Potremmo forse tracciare e ripercorrere un ideale “filo conduttore” mariano che, attraverso lo scorrere dei giorni, ci ha accompagnati, anche in questo mese di settembre.

Nel cuore dell’estate -in concomitanza con le “Feriae Augustae”, introdotte dall’imperatore Augusto nel 18 a. C., ma precedute da antichi riti pagani, celebrativi dei raccolti e della chiusura dei lavori agricoli- la Chiesa, come ogni anno, ci ha invitati a elevare il cuore e la mente alla contemplazione dell’Assunta, perché dalle facili ed effimere illusioni del mondo fossimo ricondotti, ancora una volta, a considerare il nostro destino, in vista di quei beni eterni e duraturi che ci ha meritati il Signore.

Alla patria del Cielo, però, si accede solo per la via angusta della Croce, passaggio obbligato per chi desidera approdare alla beatitudine promessa da Cristo. Proprio nei tratti più sofferti e impegnativi del cammino incontriamo Maria, la “Donna”, la “Madre”, totalmente assimilata all’offerta del Figlio e, al tempo stesso, solidale in tutto con la nostra condizione di “viatores”. Pellegrina nella storia, come noi, sollecita del nostro autentico bene, Ella ci è vicina in ogni circostanza della vita; ma soprattutto nella prova percepiamo, in misura rilevante, la sua consolante presenza. Dalla Croce Maria Santissima ha ricevuto il mandato di ospitarci dentro l’orizzonte dei suoi affetti più cari, in quello spazio interiore che, di per sé, sarebbe gelosamente destinato soltanto a Gesù; ma che, per volontà di Gesù stesso, avrebbe ricevuto anche noi, figli nel Figlio”, amati come fratelli dell’Unigenito e affidati ala custodia della Vergine.

Settembre -che festeggia la Natività di Maria e ne esalta il dolcissimo Nome- nel breve volgere di una manciata di giorni svela la vera vocazione e il senso sacrificale della missione di quella “Donna”, santa, immacolata, capolavoro della Grazia, chiamata a condividere l’amaro e glorioso destino del Figlio, per partecipare pienamente, in singolare misura, al mistero della nostra Salvezza. Il disegno provvidente del Padre la coinvolge nella logica di un Amore che, senza calcoli e senza esitazioni, la associa all’offerta del Cristo, quale con-vittima di espiazione e di riparazione per il peccato dell’Uomo. Ella stessa chiederà, nelle sue frequenti “comparse”, sullo scenario della Storia, ad anime generose (ai piccoli e agli umili a cui, di epoca in epoca, volgerà la sua attenzione e la sua parola) di unirsi a Lei, nella sua irrevocabile “scelta di campo” per il Bene.

Settembre sembra specificare, con il suo riferimento a uno di questi particolari eventi di Grazia -accaduto a La Salette- la viva compassione di Maria dinanzi alla miseria di una umanità peccatrice, a cui Ella indirizza ancora una volta l’invito evangelico alla conversione, al sincero ritorno alla pratica di una fede ormai disattesa e trascurata. Le lacrime versate in quell’unica apparizione -nel lontano 1846- e la tristezza della Vergine attestano la sua perpetua vicinanza al cuore dei suoi figli, maternamente e vivamente esortati a riprendere la via impegnativa della sequela di Cristo.

Settembre ci ha donato anche la memoria di Santa Maria della Mercede, ispiratrice dei Mercedari, la cui esistenza si deve all’opera di San Pietro Nolasco (1180-1245). L’Ordine sorse per la liberazione dei Cristiani, resi schiavi dai Mori, in seguito ai sanguinosi conflitti di quel tempo. Fu la Vergine stessa, in una esperienza mistica, a suggerire a San Pietro la fondazione della nuova famiglia religiosa, dedita alle opere di misericordia e, in particolare, al riscatto appunto dei prigionieri, a costo della propria stessa vita. Questo particolare “accento” conferma la matrice “mariana” di una impresa che riconsegnò alla libertà migliaia di schiavi e generò una vasta schiera di martiri tra le file dei Religiosi Mercedari, che spesso offrivano se stessi ai Musulmani per sostituirsi a un fratello prigioniero e ottenerne così la libertà. Le contingenze storiche e sociali mutano, ma inalterato rimane l’invito a prodigarsi, con ogni mezzo, a costo di qualunque sacrificio, per salvare i nostri fratelli dalla schiavitù del male, che si propone in forme sempre diverse, materiali e spirituali, oggi ancora più temibili rispetto al passato. A Fatima, molti secoli dopo, con un linguaggio comprensibile e adeguato ai tempi moderni, la Madonna avrebbe riproposto a tre Pastorelli il medesimo messaggio di offerta, di riparazione, di immolazione per la pace del mondo e per la salvezza eterna delle anime.   

Non possiamo concludere queste rapide note senza un riferimento esplicito anche a San Pio da Pietrelcina -la cui memoria liturgica è ricorsa il 23 del mese- crocifisso vivente e sorprendente immagine della Passione di Cristo. Devotissimo e tenerissimo figlio della Vergine, da Lei apprese l’arte del sacrificio, la necessità della preghiera incessante, la dimensione eucaristica della vita, la scuola difficile del rinnegamento di sé e un amore incondizionato a Dio e alla sua Chiesa.

Il Rosario fu per lui l’irrinunciabile arma quotidiana, il sostegno insostituibile e decisivo in mezzo alle traversie della vita, luce e speranza per migliaia e migliaia di “figli spirituali”. Come si sa, il testamento di quel frate stigmatizzato, che calamitò su di sé l’interesse del mondo, si riassunse in un accorato invito, che vogliamo far nostro: “Amate la Madonna e fatela amare”.    

La lezione dei Santi, buoni e attenti discepoli di Cristo e di Maria Santissima, costituisce per tutti un patrimonio inesauribile di fecondità, nel quale “la Madre” non si stanca di edificarci con il suo esempio e di ottenerci la Grazia di una vera conversione del cuore.  

Padre Mario Piatti icms è direttore del mensile “Maria di Fatima”