George Weigel sul valore unico di ogni essere umano, insegnatoci da Giovanni Paolo II

E sulla “vocazione” che esso reca in sè

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STEUBENVILLE, venerdì, 18 giugno 2004 (ZENIT.org).- Riportiamo una parte del discorso pronunciato dal biografo del Papa, George Weigel, in occasione della cerimonia, svoltasi lo scorso 8 maggio, in occasione del conferimento della laurea a 434 laureandi e a 161 studenti di laurea specialistica dell’Università francescana di Steubenville, la classe ad oggi più numerosa.

Weigel è socio anziano dell’Ethics and Public Policy Center di Washington, D.C., dove è titolare della cattedra di religione e democrazia americana, intitolata a John M. Olin.

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Da più di 25 anni ormai, abbiamo avuto il privilegio di vivere nello stesso periodo storico di Giovanni Paolo II. La maggior parte di voi, appartenenti alla classe del 2004, dell’Università francescana di Steubenville, non ha memoria, nella propria vita, di un altro Papa al di fuori di quello attuale.

Coloro che invece hanno una memoria che risale più indietro nel tempo, sanno che nessun Papa del nostro tempo – forse neanche dei secoli scorsi – ha lasciato una tale impronta nella storia. Ma anche questa affermazione mi sembra che non renda a sufficienza lo spessore dell’uomo che le future generazioni potrebbero conoscere come “Giovanni Paolo il Grande”. Forse, in questo, il baseball può aiutare.

Nel libro più avvincente mai scritto sul baseball, “The Boys of Summer”, di Roger Kahn, viene descritto nei seguenti termini il leggendario Jackie Robinson: “Come pochi, pochissimi atleti … [Jackie] Robinson non giocava meramente al centro. Egli giocava al centro, ma dovunque egli andava, il centro si muoveva con lui”.

Allo stesso modo, Giovanni Paolo II non ha solo lasciato un’impronta nella storia. Egli è la storia, e dove egli va – che sia in Polonia nel 1979, in Nicaragua nel 1983, in Cile nel 1978, a Denver nel 1993, o in Terra Santa nel 2000 – la storia si muove con lui. E la storia è cambiata a causa della sua presenza.

Come avviene questo? Non solo perché il Papa ha una personalità vincente – anche se sicuramente ciò è vero; e non solo perché egli ha una mente brillante – seppure anche questo è sicuramente vero.

No, il suo impatto nella storia, la sua singolare capacità di essere storia, di incarnare la storia dei suoi tempi come solo un altro uomo – Winston Churchill – è stato capace di fare nello scorso secolo, è conseguenza della sua fede, delle sue convinzioni e del suo impegno: in una parola, il suo impatto nella storia è il risultato del suo essere discepolo.

Vi sono lezioni da trarre da questa capacità di essere discepolo, per voi che sarete gli artefici del XXI secolo? Credo proprio di sì. Consentitemi di suggerirne tre, come regalo di laurea in questo giorno che per voi rappresenta una pietra miliare.

Giovanni Paolo II vive un’intensa vocazione, con risvolti e implicazioni per noi tutti. Nella Chiesa cattolica oggi usiamo ancora la parola “vocazione” come se si applicasse primariamente, se non unicamente, ai preti e alle suore. Il Papa, che conosce l’importanza cruciale del sacerdozio e della vita religiosa consacrata nella Chiesa, non è d’accordo con questo.

Dal suo punto di vista, e in linea con l’insegnamento del Concilio Vaticano II, ogni cristiano battezzato ha una vocazione: un unico e originale posto nel dramma cosmico delle intenzioni creative e redentive di Dio.

Ognuno di noi, secondo il Papa, è attore di un dramma dalle conseguenze eterne. E ciascuno di noi ha un ruolo ben preciso da svolgere in questo dramma.

È interessante ricordare che Giovanni Paolo II, da giovane, ha dovuto lottare, e lottare veramente, per discernere la propria vocazione, il suo preciso posto nell’ordine divino delle cose. Egli era fortemente attratto dal teatro. Aveva una vita sociale normale come tutti i suoi coetanei, e grandi amicizie sia con le ragazze che con i ragazzi.

Quando iniziò gli studi universitari, intendeva sicuramente vivere come un Cristiano impegnato, ma pensava che lo avrebbe fatto da laico: come attore, scrittore o regista teatrale, forse in seguito come professore. Fu solo dopo un intenso periodo di riflessione e preghiera che capì che Dio lo aveva scelto per il sacerdozio e che poteva esserci solo una risposta a quella scelta.

Quanto sarebbe stata diversa la storia dei nostri giorni se il giovane Karol Wojtyla non avesse preso sul serio la domanda su dove e come Dio voleva che “recitasse” nel teatro della storia?

