Dopo la consegna delle reliquie, riprenderà il dialogo teologico cattolico-ortodosso

Lo annuncia un archimandrita della Chiesa di Grecia

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CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 26 novembre 2004 (ZENIT.org).- Consegnando le reliquie dei santi Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo, dottori della Chiesa d’Oriente, al patriarca ecumenico Bartolomeo I, Giovanni Paolo II rilancerà il dialogo teologico tra le Chiese ortodossa e cattolica, secondo quanto ha affermato un rappresentante ortodosso.

L’archimandrita Ignatios Sotiriadis della Chiesa ortodossa greca ha riconosciuto giovedì in alcune dichiarazioni a “Radio Vaticana” che “il significato di questo evento per noi è molto grande perché la consegna di queste reliquie significa che si crea un ponte in più tra le Chiese sorelle di Costantinopoli e di Roma, tra le Chiese cattolica e ortodossa”.

Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, “primus inter pares” tra le Chiese ortodosse, è arrivato venerdì a Roma per una visita di due giorni.

La consegna delle reliquie che avrà luogo sabato, durante una cerimonia ecumenica nella basilica di San Pietro “costituisce – secondo quanto afferma un comunicato vaticano – un profondo incoraggiamento a percorrere la via dell’unità”.

“Le spoglie mortali dei due Santi Patriarchi di Costantinopoli, che si adoperarono a salvaguardare l’unità tra Oriente ed Occidente, venerate nella loro terra d’origine, accolte con grande onore nella Chiesa di Roma, che per lunghi secoli le ha conservate con cura e venerate, si incamminano di nuovo verso Oriente, grazie ad un gesto di condivisione spirituale, che nutre e fortifica la comunione tra le Sedi di Roma e di Costantinopoli”, si legge di seguito.

Giovanni Paolo II ha chiesto che le reliquie vengano collocate in due urne di cristallo custodite in due reliquiari di alabastro. Quando arriveranno ad Istanbul verranno depositate in una cappella del patriarcato e in occasione della festa di Sant’Andrea (30 novembre), saranno installate definitivamente nella chiesa patriarcale di San Giorgio.

Al ritorno ad Istanbul per celebrare la festa di Sant’Andrea, patrono del patriarcato ecumenico, Bartolomeo I sarà accompagnato da una delegazione della Santa Sede della quale faranno parte il cardinal Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, il vescovo Brian Farrell, L.C. e monsignor Johan J. Bonny, rispettivamente segretario del dicastero , officiale della Sezione orientale dello stesso Pontificio Consiglio, e l’arcivescovo Edmond Farhat, nunzio apostolico in Turchia.

In un intervento tenuto il 10 novembre scorso ad una Conferenza stampa in Vaticano sui quarant’anni della “Unitatis Redintegratio”, monsignor Eleuterio F. Fortino, sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha affermato che “con il Patriarcato di Costantinopoli si mantengono relazioni regolari e frequenti”, e “quando sorgono difficoltà o incomprensioni si risolvono direttamente”.

Per quanto riguarda i rapporti tra Cattolici e Ortodossi in generale, l’archimandrita Sotiriadis ha affermato: “Il problema ancora da superare è quello dell’uniatismo”. Con questa espressione si fa riferimento alla situazione dei Cattolici di rito orientale che vivono in terre dell’Europa dell’Est di maggioranza ortodossa.

“Questo problema bisogna superarlo ma si è deciso che il dialogo ecumenico, come dialogo teologico, ricomincerà dopo la consegna di queste insigni reliquie al Patriarca ecumenico e dopo la festa di Sant’Andrea”, ha aggiunto.

“Le discussioni, comunque, cominceranno dal Ministero petrino (o del Papa, ndr.) e poi si vedranno le altre questioni”, ha sottolineato.

“Io credo che i nostri capi religiosi, ecclesiastici, i nostri superiori delle Chiese non si sono messi ancora tutti intorno ad una tavola rotonda, magari a porte chiuse, a discutere sul processo veloce di riavvicinamento delle Chiese”.

“Secondo me, i grandi gesti sono stati compiuti, le foto sono state fatte, i regali scambiati – ha osservato –. Adesso, c’è bisogno di coraggio ed anche di un ecumenismo più spirituale, cioè un ecumenismo di base”.

“Adesso devono parlare i popoli, i sacerdoti, le parrocchie, le persone tra di loro. Bisogna diventare amici e parlare non da diplomatici, ma da fratelli l’uno con l’altro”.

L’archimandrita crede che il futuro dell’unità passi per il sentiero che hanno tracciato “tutti i nostri teologici ortodossi e tutti i nostri storici, ma anche insigni teologi dell’Occidente, della Chiesa cattolica, come il cardinale Ratzinger, che parla di una unità o una riunificazione secondo i modelli storici del primo millennio”.

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ZENIT Staff

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