USA: pena di morte in declino

Nel 2011 il numero di nuove condanne a morte è sceso ad un minimo storico

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di Padre John Flynn, LC

ROMA, lunedì, 23 gennaio 2012 (ZENIT.org) – L’anno scorso, per la prima volta da quando, nel 1976, è stata reintrodotta la pena capitale negli Stati Uniti il numero annuo di nuove condanne a morte è stato inferiore a 100. Lo rivela il Death Penalty Information Center, che ha pubblicato alla conclusione dell’anno il rapporto The Death Penalty in 2011: Year End Report.

Nel 2011, le nuove condanne a morte sono scese infatti a 78, un calo drastico rispetto all’anno record del 1996, quando furono emesse 315 condanne alla pena capitale. Il declino è iniziato alla fine degli anni ’90, quando c’erano in media circa 300 sentenze all’anno. Da allora il numero è sceso costantemente. Anche il numero di esecuzioni è sceso, a 43, cioè tre in meno rispetto all’anno precedente.

Solo 13 Stati hanno effettuato esecuzioni nel 2011, delle quali il 74% nel Sud, riferisce il rapporto. Solo 8 Stati, inoltre, hanno effettuato più di una esecuzione. Come sempre, il Texas è lo Stato con il maggior numero di esecuzioni: 13. Come osserva il rapporto, la cifra rappresenta comunque una diminuzione del 46% rispetto all’anno 2009, quando sono state effettuate 24 esecuzioni, e anche un calo rispetto al 2010, con 17 esecuzioni.

Dal 1976, sul numero complessivo di 1.277 esecuzioni, ben 477 sono state eseguite in Texas, ossia il 37% del totale. Nel 2011, ci sono state però solo otto nuove condanne a morte.

Nel gennaio 2011, l’assemblea legislativa dell’Illinois ha votato a favore dell’abrogazione della pena di morte, sostituendola con il carcere a vita senza la possibilità di libertà condizionale. Il voto ha trasformato l’Illinois nel quarto Stato in altrettanti anni ad abolire la pena capitale.

Uno dei motivi che ha spinto l’Illinois è stato il costo economico della pena di morte. Una commissione statale aveva scoperto che negli ultimi sette anni 100 milioni di dollari erano stati spesi per assistere contee coinvolte in procedimenti giudiziari per reati capitali.

“L’evidenza presentata a me da ex procuratori e giudici con decenni di esperienza nel sistema di giustizia penale mi ha convinto che è impossibile concepire un sistema che sia coerente, che sia privo di discriminazioni sulla base di razza, geografia o circostanza economica, e che ottenga sempre giustizia”, aveva detto il Governatore, Pat Quinn, firmando la nuova legge.

Attualmente sono 34 gli Stati che mantengono la pena di morte.

Inoltre, il Governatore dell’Oregon, John Kitzhaber, ha sospeso nel novembre scorso un’imminente esecuzione e ha dichiarato che non ci sarebbero ulteriori esecuzioni durante il suo mandato.

Sempre a livello degli Stati, nell’Ohio, il giudice capo della Corte Suprema dello Stato ha convocato una commissione composta da 21 persone per studiare i problemi legati alla pena di morte. Inoltre – rivela il rapporto – un giudice della Corte Suprema della Pennsylvania ha descritto il lavoro appellatorio svolto in molti casi capitali come caratterizzato da “caos e incongruenze” e ha chiesto “una riforma immediata”.

Opinione

Continua a diminuire anche il sostegno alla pena di morte. Secondo il rapporto, un sondaggio annuale Gallup sulla pena di morte ha rivelato che lo scorso anno solo il 61% delle persone intervistate era a favore della pena di morte, il livello più basso degli ultimi decenni.

Il rapporto ha anche osservato che l’applicazione delle sentenze capitali continua ad essere molto arbitraria. Nel 1972, la Corte Suprema fermò il ricorso alla pena di morte perché riteneva che venisse applicata in modo imprevedibile ed arbitrario.

In seguito alle modifiche apportate alle leggi in alcuni Stati, la Corte Suprema ha riammesso l’uso della pena di morte nel 1976. Ciononostante, le sentenze capitali continuano ad essere applicate in maniera molto incoerente secondo il Death Penalty Information Center.

A rafforzare quest’accusa è una ricerca condotta di recente dal professor John Donohue della Stanford Law School, che ha analizzato le sentenze capitali emesse dal 1973 al 2007 nello Stato del Connecticut.

Secondo Donohue – come riferisce il riassunto dei risultati della sua ricerca reso pubblico il 12 gennaio scorso dal Death Penalty Information Center – “la gestione da parte dello Stato dei casi eleggibili per la pena di morte rappresenta una politica caotica e malsana nel campo della giustizia penale, che non serve né la deterrenza né il castigo”.

Donohue ha rilevato che a definire il sistema della punizione capitale nello Stato sono “arbitrarietà e discriminazione”.

Secondo lo studio, non vi è alcuna differenza significativa tra gli omicidi eleggibili per la pena di morte in cui i pubblici ministeri perseguono la pena di morte e quelli in cui non lo fanno.

Anche fattori razziali influiscono pesantemente sulla probabilità di ricevere una condanna a morte. Imputati che appartengono ad una minoranza razziale che commettono omicidi di vittime bianche eleggibili per la pena di morte  rischiano sei volte di più di ricevere una condanna a morte rispetto a imputati appartenenti a minoranze che commettono omicidi di vittime appartenenti a minoranze, ha scoperto Donohue.

Tutto lascia pensare che nel 2012 continuerà la tendenza di allontanarsi dalla pena di morte. Lunedì 16 gennaio, il Death Penalty Information Center ha riferito che il Senato della Pennsylvania ha approvato di recente una risoluzione per avviare uno studio sulla pena di morte. Il rapporto toccherà questioni come la correttezza, l’uguaglianza ed i costi della pena capitale.

Da quando nel 1978 la Pennsylvania ha ripristinato la pena di morte solo tre persone sono state giustiziate ma ci sono più di 200 detenuti nei bracci della morte.

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ZENIT Staff

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