresi in Italia.
La Sezione Ungherese della “Radio Vaticana” ha trasmesso una tavola rotonda in cui sono state analizzate le lezioni politiche ed ecclesiali dell’esperienza ungherese.
Hanno partecipato Luca Pignataro, esperto in Storia Moderna, che ha presentato i fatti della Rivoluzione; il generale Piero Laporta, che ha descritto gli aspetti militari della sollevazione; Giorgio Cirillo, Direttore di RAI International, che ha parlato de “La risposta italiana alla Rivoluzione”.
Dalla conferenza è emerso il coraggio per le azioni intraprese dagli Ungheresi dal 23 ottobre al 4 novembre 1956, allorché cercarono di rovesciare i dominatori sovietici e di abbattere la cortina di ferro che divideva l’Europa.
La speranza di recuperare la libertà durò poco e la reazione provocò oltre tremila morti. Migliaia di persone abbandonarono il Paese in cerca di un futuro migliore.
In tutti gli atti è evidente il sostegno vaticano agli Ungheresi, da sempre amanti della libertà.
Padre Adam Somorjai, benedettino ungherese, lo ha espresso esplicitamente nel suo intervento sul tema “Le encicliche di Pio XII dedicate agli avvenimenti della storia ungherese”.
Padre Somorjai, che lavora presso la Sezione Ungherese della Segreteria di Stato vaticana, ha spiegato che “durante quelle due settimane di sollevazione Pio XII pubblicò tre brevi Encicliche”.
“Nella prima, intitolata ‘Luctuosissimi Eventus’, rivolse un appello al mondo cristiano affinché pregasse per l’Ungheria”, ha detto il benedettino.
A otto giorni dal conflitto, quando sembrava che la sollevazione contro la superpotenza russa potesse avere un esito positivo, venne promulgata l’Enciclica “Laetamur Admodum”, che, ha ricordato padre Somorjai, “parla della gioia del Papa per il fatto che la Rivoluzione stesse avendo successo”.
La terza, “Datis Nuperrime”, è datata 5 novembre, il giorno della repressione sovietica. Anch’essa invocava di pregare per questo popolo.
Papa Pio XII sottolineò il suo interesse per la questione parlando direttamente al popolo ungherese in un appello drammatico mandato in onda dalla “Radio Vaticana”, e assicurò loro che Dio sarebbe stato la loro forza e la loro protezione.
Al microfono, il Pontefice affermò in quella occasione:“Grava sugli animi il significato dei luttuosi fatti ungheresi. L’universale, spontanea commozione del mondo dimostra quanto sia necessario ed urgente il restituire la libertà ai popoli che ne sono stati spogliati. Dio, Dio, Dio, risuoni questo ineffabile nome, fonte di ogni diritto, giustizia e libertà nei parlamenti e nelle piazze, nelle case e nelle officine, sulle labbra degli intellettuali e dei lavoratori, sulla stampa e alla radio”, ma pochi in Ungheria poterono udire la trasmissione.
“Nei 33 anni successivi agli avvenimenti del 1956, c’è stato un silenzio pubblico su queste Encicliche e su ciò che aveva fatto Pio XII – ha ricordato padre Somorjai –. E’ stato così fino al 1989, l’annus memorabilis, quando finalmente abbiamo potuto parlarne apertamente”.
Ora, 50 anni dopo la sollevazione, la Conferenza Episcopale dell’Ungheria sta ribadendo la richiesta di Pio XII di preghiere per la Nazione ed ha dedicato il 2006 all’intenzione del Papa defunto.
Benedetto XVI ha riflettuto su questi temi nel messaggio inviato attraverso il suo Legato pontificio per le celebrazioni commemorative a Budapest, il Cardinale Angelo Sodano (cfr.ZENIT, 22 ottobre 2006, 23 ottobre, 2006).
“La Chiesa è sempre stata una forza conduttrice della verità nella Nazione e nel blocco dell’Est – ha aggiunto padre Somorjai –. E’ giustamente in prima linea nel lavoro per una nuova armonia”.
Ciò è importante, ha proseguito il sacerdote ungherese, perché la recente inquietudine nel Paese viene paragonata ai fatti del 1956.
“Nel nostro Paese la storia non è superata e non è chiusa, e l’armonia non è tornata – ha indicato –. Anche se questa rivoluzione non ha avuto una vittoria diretta, continua in Ungheria il grande dibattito su chi sia l’erede del ’56, la destra o la sinistra”.
Parlando a ZENIT del vero profilo del Paese odierno, padre Somorjai ha detto: “In Ungheria non abbiamo una ‘verità’. Per un certo numero di anni abbiamo avuto due ‘verità’ parallele, una della destra e una della sinistra”.
“E’ stata fatta propaganda in Occidente sia da parte dei socialisti che dei liberali, e questa propaganda non parla della realtà della situazione”, ha aggiunto.
Sembra che gli Ungheresi ritengano la loro situazione molto migliore in questi 17 anni dopo la caduta del comunismo. C’è una ovvia confusione su chi stia dirigendo il Paese, vista la rottura nel partito principale, le privatizzazioni in corso, la frode e le menzogne. Servono serie riforme e gli Ungheresi possono aver bisogno di aiuto per portarle avanti.
Per questa ragione, padre Somorjai ha lanciato una sfida a tutto il mondo perché torni ad inserire l’esperienza dell’Ungheria e dell’Est europeo nei suoi curricula politici ed educativi.
“Non è un Paese sulle prime pagine dei libri di storia come parte della battaglia europea contro il neoliberalismo – ha detto –. Dovremmo studiare i fatti e scegliere saggiamente le nostre fonti di informazione per poter realmente imparare e progredire insieme”.