Vietnam: nuova ondata repressiva

Torna in carcere padre Nguyen Van Ly, rilasciato nel 2010 per motivi di salute

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di Paul De Maeyer

ROMA, domenica, 28 agosto 2011 (ZENIT.org).- Il Vietnam continua ad usare il pugno duro contro chi critica il regime e il partito unico. Come riferito dalle fonti, fra cui il sito Églises d’Asie (19 agosto), l’ultima ondata repressiva non ha risparmiato le Chiese. La polizia ha arrestato infatti nelle ultime settimane una quarantina di persone, tra cui due giovani protestanti e una decina di giovani cattolici. Questi ultimi sono quasi tutti originari della Diocesi di Vinh, una delle più attive del Paese.

Dalla Diocesi di Thanh Hoa proviene invece il più famoso dei giovani cattolici finiti in manette. Si tratta di Paul Lé Van Son, discendente del sacerdote Paul Lé Bao Tinh, uno dei 117 martiri del Vietnam. Noto soprattutto come blogger e autore di numerosi articoli pubblicati sul sito dei padri redentoristi, Son è anche molto attivo nell’associazione Doanh Tri Cong Giao, il Movimento degli intellettuali e degli imprenditori cattolici promosso dal fu Cardinale Arcivescovo di Hanoi Paul Joseph Pham Dinh Tung. Son, che vive ad Hanoi ed è stato arrestato dalla polizia il 3 agosto, è detenuto secondo informazioni non ufficiali raccolte da Églises d’Asie (26 agosto) nel campo di prigionia provvisorio B 14, che dipende dalla città di Hanoi.

L’ondata di arresti di giovani cattolici è iniziata il 30 luglio scorso, quando la Sicurezza pubblica ha fermato all’aeroporto di Ho Chi Minh City (ex Saigon) tre giovani della Diocesi di Vinh che ritornavano da una vacanza in Thailandia. Due di loro – Pierre Ho Duc Hoa e François-Xavier Dang Xuan Dieu – sono membri del già menzionato Movimento degli intellettuali e degli imprenditori cattolici. Dieu è inoltre attivo nel movimento Giovanni Paolo II per la difesa della vita. Il terzo arrestato è l’ingegnere Jean-Baptiste Nguyen Van Oai.

Gli ultimi arresti (fino ad ora) risalgono invece al 18 agosto, quando sono stati fermati due giovani protestanti, la studentessa Do Thi Luong e lo studente Hung Anh. Entrambi avevano partecipato a un corso di introduzione alle scienze della comunicazione della Chiesa nel giugno scorso. Due giorni prima, il 16 agosto, la polizia ha arrestato a Ho Chi Minh City un altro giovane cattolico originario di Vinh, Paul Ho Van Hoan, quando era in visita da amici. Due agenti, di cui uno in borghese, hanno invitato il giovane ad accompagnarli alla più vicina stazione di polizia per una “sessione di lavoro” (Églises d’Asie, 19 agosto). Da allora non si hanno più notizie di lui.

Un velo di segretezza ha coperto le operazioni della polizia, che solo di recente ha rotto il suo silenzio e ha fornito le prime spiegazioni. Come riferito da Églises d’Asie (26 agosto), cinque dei giovani cattolici finiti in manette, tra cui il trio fermato il 30 luglio a Ho Chi Minh City, sono accusati di partecipare ad attività che mirano a rovesciare il regime socialista e di appartenere al movimento oppositore Viet Tan, un’accusa respinta dal segretario generale del partito con sede negli Stati Uniti, Ly Thai Hung. Il movimento è stato messo al bando da Hanoi, che lo considera persino un “gruppo terrorista”  (AsiaNews, 16 agosto). Tre altri giovani – Pierre Tran Huu Duc, Antoine Dau Van Duong e Chu Manh Son, arrestati agli inizi di agosto a Vinh – sono attualmente sotto inchiesta per violazione dell’articolo 79 del Codice penale, che sanziona la partecipazione ad attività finalizzate a rovesciare lo Stato.

Emblematica del clima repressivo è la decisione di Hanoi di rispedire in carcere il dissidente e sacerdote sessantacinquenne Thaddée Nguyen Van Ly. L’uomo, che ha passato già 17 anni dietro le sbarre ed è uno dei fondatori del movimento Blocco 8406, che chiede la fine del sistema monopartitico in Vietnam, era stato condannato il 30 marzo del 2007 a 8 anni di carcere, più 5 anni agli arresti domiciliari. Colpito da tre ictus durante la sua ultima prigionia, l’attivista per i diritti umani era stato rilasciato grazie alle pressioni internazionali nel marzo 2010 e posto per un anno agli arresti domiciliari presso la casa di cura per sacerdoti dell’Arcidiocesi di Hue per motivi di salute: soffre di un tumore al cervello ed è costretto a camminare con le stampelle perché rimasto emiplegico.

