Benedetto XVI incoraggia l’impegno della Chiesa in Italia verso i poveri

VERONA, giovedì, 19 ottobre 2006 (ZENIT.org).- Per Benedetto XVI, la Chiesa in Italia “dà prova di una straordinaria solidarietà verso le sterminate moltitudini dei poveri della terra”.

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Il Pontefice lo ha affermato questo giovedì in occasione del IV Convegno Ecclesiale Nazionale in svolgimento a Verona, che ha definito “una nuova tappa del cammino di attuazione del Vaticano II”, “cammino di comunione anzitutto con Dio Padre e con il suo Figlio Gesù Cristo nello Spirito Santo e quindi di comunione tra noi”.

Per il Papa si tratta anche di “un cammino proteso all’evangelizzazione, per mantenere viva e salda la fede nel popolo italiano; una tenace testimonianza, dunque, di amore per l’Italia e di operosa sollecitudine per il bene dei suoi figli”.

La Chiesa in Italia, ha spiegato il Vescovo di Roma, “ha una grande tradizione di vicinanza, aiuto e solidarietà verso i bisognosi, gli ammalati, gli emarginati, che trova la sua espressione più alta in una serie meravigliosa di ‘Santi della carità’”.

“Questa tradizione continua anche oggi e si fa carico delle molte forme di nuove povertà, morali e materiali, attraverso la Caritas, il volontariato sociale, l’opera spesso nascosta di tante parrocchie, comunità religiose, associazioni e gruppi, singole persone mosse dall’amore di Cristo e dei fratelli”, ha aggiunto.

Per il Pontefice, è “quanto mai importante che tutte queste testimonianze di carità conservino sempre alto e luminoso il loro profilo specifico, nutrendosi di umiltà e di fiducia nel Signore, mantenendosi libere da suggestioni ideologiche e da simpatie partitiche, e soprattutto misurando il proprio sguardo sullo sguardo di Cristo”.

Il Papa ha quindi detto a quanti lo ascoltavano che hanno compiuto “una scelta assai felice ponendo Gesù Cristo risorto al centro dell’attenzione del Convegno e di tutta la vita e la testimonianza della Chiesa in Italia”.

La risurrezione di Cristo, ha affermato, è “la più grande ‘mutazione’ mai accaduta, il ‘salto’ decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazareth, ma con Lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo”.

“Si tratta di un grande mistero, certamente, il mistero della nostra salvezza, che trova nella risurrezione del Verbo incarnato il suo compimento e insieme l’anticipazione e il pegno della nostra speranza”, “ma la cifra di questo mistero è l’amore e soltanto nella logica dell’amore esso può essere accostato e in qualche modo compreso”.

“La nostra vocazione e il nostro compito di cristiani – ha spiegato – consistono nel cooperare perché giunga a compimento effettivo, nella realtà quotidiana della nostra vita, ciò che lo Spirito Santo ha intrapreso in noi col Battesimo: siamo chiamati infatti a divenire donne e uomini nuovi, per poter essere veri testimoni del Risorto e in tal modo portatori della gioia e della speranza cristiana nel mondo, in concreto, in quella comunità di uomini entro la quale viviamo”.

L’Italia di oggi, ha proseguito, “si presenta a noi come un terreno profondamente bisognoso e al contempo molto favorevole per una tale testimonianza”.

E’ “profondamente bisognoso, perché partecipa di quella cultura che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita”.

“Ne deriva una nuova ondata di illuminismo e di laicismo”; “così Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa più difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenuto superfluo ed estraneo”.

Dall’altro lato, tuttavia, l’Italia costituisce un terreno molto favorevole per la testimonianza cristiana. “La Chiesa, infatti, qui è una realtà molto viva, che conserva una presenza capillare in mezzo alla gente di ogni età e condizione. Le tradizioni cristiane sono spesso ancora radicate e continuano a produrre frutti, mentre è in atto un grande sforzo di evangelizzazione e catechesi, rivolto in particolare alle nuove generazioni, ma ormai sempre più anche alle famiglie”.

“È inoltre sentita con crescente chiarezza l’insufficienza di una razionalità chiusa in se stessa e di un’etica troppo individualista: in concreto, si avverte la gravità del rischio di staccarsi dalle radici cristiane della nostra civiltà”, ha proseguito il Pontefice.

Benedetto XVI ha sottolineato l’importanza dell’educazione a questo proposito: “perché l’esperienza della fede e dell’amore cristiano sia accolta e vissuta e si trasmetta da una generazione all’altra, una questione fondamentale e decisiva è quella dell’educazione della persona”.

“Un’educazione vera ha bisogno di risvegliare il coraggio delle decisioni definitive, che oggi vengono considerate un vincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, in particolare per far maturare l’amore in tutta la sua bellezza: quindi per dare consistenza e significato alla stessa libertà”.

“La comunità cattolica italiana – ha concluso auspicando il Papa –, inserita nella comunione vivente della Chiesa di ogni luogo e di tutti i tempi, e strettamente unita intorno ai propri Vescovi, porti con rinnovato slancio a questa amata Nazione, e in ogni angolo della terra, la gioiosa testimonianza di Gesù risorto, speranza dell’Italia e del mondo”.

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ZENIT Staff

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