E’ questo il tipo di serietà che tutti noi possiamo imparare da Giovanni Paolo II. Molti di voi dopo la laurea entreranno nel mondo del lavoro, altri continueranno gli studi. Indipendentemente da cosa farete domani, la prossima settimana o nel settembre prossimo, potete imparare una lezione dalla vita di Giovanni Paolo II: non pensate alla vostra vita solo come ad una “carriera”. Consideratela come una vocazione.

Dio ha in mente qualcosa di unico per ognuno di voi. Ciascuno dona alla storia qualcosa di particolare. Pensate alla vostra vita in questi termini e non diventerete mai preda della più anestetizzante delle tentazioni: la noia.

Possiamo imparare qualcosa anche dalla convinzione del Papa per cui la vita è ‘drammatica’. Quando Giovanni Paolo II pensa al “dramma umano”, non sta pensando solo in termini storici e grandiosi. Pensa in maniera molto concreta, individuale.

Nella “Novo Millennio Ineunte”, la sua lettera apostolica che chiudeva il Grande Giubileo del 2000, il Santo Padre ha riflettuto sulla sua esperienza di stare affacciato alla finestra dell’appartamento papale durante l’anno giubilare, guardando lunghe file di pellegrini, giorno dopo giorno, aspettare il proprio turno per passare sotto la Porta Santa di San Pietro. Ognuna di quelle vite, scrive il Papa, rappresentava un incontro unico con Cristo, una storia unica – un dramma unico.

Ognuno di noi, insegna Giovanni Paolo II, vive una vita strutturata come un dramma. Perché? Perché ognuno di noi vive, ogni giorno, nel ‘gap’, cioè nel ‘solco’ tra la persona che si è e quella che si dovrebbe essere. E’ una situazione drammatica. Colmare questo solco – diventando sempre più la persona che si dovrebbe essere – è il dramma della vita quotidiana.

Chi di voi ha visitato Londra sa che, nella metropolitana, ci sono dei segni continui che ammoniscono i passeggeri a “Fare attenzione al ‘gap’!” – lo spazio tra la vettura della metropolitana e il bordo della banchina. Come ho detto recentemente ad un gruppo di sacerdoti a Londra, “Fare attenzione al ‘gap’!” è la storia di tutta la nostra vita, non solo di quella che si svolge in metropolitana.

Non basta semplicemente “fare attenzione” al ‘gap’; cooperando con la grazia divina, dobbiamo colmare il ‘gap’ tra ciò che siamo oggi e chi dovremmo essere davvero. Questo significa crescere come esseri umani. Questo significa diventare adulti – e poi continuare a crescere.

Questa profonda convinzione sul dramma di ogni vita umana è ciò che ha permesso a Giovanni Paolo II di dire a Fatima il 13 maggio 1982 – un anno dopo il suo attentato in Piazza San Pietro – “non ci sono semplici coincidenze nei disegni della divina Provvidenza”.

Niente è una semplice coincidenza. Ogni cosa ha una sua importanza. Nella drammatica comprensione della nostra vita da parte di Giovanni Paolo II, ogni persona che incontriamo, ogni situazione in cui ci troviamo è un incontro o una scena nel dramma della vita: il grande teatro cosmico in cui la nostra vita si sta svolgendo, e il dramma unico che è ognuno di noi.

La seconda lezione che possiamo imparare da Giovanni Paolo II, quindi, è quella di “fare attenzione al ‘gap’”, a vivere la nostra vita in maniera piena e intensa, perché ognuno di noi è capace, con l’aiuto della grazia, di grandezza spirituale e morale. Ognuno di voi, della classe del 2004, è capace di grandezza spirituale e morale.

Alcu
ni di voi faranno cose grandi, in base al concetto attuale di “grandezza”. Tutti voi, però siete capaci di una grandezza nel più nobile, nel senso più profondamente umano del termine: potete essere una persona che ha le convinzioni morali, gli obiettivi e la bontà per i quali siete stati creati – la persone che dovete essere, se volete realizzare il vostro destino umano e cristiano.

Lasciatemi aggiungere che c’è una profonda lezione per i membri di questa classe nell’età di Giovanni Paolo II e nelle sue condizioni fisiche degli ultimi anni.

Può sembrare singolare. Voi siete giovani; il Papa no. Voi siete vigorosi; il Papa, che una volta è stato un grande sportivo – un audace sciatore, un uomo che poteva camminare per ore, che andava in kayak e giocava a hockey – ora guida la Chiesa da una sedia a rotelle. Il Papa ‘cura’ spesso le sue infermità con la medicina del buonumore.

