Ecco in che cosa ci si è sbagliati negli anni ’60: cardinali sinceri

Russell Shaw sulla Chiesa negli Stati Uniti

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ROMA, venerdì 26 marzo 2004 (ZENIT.org).- Russell Shaw, autore di sedici libri, l’ultimo dei quali, “Vocazione personale: Dio chiama ciascuno per nome”, pubblicato l’anno scorso da Our Sunday Visitor, è stato addetto stampa della conferenza dei vescovi statunitensi dal 1969 al 1987.

Recentemente a Roma per una settimana di conferenze, Shaw ha condiviso con un gruppo di giornalisti vaticani i suoi punti di vista sulla “rilassatezza” di alcuni seminari americani, sulla “non collegialità” del Vaticano e sul futuro del Cattolicesimo negli Stati Uniti.

In quell’occasione la giornalista Delia Gallagher è riuscita ad intervistarlo per ZENIT chiedendogli quali siano le cause alla base dello scandalo degli abusi sessuali:

* * *

“Circa due settimane fa, negli Stati Uniti, ho visto una storia riportata dall’Associated Press e ambientata a Springfield, nel Massachusetts”; ha detto. “Era una di quelle rare storie in cui qualcuno dice inavvertitamente la verità e si pensa ‘Oh mio Dio, è proprio così’”.

“Il vescovo di Springfield ha rassegnato le dimissioni a causa delle accuse di abusi sessuali che gli erano state rivolte e al suo posto, come amministratore, è stato nominato un anziano sacerdote della diocesi”, ha spiegato Shaw.

“Questo monsignore è stato intervistato dalla AP sulla questione degli abusi sessuali e il brav’uomo ha detto: Vede, quando io ero in seminario negli anni ’50 e ’60, la gente non faceva molto caso a questo tipo di cose. Intendo – cito testualmente – ‘era abbastanza risaputo che se un sacerdote decideva di svolgere un po’ di attività sessuale con un ragazzo adolescente, non era poi così sbagliato’”.

“Il giorno dopo la AP ha fatto una sorta di rettifica. I cieli si devono essere aperti sul povero monsignore perché ha dovuto correggersi dicendo: ‘Non volevo dire che fosse giusto!’”.

“Leggendo questa storia, però, mi sono detto: ‘Accidenti, scommetto che gran parte della spiegazione sta proprio in questo’. Era risaputo in alcuni seminari americani e nei circoli del clero che questo tipo di attività andava bene; non era poi così sbagliata”.

Shaw ha proseguito: “A livello di teologia morale, le cose hanno cominciato ad andare male alla fine degli anni ’60, ma il degrado era già iniziato negli anni ’50 e quel tipo di pensiero aveva cominciato ad infiltrarsi nei seminari”.

“A volte, considerando la situazione negli anni ’50, ci si trova di fronte a un quadro contrastante. Alcuni seminari e alcune diocesi erano ancora abbastanza integri a questo riguardo, altri stavano iniziando ad andare male”.

“Apparentemente, quindi, il terreno era già stato preparato ben prima dell’agitazione degli anni ’60, della rivoluzione sessuale, della teologia dissidente e della controversia dell’‘Humanae Vitae’”, ha continuato Shaw.

“Se si inseriscono questi fattori in un contesto pre-esistente in cui c’era almeno rilassatezza in certi seminari relativamente alla questione del celibato e degli obblighi dei sacerdoti, si può vedere in modo abbastanza chiaro il motivo per il quale è accaduto questo disastro”, ha osservato.

Shaw ha criticato la posizione ufficiale dei vescovi statunitensi sullo scandalo degli abusi sessuali e il momento scelto dal Vaticano per affrontare la recente diffusione del rapporto del John Jay College di Giustizia Criminale.

“Non credo che la politica adottata dai vescovi americani nel 2002 sia molto buona”, ha detto. “Penso che abbia degli aspetti decisamente sbagliati e che, se il Vaticano condivide questo punto di vista, come fa apparentemente, allora io e il Vaticano concordiamo nell’avere gravi riserve circa la questione della politica americana relativamente agli abusi sessuali. Questa politica, però, verrà rivista quest’anno e allora ci saranno altre ripercussioni”.

