La Chiesa è “per sua natura missionaria” e la vocazione cristiana “non può che nascere all’interno di un’esperienza di missione”. Lo sottolinea papa Francesco nel Messaggio per la 52° Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, diffuso oggi, in cui il Santo Padre invoca lo Spirito Santo perché susciti in noi “il desiderio e il coraggio gioioso di offrire la nostra vita e di spenderla per la causa del Regno di Dio”.

La riflessione del Pontefice parte dal libro dell’Esodo, ovvero dagli “inizi della meravigliosa storia d’amore tra Dio e il popolo dei suoi figli, una storia che passa attraverso i giorni drammatici della schiavitù in Egitto, la chiamata di Mosè, la liberazione e il cammino verso la terra promessa”.

Alla base di tutto c’è il passaggio “dalla schiavitù dell’uomo vecchio alla vita nuova in Cristo”, che implica “lasciare sé stessi, uscire dalla comodità e rigidità del proprio io per centrare la nostra vita in Gesù Cristo”.

Come Abramo, i cristiani di oggi sono chiamati ad “abbandonare come Abramo la propria terra mettendosi in cammino con fiducia, sapendo che Dio indicherà la strada verso la nuova terra”.

Non si tratta, ha precisato il Papa, di un “disprezzo della propria vita, del proprio sentire, della propria umanità” ma, al contrario, di mettersi “in cammino alla sequela del Cristo” e in ascolto della sua “chiamata d’amore che attrae e rimanda oltre sé stessi” per andare “alla scoperta di Dio” (cfr. Deus caritas est, 6).

La chiamata di Gesù segna il passaggio “dalla morte alla vita così come celebriamo in tutta la liturgia”, la liberazione da “ogni forma di schiavitù”, il superamento dell’“abitudine” e dell’“indifferenza”, nonché dalla “falsa stabilità” per “metterci in cammino verso Gesù Cristo, termine primo e ultimo della nostra vita e della nostra felicità”.

Anche la Chiesa riceve la sua chiamata ad annunciare “la parola liberante del Vangelo”, per curare “con la grazia di Dio le ferite delle anime e dei corpi, solleva i poveri e i bisognosi”.

L’ascolto e l’accoglienza della chiamata del Signore “non è una questione privata e intimista che possa confondersi con l’emozione del momento” bensì “un impegno concreto, reale e totale che abbraccia la nostra esistenza e la pone al servizio della costruzione del Regno di Dio sulla terra”, che si sostanzia in modo particolare nell’“impegno solidale a favore della liberazione dei fratelli, soprattutto dei più poveri”, afferma il Santo Padre.

Un’esortazione particolare, papa Francesco la rivolge ai giovani che, “per la loro età e per la visione del futuro che si spalanca davanti ai loro occhi, sanno essere disponibili e generosi”. Ai giovani, il Pontefice ha chiesto di mettersi in cammino, vincendo tutte le paure legate alle “preoccupazioni per il futuro” e all’“incertezza che intacca la quotidianità rischiano di paralizzare questi loro slanci, di frenare i loro sogni”.

Il Messaggio si conclude con l’invocazione a Maria, colei che “ha cantato la gioia di uscire da sé stessa e affidare a Dio i suoi progetti di vita”, perché ci renda “pienamente disponibili al disegno che Dio ha su ciascuno di noi”, e perché “cresca in noi il desiderio di uscire e di andare, con sollecitudine, verso gli altri”.