"Restituiamo speranza a giovani che non hanno esperienza di dignità"

Il Papa incontra la Pontificia Commissione per l’America Latina e parla dell’emergenza educativa, della “cultura dello scarto” e di quell’utopia giovanile che si sta trasformando in disincanto

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Sono “l’utopia, la memoria e il discernimento” i tre pilastri su cui si basa la trasmissione della fede, secondo Papa Francesco. La fede, infatti, – ha spiegato il Pontefice ai membri della Pontificia Commissione per l’America Latina, ricevuti stamane in udienza – non è solo un passaggio di conoscenze o l’insegnamento di contenuti. Come una pianta, essa necessita certamente del terreno di base in cui porre il seme, ma soprattutto dell’acqua e delle cure necessarie che ne accompagnino la crescita. Quindi di tutti quei “comportamenti”, quelle “abitudini” e quei “valori”, senza i quali la fede trasmessa resterebbe “superficiale”, “ideologica” e difficilmente avrebbe radici.

Il Papa, abbandonato il discorso preparato, in un lungo discorso a braccio ha indicato allora i tre capisaldi per fortificare la crescita della fede. Il primo, “l’utopia”, che – ha sottolineato – è importante per bambini e giovani, ma che va dosato per evitare che si ripetano casi come quello dell’Argentina, dove “una gestione non del tutto equilibrata dell’utopia” ha portato ragazzi dell’Azione Cattolica ad unirsi alla guerriglia degli anni ‘70.

Tuttavia, al di là degli estremismi, “far crescere l’utopia di un giovane è una ricchezza” – ha affermato Francesco – perché senza di essa un giovane rischia di essere “un vecchio precoce”. L’utopia, poi, “cresce bene se accompagnata da memoria e discernimento”, ha spiegato il Santo Padre: essa “guarda al futuro, la memoria guarda al passato e il presente si discerne”. E “il giovane deve ricevere la memoria e piantare le radici della sua utopia in questa memoria; discernere nel presente la sua utopia, il segno dei tempi”. In tal contesto – ha osservato Bergoglio – “abbiamo bisogno di maestri di discernimento per i giovani”.

Nel mondo di oggi continua, infatti, a farsi presente il “problema” dell’educazione. Quel problema che già Benedetto XVI, nella Lettera alla Diocesi di Roma del 2008, aveva individuato come una “emergenza” per famiglie, scuole e società, causata dalla difficoltà a capire chi educare e a cosa educare. Bergoglio è tornato sulla questione e ha spiegato che la chiave per risolvere il problema “è l’incontro tra generazioni, l’incontro tra giovani e anziani”. Trovare, cioè, un punto in comune in cui far “conoscere il passato” e imparare a “saper leggere il presente”.

Più dell’emergenza educativa, però, per Papa Francesco il vero guaio del mondo moderno è “la cultura dello scarto”, secondo cui “l’economia si è radicata nel mondo” e “al centro, c’è il dio denaro e non la persona umana”. “Tutto quello che non entra in questo ordine, si scarta”, ha osservato il Pontefice con rammarico: “Si scartano i bambini che soffrono, che danno fastidio e che non conviene che vengano”, “si scartano gli anziani” e “in alcuni Paesi dell’America Latina c’è l’eutanasia nascosta”. Esseri umani, creati a immagine e somiglianza di Dio, vengono considerati quindi come “materiali di scarto”. 

In questa cultura dello scarto rientra anche il problema della disoccupazione. Quella giovanile soprattutto, di cui si registra “una percentuale così alta”, ha denunciato il Papa: “Oggigiorno dà fastidio a questo sistema mondiale la quantità di giovani ai quali è necessario dare lavoro. Stiamo tenendo una generazione di giovani che non hanno l’esperienza della dignità!”.

Collocando il giovane tra il “materiale di scarto” – ha evidenziato Papa Bergoglio – succede che egli, senza lavoro e senza ambizione, “anestetizza l’utopia!”. E magari riversa questa frustrazione in dipendenze come la “ludopatia” o nella droga, che “sta distruggendo questa generazione di giovani” e “non è soltanto un problema di vizio”. Succede, quindi, che “l’utopia di un giovane entusiasta, oggi si sta trasformando in disincanto”. E questo non è ammissibile, ha ribadito il Santo Padre.

L’invito ai membri della Pontificia Commissione per l’America Latina è, dunque, a restituire “fede e speranza” a questi giovani disincantati. “La Chiesa – aveva scritto il Papa nel discorso consegnato ma non letto – vuole imitare Gesù nell’accostarsi ai giovani”, seguendo il suo esempio di “dedizione, servizio, amore disinteressato e lotta per la giustizia e la verità”.

“È bello vivere come ha vissuto Gesù”, si legge nel testo del Pontefice, “chi conosce in profondità Gesù non rimane sul divano. Si unisce al suo stile di vita ed arriva ad essere un discepolo missionario del suo Vangelo, dando gioiosa testimonianza della sua fede, non risparmiando sacrifici”. I giovani, è l’auspicio del Papa, “ascoltino la Parola di Gesù, ascoltino che Cristo non è un personaggio di una novella, ma una persona viva”. “I giovani – si legge infine del documento – sperano in noi. Non deludiamoli!”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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