Donne in Vaticano

Rocío Figueroa, nuova funzionaria del Pontificio Consiglio per i Laici

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CITTÀ DEL VATICANO, venerdì, 6 ottobre 2006 (ZENIT.org).- La dottoressa Rocío Figueroa, laica consacrata della Fraternità mariana della Riconciliazione (Fraternas), è stata nominata funzionaria del Pontificio Consiglio per i Laici con l’incarico di occuparsi delle questioni relative alla vocazione e missione della donna nella Chiesa e nella società.

Rocío Figueroa, peruviana, subentra a Lucienne Sallé, che ha ricoperto quest’incarico negli ultimi decenni. È stata professoressa di Teologia a Salerno e attualmente risiede a Roma. La sua comunità è stata fondata da don Luis Fernando Figari, che è anche fondatore e Superiore generale del Sodalizio di vita cristiana.

ZENIT l’ha intervistata nel suo studio presso il Pontificio Consiglio per i Laici, a Palazzo San Callisto, nel quartiere Trastevere di Roma.

Rocío Figueroa afferma che “sebbene vi sia stata sempre una presenza della donna nella Chiesa, si tratta di una realtà in crescita, di una presenza che è cambiata e si è sviluppata nella misura in cui la società e le stesse donne hanno acquisito una maggiore coscienza della loro dignità e missione nel mondo e nella Chiesa”.

Benedetto XVI, nella sua ultima intervista [concessa il 5 agosto 2006 alle emittenti Bayerischer Rundfunk (ARD), ZDF, Deutsche Welle e Radio Vaticana], lasciava intravedere il desiderio di una maggiore partecipazione femminile nella Chiesa. Lei crede che sia già una realtà?

Figueroa: Nella sua ultima intervista il Santo Padre ricorda che dal punto di vista storico sono esistite donne che hanno svolto un ruolo di grande importanza nell’edificazione della Chiesa. Al di là delle situazioni e delle esperienze concrete di discriminazione, le donne non devono dimenticare che la partecipazione femminile nella Chiesa è stata una realtà che è esistita da sempre sotto la forma dell’evangelizzazione, della catechesi, delle opere di carità e di promozione umana, dell’educazione nella famiglia, della fondazione di comunità religiose e della presenza nella storia di grandi mistiche e sante. Una realtà il cui apice e modello, nel disegno di Dio, si è manifestato in Maria, la Madre di Dio.

Riguardo alla realtà attuale, nell’incontro che il Papa Benedetto XVI ha avuto con il clero romano il 13 maggio 2005, egli ha segnalato che dal punto di vista dell’elemento “carismatico” le donne fanno molto per il governo della Chiesa.

Nella sua ultima intervista in occasione del suo viaggio in Germania, egli ha constatato la presenza delle donne non solo nella dimensione carismatica, ma anche nella dimensione istituzionale: “Oggi esse sono ben presenti anche nei Dicasteri della Santa Sede”.

Su questa realtà più visibile e attiva nella vita della Chiesa pensiamo anche alla presenza di tante donne nei consigli parrocchiali, alla loro leadership in movimenti e comunità, nei servizi di amministrazione e organizzazione di tante diocesi del mondo, nella docenza scolastica e universitaria, come teologhe e studiose in diverse aree del sapere.

Vediamo quindi che sebbene vi sia stata sempre una presenza della donna nella Chiesa, si tratta di una realtà in crescita, di una presenza che è cambiata e si è sviluppata nella misura in cui la società e le stesse donne hanno acquisito una maggiore coscienza della loro dignità e missione nel mondo e nella Chiesa.

Questa maggiore partecipazione femminile nella Chiesa dipende da due fattori importanti che il Santo Padre ha menzionato nella sua ultima intervista: da un lato il Papa Benedetto XVI invita le donne a “farsi spazio” utilizzando, come afferma, “il loro slancio e la loro forza”, la loro “potenza spirituale”.

Il Santo Padre confida nelle donne e ci lancia una sfida. La partecipazione della donna sarà consistente quando questa vivrà intensamente la propria vocazione e missione: anzitutto la sua vocazione ad essere persona umana e come tale chiamata a conformarsi a Gesù Cristo.

La santità è una “potenza spirituale”, una potenza che rinnova la storia e la vita della Chiesa. E con questa prospettiva di santità, la donna deve rispondere alle sfide che la società attuale presenta per l’annuncio del Vangelo. Una società che ogni giorno vede zoppicare la verità e i valori che difendono la dignità umana e la famiglia; un mondo che si costruisce di fatto prescindendo da Dio e che ha sete di risposte che diano ragione alla nostra speranza.

È con questa coscienza che la donna, secondo le proprie caratteristiche, dovrà concentrare la sua forza e la sua spinta e dovrà con coscienza formare e sviluppare le sue capacità umane, intellettuali e spirituali per far giungere l’annuncio del Vangelo alle persone umane nei diversi ambiti della società: la famiglia, l’educazione, i mezzi di comunicazione, le scienze, le leggi, la politica. Possiamo dire che essendo la Chiesa universale, per la sua chiamata ad evangelizzare il mondo intero, anche lo spazio che si apre di fronte alla donna è universale, è il mondo intero.

