Papa Francesco pastore nel “Bañado Norte”, la favela di Asunción

Il Pontefice fa visita alla popolazione del poverissimo quartiere della capitale, che incoraggia ad una “fede solidale” e a non far vincere il diavolo “che vuole che litighiate fra di voi”

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Era uno degli appuntamenti più attesi della tappa in Paraguay, la visita del Pontefice di oggi al “Bañado Norte”, favela di Asunción estesa lungo il fiume come un presepe decadente, povero e acquitrinoso. I paraguayani chiamano “Bañados” i conglomerati urbani sorti nei terreni adiacenti il fiume, in passato erano ‘bagnati’ dalle esondazioni. 

In questi quartieri, disagiati e “scartati”, da qualche anno sono in corso movimenti di solidarietà e fratellanza di notevole spessore. In particolare il Bañado Norte conta diversi progetti di assistenza da parte di Chiesa e Stato. Cuore pulsante dell’intero quartiere è poi la locale parrocchia della Sagrada Familia, ramificata in circa 13 cappelline distribuite sul territorio. Davanti ad una di queste, la Cappella di San Juan Bautista, affacciata su un campo sportivo in terra, si ferma la Fiat del Pontefice che viene accolto dal parroco, padre Ireneo Valdez, e dal provinciale dei Gesuiti che presentano la comunità. 

Sono circa 2000 le persone accorse per salutare il Successore di Pietro, tra queste gli alunni dalle scuole di Caacuperní e di Santa Cruz “Fe y Alegría”, che, insieme, agli abitanti delle diverse baraccopoli, rendono omaggio al Papa con canti, cori e applausi. A prendere per primo la parola è padre Valdez che, con commozione, saluta Francesco dicendo: “Santità… Qui c’è il tuo popolo… Ti sentiamo come padre, fratello, compagno, uno di noi”. “Ti sentiamo fratello della donna campesina, del pescatore, del muratore, del falegname, degli sfollati”, aggiunge il sacerdote, “ti sentiamo fratello di chi non riesce a vivere umanamente. Ti sentiamo fratello del bañadense. Santità questa è la tua casa…”.

Seguono due forti testimonianze. La prima è la señora Angélica Viveros, della parrocchia di San Felipe y Santiago che spiega al “Papa amico dei poveri” che “per noi, essere chiesa significa sentire e toccare carne dolente di Gesù nel povero che vive escluso, nel bambino o bambina per strada, nel padre di famiglia senza lavoro, nelle donne vittime di violenza, nei giovani senza orizzonti per la mancanza di opportunità di studio e lavoro, nelle donne malate gravi che non possono pagarsi cure mediche troppo costose…”.

Uno scenario drammatico. A mettere il carico è subito dopo la testimonianza di María García, coordinatrice delle “Organizzazioni dei Bañados’ di Asunción, che denuncia duramente uno Stato che “non si è mai occupato di noi e che ora non ci vede di buon occhio”. “Noi non siamo visti come soggetti di diritti – dice la donna – ma responsabili per loro, come ci dicono spesso, di ‘un passivo sociale’. Un problema da risolvere. Per lo stato, siamo noi stessi il problema, la nostra esistenza”.

Il Santo Padre ascolta con attenzione, guardando negli occhi le due donne. Poi, chetati gli applausi, si alza ed esprime la “grande gioia” per la sua visita in questa periferia geografica ed esistenziale. “Non potevo trovarmi in Paraguay senza venire da voi, senza stare in questa vostra sub-terra”, afferma.

Incentra poi tutto il suo discorso sulla Sagra Famiglia, a cui è intitolata la parrocchia: “Vi confesso che mentre venivo camminando, anzi da quando ho cominciato a fare questa visita, a preparare il viaggio da Roma, tutto mi faceva ricordare la Sacra Famiglia. Vedere i vostri volti, i vostri figli, i vostri nonni. Ascoltare le vostre storie e tutto quello che avete realizzato per stare qui, tutte le lotte che avete fatto per avere una vita degna, un tetto… Tutto quello che fate per superare l’inclemenza del tempo, le inondazioni di queste ultime settimane, tutto mi riporta alla memoria la piccola famiglia di Betlemme”.