Nonostante le sue precarie condizioni di salute, padre Ly è stato prelevato dalla polizia il 25 luglio e riportato in ambulanza nel carcere di Ba Sao, nella provincia di Ha Nam. Secondo Églises d’Asie (28 luglio), la decisione delle autorità è stata influenzata da alcune iniziative del sacerdote, fra cui il documento “Prosecution No. 01” – un vero e proprio atto di accusa nei confronti di Hanoi -, che ha inviato nel giugno 2010 alle principali organizzazioni per i diritti umani, fra cui il Consiglio per i Diritti umani ONU a Ginevra, in Svizzera [1].

Che i giovani cattolici siano finiti nel mirino delle autorità non desta sorpresa. Grazie al suo dinamismo, la Chiesa vietnamita è uscita dalle macerie della guerra e dalla pesante repressione che ha caratterizzato gli anni più bui del conflitto. Un esempio della sua vitalità è la Diocesi di Bac Ninh. Come ricorda AsiaNews (18 luglio), l’80% dei luoghi di culto e di preghiera della Diocesi guidata da monsignor Cosma Hoang Van Dat è andato distrutto nei bombardamenti americani, e oggi sono di nuovo 336.

Bac Ninh vanta anche un numero incoraggiante di vocazioni. Nel 1963 la diocesi Disponeva solo di “un sacerdote e mezzo” (uno aveva ricevuto dai comunisti il permesso di celebrare i sacramenti, l’altro invece era un “clandestino”), attualmente sono 57. La Diocesi conta oggi anche 300 suore e religiose. Anche il numero di fedeli è in crescita: sono ormai 125.000, ossia il quadruplo rispetto al 1954, l’anno in cui i comunisti presero il potere nel Nord Vietnam.

Stanno vivendo una rinascita anche varie altre congregazioni religiose, fra cui la Congregazione del Sacro Cuore, fondata nel 1925 dal Vescovo francese Eugène Marie Joseph Allys. Mentre al momento della riunificazione del Vietnam, nel 1975, la congregazione locale con sede a Hue contava appena 15 membri, oggi ha 19 sacerdoti, 59 religiosi, 15 novizi, 21 postulanti e 70 aspiranti. Il 29 luglio scorso, 16 giovani religiosi hanno pronunciato i loro primi voti, mentre altri quattro hanno pronunciato gli ultimi. Si è trattato, come ha dichiarato l’ex superiore della congregazione, padre John Hoan Nguyen Huu Vinh, di un “numero record” (UCA News, 2 agosto). “Ci sono talmente tanti giovani che sono entrati nella congregazione che non abbiamo abbastanza posti per loro”, ha dichiarato il religioso, che ha 88 anni.

Un capitolo a parte sono i redentoristi, la cui provincia costituisce – come sottolinea AsiaNews (13 luglio) – la “comunità religiosa più grande dell’Asia”. La congregazione, che negli ultimi due decenni ha visto il numero di membri aumentare da 179 a 278 (dei quali 168 sacerdoti) e conta 220 postulanti, è molto impegnata nella pastorale giovanile e nel sociale. A Ho Chi Minh City, ha lanciato a fine luglio una serie di incontri sulla dottrina sociale della Chiesa, aperti sia ai leader delle associazioni parrocchiali che ai singoli fedeli. Come ha dichiarato il superiore generale, padre Vincent Pham Trung Thanh, è importante promuovere la “comunione tra i fedeli” e “diffondere gli insegnamenti della Chiesa in ambito sociale” (AsiaNews, 5 agosto).

I rapporti tra i redentoristi e le autorità sono spesso molto tesi. Basta pensare al conflitto attorno alla parrocchia di Thai Ha, a Hanoi, o alla notizia che per la seconda volta in nemmeno un anno i servizi di sicurezza hanno impedito, il 10 luglio scorso, a padre Thanh di lasciare il Paese. Il religioso si è dichiarato del resto “profondamente preoccupato per la situazione in Vietnam, dove ciascuno impotente vede la patria cadere a pezzi nelle mani degli aggressori cinesi, e il Governo è più occupato ad arrestare e punire i patrioti che a combattere per l’integrità nazionale” (AsiaNews, 13 luglio).

I redentoristi seguono infatti con grande preoccupazione il crescente influsso
di Pechino. Secondo l’ex portavoce della congregazione, padre Nguyen Van Khai, che parla di una “invasione cinese”, “i cinesi costringeranno anche la Chiesa vietnamita a seguire il modello di quella cinese. Ci costringeranno a separarci dalla Santa Sede e a rompere la comunione nella Chiesa” (AsiaNews, 26 agosto).

[1] pen.org.au/static/files/assets/c6c8fdfe/Ly_10-prosecution_trans.doc

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ZENIT Staff

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