L’altro fattore di questa maggiore partecipazione è, come segnalava Papa Benedetto XVI, una minore resistenza ad essa: “E noi dovremmo cercare di metterci in ascolto di Dio, per non essere noi ad opporci a Lui, ma anzi ci rallegriamo che l’elemento femminile ottenga nella Chiesa il posto operativo che gli conviene”.

È necessaria quindi una maggiore riflessione da parte di tutti dell’importanza della reciprocità tra uomini e donne battezzati nella missione ecclesiale. La reciprocità sarà possibile quando gli uomini e le donne vivranno un processo continuo di conversione e di riconciliazione nelle relazioni interpersonali, a partire dalla propria identità.

Tutti noi dobbiamo essere evangelizzatori permanentemente evangelizzati, che vivono un processo continuo di purificazione di ogni ricerca interiore, di ogni protagonismo, della ricerca di interessi personali. L’umiltà e il servizio fedele alla Chiesa, invece, promuovono l’altro, perché l’orizzonte è quello dell’edificazione comune e dell’estensione del Regno.

Come donna e teologa, quale deve essere secondo lei l’apporto femminile alla teologia?

Figueroa: Ritengo che la prima vocazione della donna, come ho segnalato precedentemente, sia quella di rispondere alla sua vocazione ad essere persona umana e pertanto chiamata ad essere fedele ai dinamismi ontici della sua identità, creata a immagine e somiglianza di Dio.

La donna sarà veramente “donna” nella misura in cui risponde alla sua identità cristiana e scopre in Cristo la rivelazione della sua propria identità.

In questo cammino di vita cristiana alcune donne scopriranno la loro vocazione teologica e una caratteristica fondamentale sarà la fedeltà all’identità di teologa. La vocazione del teologo è di immergersi razionalmente nei contenuti della Rivelazione e della fede della Chiesa per poter vivere il suo dinamismo nella storia.

Pertanto, la fedeltà alla fede della Chiesa e agli insegnamenti del Magistero diventa il fondamento in base al quale il teologo può spiccare il volo con la sua ragione verso una comprensione più profonda del mistero di Cristo. Le donne chiamate alla vocazione teologica hanno la responsabilità di acquisire una solida preparazione intellettuale.

Oggi sono di più le donne – e questo è un aspetto positivo che favorisce una maggiore partecipazione delle donne nella società e nella Chiesa – ad avere la possibilità di acquisire una formazione intellettuale vasta e consistente.

Con queste solide fondamenta, le donne che possiedono la vocazione e le qualità speculative per il lavoro teologico daranno il loro apporto con le caratteristiche femminili della loro riflessione, con quel loro “genio femminile”, come insegnava Giovanni Paolo II.

Edith Stein affermava che la differenza tra l’uomo e la donna si trova non solo nella dimensione ps
icologica, ma che essa arriva fino alla configurazione dello spirito: tra l’uomo e la donna, “il rapporto dell’anima col corpo è differente, e nell’anima stessa è diverso il rapporto dello spirito alla sensibilità, come rapporto delle potenze spirituali tra loro”.

Pertanto il frutto del lavoro teologico di una donna, il frutto del suo “fare” teologia avrà impresse tutte queste caratteristiche proprie del suo essere: corpo, anima e spirito femminili, apportando con la sua particolare impostazione una riflessione teologica che arricchirà la riflessione dell’uomo. In una donna teologa, è la femminilità, con tutte le sue caratteristiche, la prospettiva che dà colore al suo apporto.

In cosa consiste il suo lavoro nel Pontificio Consiglio per i Laici?

Figueroa: Il mio lavoro, che ho iniziato da appena qualche mese, consiste nel seguire tutte le questioni relative alla vocazione e missione della donna nella Chiesa e nella società. Nel suo impegno a mettere in pratica gli insegnamenti del Concilio Vaticano II concernenti i laici, il nostro Pontificio Consiglio ha sempre riservato un’attenzione particolare alla promozione dell’uguaglianza nella dignità tra uomo e donna come persone battezzate.

Il Dicastero per i laici ha dedicato diversi seminari, incontri e pubblicazioni a questo tema, per non parlare dell’attiva partecipazione della Santa Sede nelle diverse Conferenze internazionali sulla donna.

Si tratta quindi di collaborare con associazioni, movimenti e organizzazioni che lavorano per la promozione della donna.

Il Pontificio Consiglio per i Laici si dedica a promuovere la dignità della donna a livello internazionale, cercando di coordinare gli sforzi diretti a questo scopo e di rafforzare l’integrazione della donna nella missione della Chiesa; al contempo lavoriamo per promuovere un costante approfondimento a livello filosofico e teologico sulle questioni concernenti la donna.

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ZENIT Staff

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