Cardinale Caffarra: “È la capacità di amare che rende praticabile il bene comune”

Nell’inaugurare a Roma il nuovo Anno Accademico del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II

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ROMA, martedì, 31 ottobre 2006 (ZENIT.org).- Martedì 24 ottobre a Roma nel corso della prolusione per l’inaugurazione dell’Anno Accademico 2006-2007 del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, il Cardinal Carlo Caffarra ha detto che “è la capacità di amare che rende praticabile il bene comune”.

“Poiché – ha continuato l’Arcivescovo di Bologna – solo la carità rende l’uomo capace di perseguire il proprio bene non a spese del bene dell’altro o prescindendo dal medesimo, ma volendo il bene dell’altro. Il bene umano è un bene comune: questa trasfigurazione è operata dalla carità”.

Parlando sul tema “Famiglia e bene comune”, il porporato ha sottolineato che “l’uomo trovando nella fede la possibilità di purificare la sua ragione e nel dono dello Spirito la capacità di amare, può creare vere comunità umane ed uscire dal male della sua solitudine”.

Secondo l’Arcivescovo di Bologna “esiste un ‘concreto rivelarsi’ della pura essenza del bene umano comune. Questo ‘concreto’ è la comunità cristiana che vive il Vangelo” e i cui frutti si vedono anche nel sociale umano.

“Anzi – ha precisato il porporato – nel caso del matrimonio di battezzati rende presente il ‘mysterium unitatis‘ in senso vero e proprio (…) un pensiero forte di cui sentiamo ogni giorno di più il bisogno”.

Nella prima parte della sua prolusione il Cardinale Caffarra ha constatato come “gli ordinamenti giuridici statali in Occidente stanno mutando il loro atteggiamento fondamentale nei confronti dell’istituzione del matrimonio e della famiglia: dal favor juris alla neutralità”.

“Una neutralità – ha spiegato il Cardinale – che genera una progressiva equiparazione al matrimonio di comunità di vita fino ad ora ritenute e trattate come essenzialmente diverse”.

La dismissione del trattamento di favore che finora gli Stati occidentali hanno tenuto nei confronti del matrimonio e della famiglia, è stato spiegato dall’Arcivescovo come “il capolinea dell’interpretazione che hanno subito i valori di autonomia e di uguaglianza, che sono alla base della nostra società occidentale”.

“L’impossibilità di conoscere la verità circa il bene, oppure a causa del fatto che non esiste alcuna verità circa il bene, ha dato nelle società occidentali a ciascuna concezione di vita buona uguale diritto di ingresso nella sfera pubblica”, ha commentato il Cardinale Caffarra .

Per l’Arcivescovo di Bologna, l’unità della democrazia ha potuto funzionare finora nell’Occidente grazie a “un comune riferimento valoriale” che è storicamente “quello della tradizione cristiana”.

“Era infatti evidenza originaria – ha sottolineato poi il porporato – ciò che il decalogo ebraico-cristiano proibiva e comandava; era evidenza originaria che il matrimonio fosse l’unione legittima fra uomo e donna”.

“Pertanto la separazione fra ciò che è legale e ciò che è morale alla fine non era difficile da fissare, e comunque non comportava grandi cambiamenti a livello della condotta umana”, ha aggiunto.

“In questi anni stiamo però assistendo ad un fatto di portata non facilmente calcolabile – ha rilevato il Cardinal Caffarra –. Il comune riferimento alla matrice culturale giudaico-cristiana è andato via via disgregandosi ed erodendosi”.

“Nel contesto di questa disgregazione e di questa erosione, la dottrina pura dell’uguaglianza e dell’autonomia, non può che portare a livello di ordinamento giuridico della vita associata a ciò che stiamo di fatto già osservando: ciò che è tecnicamente possibile, lo Stato deve consentirlo; ciò che l’individuo preferisce, lo Stato non deve proibirlo”, ha commentato.

“Non è difficile capire che questo principio, se applicato alla lettera, è semplicemente la distruzione di ogni forma di socialità”, ha quindi osservato.

Parlando del bene comune, l’Arcivescovo di Bologna ha poi affermato che “o si ritiene che il fine dell’attività politica sia il bene umano comune, ed allora dovranno essere tutelate, promosse e favorite tutte le espressioni del medesimo bene; o si ritiene che non esista un bene comune umano, ma solo coesistenza di beni privati, ed allora non c’è altro da fare, da parte dell’autorità politica, che istituire ‘regole di traffico’ per la corsa degli individui verso la propria felicità”.

“È in questo senso: il favor juris di cui gode il matrimonio sta o cade insieme all’idea di bene comune”, ha infine concluso.

Il Pontificio Istituto per Studi sul Matrimonio e la Famiglia è stato fondato da Giovanni Paolo II per offrire a tutta la Chiesa un contributo di riflessione teologica e pastorale sul matrimonio e la famiglia e prevede i seguenti corsi: Licenza e Dottorato di Teologia del Matrimonio e della Famiglia, Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia e Master in Bioetica e Formazione.

Il Cardinale Caffarra è stato incaricato da Giovanni Paolo II di aprire e presiedere il suddetto Istituto a partire dal 1981.

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ZENIT Staff

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