Una lotta continua che tuttavia “non vi ha rubato il sorriso, la gioia, la speranza. Un darsi da fare che non vi ha tolto la solidarietà, al contrario, l’ha stimolata, l’ha fatta crescere”, riconosce il Pontefice. Rievoca ancora l’esperienza di Maria e Giuseppe, costretti a “lasciare la propria terra, i propri cari, i propri amici” e andare in un’altra terra “in cui non conoscevano nessuno, non avevano casa, né famiglia”. Eppure, proprio in quel momento di difficoltà, in una grotta preparata di fretta, “quella giovane coppia ebbe Gesù”.

Apparvero improvvisamente dei pastori, “persone come loro che avevano dovuto lasciare la propria realtà allo scopo di trovare migliori opportunità familiari. La loro vita era legata alle inclemenze del tempo e di ‘altro genere’”, spiega il Papa. “Quando si resero conto della nascita di Gesù, si avvicinarono, si fecero prossimi, vicini. Diventarono subito la famiglia di Maria e Giuseppe: la famiglia di Gesù”.

È ciò che accade quando Gesù appare nella nostra vita: Egli suscita una fede che “ci fa prossimi della vita degli altri”. “La fede suscita il nostro impegno, la fede suscita la nostra solidarietà”, afferma Bergoglio, concentrandosi su questa parola-chiave della “solidarietà”, “una virtù umana e cristiana che voi avete e che molti devono, anzi dobbiamo, imparare”.

“Una fede che non si fa solidarietà, è una fede morta, una fede menzognera”, aggiunge a braccio, “‘Ah, io sono molto cattolico… vado a Messa’. ‘Ma dica signora cosa succede lì a Bañado?’. ‘Non lo so, ci sono persone lì….’. Beh, afferma il Santo Padre, “per quante Messe potete prendere ogni giorno, se non sapete cosa succede nel vostro popolo la fede è debole, si ammala e poi muore”. “È una fede senza Cristo, una fede senza Dio, una fede senza fratelli”, ribadisce. Non è sicuramente la fede di Gesù, il quale “scelse di vivere tra di noi” e “non ha avuto nessuno problema nell’abbassarsi fino a morire per ognuno di noi, proprio per questa solidarietà di fratello, che nasce dall’amore”.

Come i pastori a Bethlemme, anche il Papa è dunque venuto a Bañado Norte per farsi “prossimo”: “Voglio benedire la vostra fede, benedire le vostre mani, benedire la vostra comunità. Sono venuto a rendere grazie con voi, perché la fede si è fatta speranza ed è speranza che stimola l’amore”.

Di qui l’incoraggiamento a continuare ad “essere missionari” e “contagiare questa fede per queste strade, per questi sentieri”, stando vicini specialmente a giovani, anziani, famiglie che attraversano attimi di sofferenza. “Forse il messaggio più forte che voi potete trasmettere fuori è questa fede solidale”, soggiunge a braccio, perché “il diavolo vuole che voi litighiate fra di voi, così vi sconfigge, vi distrugge, e vi ruba la fede”.

La raccomandazione del Pontefice è pertanto “solidarietà tra fratelli per difendere la fede”, affinché “questa sia un messaggio per tutta la città”. Insieme, l’auspicio “che la Sacra Famiglia ci regali dei ‘pastori’, dei sacerdoti e vescovi, capaci di accompagnare, di sostenere e di stimolare la vita delle vostre famiglie., capaci di far crescere questa fede solidale che non è mai offensiva”. “Andate avanti”, conclude il Vescovo di Roma, “che il diavolo non vi divida”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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