CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 14 giugno 2004 (ZENIT.org).- Sabato scorso l’arcivescovo John P. Foley, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, è intervenuto, presso la Casa Generalizia dei “Christian Brothers” a Roma, in una riunione delle comunità religiose che collaborano con la “Peace Communications Network”.

Nel suo discorso l’arcivescovo ha dapprima ricordato il motto di Papa Pio XII, “Opus justitiae pax”, sottolineando che la giustizia può essere concepita in due modi: teologico-morale, come una delle virtù cardinali, e dogmatico, come risultato della giustificazione che deriva dalla fede e dal Battesimo.

A livello dogmatico, “la giustificazione che risulta dalla nostra redenzione ad opera di Cristo e dalla nostra fede e dal Battesimo va oltre la nozione di giustizia morale; si estende all’amore, all’amore divino, attraverso l’effusione della grazia nella nostra anima, e all’amore umano, nella nostra risposta alla grazia attraverso azioni piene di grazia nei confronti degli altri”.

“La nostra giustificazione e la nostra giustizia – ha continuato – sono radicate in una serie di comunicazioni divine”.

La nostra comunicazione, ha poi affermato l’arcivescovo, dovrebbe essere come quella di Gesù: “trasparente e rivelatrice di sé”, ma soprattutto “basata sulla comunicazione della verità e dell’amore di Gesù Cristo”.

“Più siamo fedeli a Gesù – ha proseguito -, più riflettiamo il Suo amore di donazione e più efficaci saranno i nostri sforzi per la pace”.

L’arcivescovo ha poi ricordato come l’anno scorso, nel 40° anniversario dell’Enciclica di Giovanni XXIII “Pacem in terris”, Giovanni Paolo II abbia scelto come tema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali “I mezzi di comunicazione sociale al servizio della pace autentica alla luce della ‘Pacem in terris’”.

Giovanni XIII, ha ricordato Foley, aveva individuato i quattro pilastri della pace autentica: verità, giustizia, libertà e amore, oggi più importanti che mai.

“Dobbiamo assicurarci che i nostri mezzi di comunicazione e tutti i media si attengano alla verità – ha infatti affermato l’arcivescovo -. In tal modo essi possono rendere un meraviglioso servizio, altrimenti possono essere usati ‘al servizio di interessi ristretti, nazionali, etici, razziali o di pregiudizi religiosi’”.

Bisogna poi garantire, ha proseguito, “che i mezzi di comunicazione sociale e tutti i media contribuiscano alla giustizia”, così come, se “i media devono servire la libertà”, “devono essere liberi e usare correttamente tale libertà”.

“Il loro stato privilegiato – ha infatti ricordato – obbliga i media a prescindere da preoccupazioni puramente commerciali per servire gli autentici interessi della società”.

Circa l’amore, infine, Giovanni Paolo II ha affermato due anni fa al Santuario della Divina Misericordia, presso Cracovia: “Dove dominano l’odio e la sete di vendetta, dove la guerra porta sofferenza e morte agli innocenti, lì è necessaria la grazia della misericordia per riappacificare i cuori e le menti degli uomini e portare la pace”.

“I mezzi di comunicazione orientati alla pace – ha affermato ancora l’arcivescovo – non devono promuovere la difesa dell’equilibrio e della preponderanza del potere, ma la sovrabbondanza dell’amore”.

“La comunicazione per la pace – come la pace stessa – deve essere basata su verità, giustizia, libertà e amore”, ha infine concluso.