Statue of Saint Anthony Mary Claret - Procession of the Parish and the College Claret of Sevilla.

Rafael Castellano

Sant'Antonio Maria Claret: apostolo dell'integrità del clero e delle famiglie

Padre Vattamattan CMF, nuovo Superiore Generale dei Clarettiani, parla del fondatore della sua Congregazione, devoto al Cuore Immacolato di Maria

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“Modesto nell’apparenza, ma capacissimo d’imporre rispetto anche ai grandi della terra”. Così Pio XII descrisse Antonio Maria Claret nel giorno in cui lo proclamò santo, l’8 maggio 1950. Erano passati 80 anni dalla morte di questo vescovo, il cui nome è tuttora legato a una Congregazione religiosa diffusa in tutti i continenti, quella dei Missionari del Cuore Immacolato di Maria, detti appunto Clarettiani.

Missione che Antonio Maria Claret svolse nel suo Paese, la Spagna, tra le persone più umili della Catalogna e delle Isole Canarie. È tra questi giovani che nacque l’idea della Congregazione. Il cui Capitolo, il 5 settembre, ha eletto un nuovo Superiore Generale, l’indiano padre Mathew Vattamattan CMF. Domani, 24 ottobre, festa di Sant’Antonio Maria Claret, celebrerà una Messa solenne a Roma, nella basilica del Sacro Cuore Immacolato di Maria, affidata ai Clarettiani. ZENIT lo ha intervistato in esclusiva.

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Padre Vattamattam, con quale spirito affronta il compito che le è stato assegnato?

Beh, ho accolto la mia elezione nel Capitolo Generale come inaspettata. Ritengo sia una chiamata a camminare insieme ai miei fratelli, nello spirito del Vangelo, come dimostra oggi papa Francesco con la sua testimonianza di vita e di insegnamento. Siamo chiamati ad essere testimoni e messaggeri della gioia del Vangelo. Tutto ciò che compie la Congregazione è merito del lavoro dello Spirito Santo. Ora ho bisogno di apprendere alla scuola dello Spirito Santo l’arte della leadership.

A conclusione del Capitolo Generale, a settembre, avete incontrato papa Francesco. Cosa l’ha colpita del discorso che vi ha fatto?

È stato un bel momento di affermazione della nostra presenza carismatica nella Chiesa e una sfida ad andare in missione con coraggio. Il Papa ci ha detto tre parole: “Adorare, camminare e accompagnare”. Il suo messaggio ha rafforzato ciò che lo Spirito ci stava suggerendo durante il Capitolo. L’approccio amichevole, senza pretese e gioioso del Papa mi ha fatto sentire che la vita consacrata è veramente vicina al cuore della Chiesa.

Qual è il carisma dei Clarettiani?

Il nostro carisma nella Chiesa è il ministero della parola, attraverso cui comunicare il mistero totale di Cristo per l’umanità. Lo facciamo condividendo le speranze e le gioie, i dolori e le prove della gente, specialmente dei poveri, e tendendo la mano verso tutti coloro che si sforzano di trasformare il mondo secondo la visione evangelica. San Claret ha fatto così bene in Spagna e a Cuba in un momento molto difficile nel 19esimo secolo. Noi cerchiamo di farlo oggi con lo stesso spirito.

A proposito, famoso fu l’impegno di Sant’Antonio Maria Claret contro il concubinato e per la formazione dei sacerdoti nei seminari…

Quando Claret è stato assegnato a Cuba come Arcivescovo di Santiago, ha trovato una società desolante, con una morale assai scarsa, sia tra il popolo sia nel clero. Ha capito che questa situazione derivava da ignoranza e lassismo e che il rimedio erano l’educazione e la missione. Si è sforzato con vari mezzi per ripristinare la credibilità del clero e ristabilire l’integrità delle famiglie. Nella sua lettera a papa Pio IX in data 21 ottobre 1853, Claret riferì circa i frutti di due anni di missioni: 9mila coppie conviventi si erano sposate, 200 coppie separate erano tornate insieme e 40mila bambini erano stati riconosciuti. È stata una magnifica opera di missione. Questi cambiamenti hanno colpito degli interessi acquisiti, per questo Claret ha dovuto pagare con il suo sangue. Tornato in Spagna, si è dedicato con una speciale cura alla formazione dei seminaristi a El Escorial, vicino Madrid.

C’è un legame tra Sant’Antonio Maria Claret e la devozione al Cuore Immacolato di Maria?

Sì, esiste un legame molto forte. Nel 1839 Claret venne in Italia, dove conobbe l’ampia diffusione della devozione a Maria rappresentata con un cuore: Maria come Madre del Divino Amore. Tornato in Spagna, nel 1846, fondò a Vic l’Arciconfraternita del Cuore di Maria, con carattere fortemente apostolico. Trasse ispirazione dalle conversioni che avvengono attraverso l’Arciconfraternita di Santa Maria della Vittoria a Parigi. Non sorprende che decise di chiamare la nostra Congregazione, fondata due anni più tardi, nel 1849, la Congregazione dei Figli del Cuore Immacolato di Maria. Claret vede il cuore come simbolo di profondità, di amore e di carità: “Maria è tutto amore. Dove c’è Maria, c’è l’amore… Il mondo è come una grande famiglia. Ogni famiglia deve avere una testa che dà la direzione e un cuore che dà l’amore… Nel mondo cristiano, la testa è Gesù Cristo e il cuore è la Vergine Maria. Maria è, dunque, il cuore della Chiesa. Da qui provengono tutte le opere di carità”.

Qual è l’attualità del messaggio di Sant’Antonio Maria Claret?

Ho detto ai miei confratelli che il modo migliore per esprimere la nostra gratitudine al fondatore e l’amore per la Congregazione è prendersi cura della propria vocazione clarettiana, nutrirla con i fratelli della comunità, e spendere se stessi con gioia nella missione, con fedeltà creativa al nostro carisma. Li ho anche invitati ad osare di “andare avanti”, in missione verso quelle periferie dell’esistenza umana, dove la nostra presenza è più che mai necessaria oggi.

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Federico Cenci

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