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Papa: "Evitiamo l'amore ipocrita, da telenovela. Diventiamo strumenti della carità di Dio"

Nell’udienza generale di oggi, Francesco ha spiegato il senso autentico dell’amore e della carità, le nostre “vocazioni più alte”

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“Siamo chiamati all’amore, alla carità”. Questa “è la nostra vocazione più alta”. San Paolo ci mette però in guardia: c’è il rischio che la nostra carità e il nostro amore siano macchiati dall’ipocrisia. Lo ha ricordato stamattina, 15 marzo 2017, Papa Francesco in Piazza San Pietro, nel corso della catechesi dell’Udienza generale.
Il Papa, che prima di salire sul palco ha incontrato una delegazione di cattolici cinesi visibilmente commossi, ha dato indicazioni precise per fare in modo che l’amore e la carità che esprimiamo siano sinceri, non siano “una telenovela”.
L’ipocrisia – ha spiegato il Santo Padre – si insinua quando “il nostro è un amore interessato, mosso da interessi personali”. Oppure “quando i servizi caritativi in cui sembra che ci prodighiamo sono compiuti per mettere in mostra noi stessi o per sentirci appagati”.
Si tratta di ipocrisia – ha detto – quando svolgiamo attività solo per “fare sfoggio della nostra intelligenza o delle nostre capacità”. Una ipocrisia dettata da una falsa idea, secondo cui la carità è una creazione dell’uomo. Essa è invece “una grazia”, che “non consiste nel far trasparire quello che noi siamo, ma quello che il Signore ci dona e che noi liberamente accogliamo”.
Ecco allora che ci viene data “la possibilità di vivere anche noi il grande comandamento dell’amore, di diventare strumenti della carità di Dio”. Se facciamo questo incontro con Lui, comprendiamo che “tutto quello che possiamo vivere e fare per i fratelli non è altro che la risposta a quello che Dio ha fatto e continua a fare per noi”. Anzi, Francesco sottolinea che “è Dio stesso che, prendendo dimora nel nostro cuore e nella nostra vita, continua a farsi vicino e a servire tutti coloro che incontriamo ogni giorno sul nostro cammino, a cominciare dagli ultimi e dai più bisognosi nei quali Lui per primo si riconosce”.
Quello di San Paolo è quindi più che un rimprovero – afferma il Papa – un incoraggiamento a “ravvivare in noi la speranza”. Bergoglio rileva che è comune a tutti “l’esperienza di non vivere in pieno o come dovremmo il comandamento dell’amore”. Ma “anche questa è una grazia, perché ci fa comprendere che da noi stessi non siamo capaci di amare veramente: abbiamo bisogno che il Signore rinnovi continuamente questo dono nel nostro cuore, attraverso l’esperienza della sua infinita misericordia”.
Solo così – aggiunge il Pontefice – “torneremo ad apprezzare le cose piccole, semplici, ordinarie; tutte le piccole semplici cose di ogni giorno e saremo capaci di amare gli altri come li ama Dio, volendo il loro bene, cioè che siano santi, amici di Dio”. Di qui il suo invito finale: “E allora, con il cuore visitato e abitato dalla sua grazia e dalla sua fedeltà, viviamo nella gioiosa speranza di ricambiare nei fratelli, per quel poco che possiamo, il tanto che riceviamo ogni giorno da Lui”.
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Qui il testo integrale della catechesi pronunciata da Papa Francesco.

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Federico Cenci

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