Pochi mesi dopo aver subito l’intervento all’anca, che non è del tutto riuscito, gli ho chiesto: “Santo Padre, come si sente?”. “Dal collo in giù non tanto bene”, mi ha risposto. Non è solo la sua capacità di scherzare sulle sue difficoltà che deve far lodare a voi, che siete giovani, il Pontefice, che non lo è più.

In una cultura che ci spinge a pensare che le persone devono essere gettate via quando diventano un fardello o creano problemi, Giovanni Paolo II ci insegna – non solo a parole, ma con un potente esempio – che non esiste gente “usa e getta”. Gli esseri umani non solo problemi da risolvere – o, nel caso di una gravidanza non desiderata o di un anziano che è gravoso accudire, problemi da risolvere con l’aborto o l’eutanasia.

Ogni vita umana è importante. Ogni vita umana ha una dignità radicata e inestinguibile. Ogni vita umana ha un valore infinito. E’ questo che Giovanni Paolo II ci insegna quando cammina faticosamente sulle orme di Gesù e di San Paolo, in Terra Santa, a Damasco, in Grecia. E’ questa la verità che incarna quando ricambia gli insulti con l’affetto, quando agisce credendo che anche coloro che sono pieni di odio possano diventare persone degne.

Non esiste gente “ordinaria”: questa è la terza grande lezione che si può essere ricavata dalla vita di Giovanni Paolo II. Voi non avete mai incontrato, giocato, studiato o discusso con un “puro mortale”, come ci ricorda C.S. Lewis. Chiunque abbiate incontrato nella vostra vita – e lo stesso vale per tutte le persone che incontrerete in futuro – ha una dignità oltre misura. Tutte le persone che incontrerete hanno un destino eterno.

Vivere questa verità vuol dire vivere la vita nella sua parte più profondamente umana. Vivere questa verità vuol dir vivere la vita come l’avventura che Dio ha inteso fin dall’inizio. Vivere questa verità vuol dire diventare il tipo di persona che può essere felice vivendo con Dio per sempre.

Questo è il tipo di amore per il quale vi ha preparato l’Università Francescana di Steubenville. Questo è lo scopo della più alta educazione: la preparazione di uomini e donne vocazionalmente seri, per i quali la fede e la ragione si uniscono in una convinzione di fondo – che ogni vita umana è, per definizione, straordinaria. Questa è la convinzione sulla quale questo college può e deve costruire il proprio futuro.

Vivendo questa convinzione attraverso la preparazione di uomini e donne la cui competenza è esaltata dal loro carattere, i college e le università cattoliche degli Stati Uniti offrono un servizio pubblico fondamentale. La nostra libertà, infatti, dipende, in ultima analisi, dal contenuto del nostro carattere come popolo.

Solo un popolo di carattere sarà capace di capire che la libertà non è una questione di fare ciò che si vuole, ma di avere il diritto di fare cosa si dovrebbe fare.

Solo un popolo di carattere sarà capace di costruire una comunità al di là delle diversità.

Solo un popolo di carattere saprà come spiegare l’esplosione di conoscenza nelle scienze, di modo che le biotecnologie del futuro abbiano scopi curativi e non ci portino in un nuovo mondo in cui l’umanità viene inibita.

Solo un popolo di carattere sarà capace di difendere la libertà nel mondo tutelando i diritti umani di tutti, soprattutto il diritto alla libertà religiosa.

Preparando questo tipo di cittadini, i college e le università cattolici difendono oggi la verità che Thomas Jefferson ha iscritto nel certificato di nascita dell’indipendenza americana: il fatto che la nostra libertà riposa su evidenti verità morali relative agli esseri umani, alle nostre origini e al nostro destino.

Congratulazioni per la vostra laurea. Permettetemi un ultimo suggerimento: prendetevi un istante, in questo giorno felice, per ringraziare coloro che vi hanno portato a questo momento di gioia e di transizione – i vostri genitori e i vostri nonni, i vostri insegnanti, gli amministratori di questo college. Ringraziandoli, fate una tacita promessa a voi stessi, che sarete generosi con gli altri come questi uomini e queste donne sono stati con voi.

Nel futuro tornate ogni tanto indietro con il pensiero, pensando a cosa ha significato per voi esservi laureati in un momento in cui un gigante cristiano – Giovanni Paolo II – camminava su questa terra. Imparate da lui la verità che ha predicato: che ognuno di voi, con l’aiuto della grazia di Dio in Cristo, è una persona straordinaria con un destino più grande di quanto si possa immaginare.

Che Dio vi protegga nel vostro viaggio.

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ZENIT Staff

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