MADRID, mercoledì 31 marzo 2004 (ZENIT.org).- Il cardinal Walter Kasper ha affermato che, negli ultimi anni, l’ecumenismo ha proceduto più lentamente a causa di alcuni problemi di identità delle comunità cristiane che hanno portato al relativismo.

In occasione della sua investitura a dottore “honoris causa” da parte dell’Università Pontificia Comillas di Madrid, avvenuta martedì scorso, il Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha fatto un bilancio della situazione in cui si trova in questo momento l’ecumenismo.

Il cardinale ha iniziato il suo intervento chiedendosi: “Perché ora il movimento ecumenico procede più lentamente?”, e ha trovato la risposta negli “attuali interrogativi sull’identità”.

“La questione dell’identità si pone sia negli individui che nelle culture, nei gruppi etnici e nelle religioni; si pone, infine, all’interno delle Chiese cristiane, in cui un’errata comprensione dell’ecumenismo ha portato, a volte, al relativismo e all’indifferentismo”.

“Intesa in modo corretto, la questione dell’identità è fondamentale e costruttiva per la persona umana, per la Chiesa e anche per il dialogo ecumenico”, ha riconosciuto il cardinale. “Solo delle persone con un’identità definita possono intraprendere un dialogo senza la paura di perdere in esso la loro identità”.

Circa l’ecumenismo con le Chiese orientali, Kasper ha detto che “è evidente che ci sia una grande vicinanza nella fede e nella vita sacramentale, ma abbiamo difficoltà di comprensione a livello di cultura e di mentalità”.

Ha aggiunto che “l’unica questione teologica veramente dibattuta” con la Chiesa ortodossa è quella del primato romano. A questo proposito, ha ricordato come il Papa Giovanni Paolo II, nell’enciclica “Ut unum sint” del 1995, abbia invitato ad iniziare un dialogo fraterno sul futuro esercizio del primato ed ha affermato: “Si tratta di un gesto piuttosto rivoluzionario per un Papa!”.

In seguito ai "cambiamenti politici che si sono verificati nell’Europa Centrale ed Orientale tra il 1989 e il 1990, i rapporti con le Chiese ortodosse sono diventati più difficili”.

“Anche se in futuro affronteremo difficoltà e problemi, ho l’impressione che ci troviamo all’inizio di una fase nuova e promettente”.

Riguardo ai rapporti con le Chiese di tradizione riformista, il cardinale ha riconosciuto che, mentre si cerca di superare le differenze tradizionali, “emergono attualmente nuovi problemi in campo etico”.

“Il mondo protestante e anglicano è profondamente diviso su alcuni problemi etici su cui si dibatte nella nostra cultura occidentale: l’aborto, l’omosessualità, l’eutanasia… Tutto questo genera una nuova divergenza che rende più difficile, e in alcuni casi addirittura impossibile, offrire quella testimonianza comune di cui il mondo ha tanto bisogno”.