“Considerando questo background, mi è sembrato piuttosto strano che mentre i vescovi americani si stavano preparando a realizzare il nuovo studio sull’incidenza degli abusi sessuali negli Stati Uniti, il Vaticano abbia scelto proprio quel momento per annunciare l’uscita a breve termine di una nuova serie di documenti. Autorità non cattoliche (psichiatri, sociologi e così via) sono fortemente critiche nei confronti della politica adottata dai vescovi americani”.

“In queste questioni, a volte prendo le parti del Vaticano e a volte quelle dei vescovi americani. Questa volta mi schiero con i vescovi”.

“La Chiesa dovrebbe essere fraterna e collegiale, ma, intenzionalmente o meno, questo fatto mi ha colpito come qualcosa di non fraterno e non collegiale”.

“La Chiesa è stata molto ferita da questo scandalo”, ha continuato Shaw. “E’ stata ferita lì (a Roma) e negli Stati Uniti, e i funzionari della Chiesa hanno fatto molti danni. A volte intuisco che lì si pensa: ‘Quei pazzi Americani, ma perché non stanno zitti?’”.

“Ovviamente non è un punto di vista generalizzato, lo so, ma penso che sia diffuso in Vaticano ed è un atteggiamento nei confronti della Chiesa degli Stati Uniti che ha prevalso per molto tempo”.

“Come cattolico laico e preoccupato, sento di avere il diritto e il dovere di parlare e dire ai miei leader: ‘Andiamo, smettetela di beccarvi. Sono in gioco gli interessi della Chiesa’”.

Pur essendo in disaccordo con alcune soluzioni proposte dai vescovi statunitensi, Shaw loda i loro sforzi e la loro trasparenza.

“Tendo a pensare che la trasparenza sia un po’ come la gravidanza: non si può essere un po’ incinta e non si può essere un po’ trasparenti”, ha detto. “Mi piacerebbe vedere i vescovi applicare questa politica di trasparenza al resto della Chiesa, in parte come una strategia di relazioni con i media. Penso anche che sarebbe molto più salutare per i rapporti tra i membri della Chiesa”.

“La segretezza superflua spiega in buona parte perché gli scandali sessuali siano saltati fuori così male com’è stato”.

“Se ci fosse stata meno segretezza superflua su questo problema molti anni fa, non avrebbe mai raggiunto le dimensioni che ha raggiunto”.

Shaw sostiene che alcuni vescovi statunitensi siano stati coinvolti ingiustamente nello scandalo degli abusi sessuali, dato che molti di loro non erano vescovi 20 anni fa, quando molti abusi vennero commessi.

“Mi spingerei addirittura a dire che lo scandalo degli abusi sessuali negli Stati Uniti è in buona parte un prodotto dell’inettitudine e dell’inefficienza di una precedente generazione di vescovi e la generazione attuale non se ne riesce a liberare. E’ stato dato loro l’arduo compito di risolvere i problemi causati da qualcun altro”, ha detto.

“Secondo Shaw, la vera crisi ha avuto luogo negli ultimi 30 e 40 anni nel Cattolicesimo degli Stati Uniti, e lo scandalo degli abusi sessuali è degenerato in una crisi che coinvolge altro oltre ai crimini sessuali dei sacerdoti.

“C’è una questione della quale nessuno sembra parlare; la sollevo di tanto in tanto ed è questa: cosa si dice degli abusi sessuali commessi dal clero negli Stati Uniti che non costituiscono un crimine perché non coinvolgono minori, ma adulti consenzienti? Non è una contravvenzione della legge, è solo un serio peccato.Nessuno ne parla”.

Anche i Cattolici laici, pensa Shaw, hanno la loro parte nella crisi.

“I Cattolici americani – se i sondaggi d’opinione possono essere accettati come veritieri, e penso che su questo argomento possa essere così – da molto tempo hanno abbracciato l’etica sessuale dell’America secolare”, ha detto. “L’‘Humanae Vitae’ viene largamente rifiutata in teoria e in pratica dai Cattolici americani. Il tasso di aborto tra coloro che si dicono Cattolici negli Stati Uniti è abbastanza alto, ecc.”.

“In termini di comport
amento sessuale o di cattiva condotta sessuale, i Cattolici americani assomigliano molto ai loro connazionali non Cattolici e non è un quadro molto edificante”.

Uno degli effetti dello scandalo degli abusi sessuali è stato quello finanziario: le diocesi stanno pagando ingenti somme di denaro alle vittime. Shaw pensa che potrebbe non essere un male.

“Negli Stati Uniti, con il tempo la Chiesa cattolica è diventata troppo assetata di denaro e dei piccoli comfort che il denaro può fornire”, ha affermato.

“Per quanto possa sembrare duro, direi che anche se sono molto, molto rattristato dal fatto che nel regolamento dei casi di abusi sessuali tanto denaro sia finito nelle tasche degli avvocati, ma nel complesso non mi dispiace affatto che questo denaro venga dato via. Penso che a lungo termine sarà un bene per la Chiesa averne un po’ di meno o forse molto meno a disposizione”.

Alla metà di Giugno, i vescovi statunitensi si riuniranno a Denver, nel Colorado, per un’assemblea speciale che si tiene ogni pochi anni, per considerare, in una discussione a porte chiuse, un piano per affrontare l’attuale grande crisi del Cattolicesimo americano.

Shaw ha delineato tre decisioni che i vescovi potranno prendere:

1. Richiedere il permesso del Papa per un nuovo concilio plenario negli Stati Uniti.

“L’ultimo concilio plenario ha avuto luogo alla fine del 1800, credo nel 1873”, ha detto Shaw. “Questo sarebbe il quarto concilio plenario e i vescovi che sostengono la proposta hanno suggerito un’agenda molto fitta che affronta i temi della moralità sessuale applicati ai sacerdoti e ai Cattolici in generale e l’autentica ricezione del Concilio Vaticano II, qualcosa che non ci siamo ancora preoccupati di fare negli Stati Uniti”.

2. Cercare l’autorizzazione papale per un sinodo regionale dei vescovi, che avrebbe probabilmente luogo a Roma sotto la presidenza del Papa.

“Il vantaggio di un sinodo regionale dei vescovi”, ha commentato Shaw, “sta nel fatto che gli unici partecipanti sarebbero vescovi. Sarebbe un incontro ristretto, controllato. Il concilio plenario, secondo le clausole canoniche che ho letto, potrebbe coinvolgere 2.000 persone, che è un numero spaventosamente grande se si vuole realizzare un incontro produttivo e coerente”.

3. Passare l’intera faccenda alle non specificate nuove iniziative da parte della Conferenza Episcopale.

“Anche se ho lavorato per la Conferenza dei vescovi come addetto stampa per 18 anni e sono perfettamente consapevole del bisogno e dell’importanza delle conferenze dei vescovi oggi nella Chiesa, tra le tre opzioni è quella sulla quale sarei meno d’accordo; anzi, sarei contrario”, ha detto Shaw.

“La ragione è piuttosto semplice: si passerebbe la questione ad una rete lenta e complessa di comitati e ad un gruppo di persone che sono sicuramente competenti e molto impegnate nella Chiesa, ma che hanno le loro agende personali e il loro modo di fare le cose. Non penso che sia il modo di ottenere il tipo di azione nuova e dinamica che i vescovi stanno cercando”.

Le proposte del meeting di Denver verranno sottoposte a voto a Novembre all’annuale incontro dei vescovi a Washington, D.C.

“Alla fine di questo calendario potremo sapere bene cosa farà la gerarchia americana riguardo a questa crisi”, ha detto Shaw. “Sapremo se è il caso di uscire a ballare per strada o di indossare il saio e cospargerci il capo di cenere”.

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ZENIT Staff

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