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Papa: "Nemmeno i momenti più duri ci strapperanno dalle mani del Signore"

Nell’Udienza generale di stamattina, Francesco torna a parlare della speranza, la quale “ci è stata donata” anche per trasmetterla agli altri

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“Nella mia terra quelli che si vantano sono chiamati pavoni”. Anche in Argentina, dunque, l’accostamento all’eccentrico uccello è riservato a chi è pieno di sé. Lo ha spiegato stamattina parlando a braccio Papa Francesco, durante la catechesi dell’Udienza generale, incentrata sul tema della speranza.
“Non è una bella cosa vantarsi”, ha rimarcato il Vescovo di Roma. Il quale tuttavia ha ricordato che San Paolo “ci sorprende”, quando nella Lettera ai Romani “per ben due volte ci esorta a vantarci”. Ma – si è chiesto Francesco – “come è possibile fare questo, senza offendere, senza escludere qualcuno?”.
L’Apostolo di Tarso – ha dunque spiegato – ci ricorda che “se impariamo a leggere ogni cosa con la luce dello Spirito Santo, ci accorgiamo che tutto è grazia”. Pertanto – ha aggiunto – “a noi è richiesto di riconoscere tutto questo, di accoglierlo con gratitudine e di farlo diventare motivo di lode, di benedizione e di grande gioia”. In questo modo, contagiamo chi ci è accanto: familiari, le nostre comunità, colleghi di lavoro e persone che incontriamo ogni giorno.
Ciò che è più difficile capire – sottolinea ancora il Papa – è che San Paolo “ci esorta a vantarci anche nelle tribolazioni”. Del resto – ha osservato – “la pace che ci offre e ci garantisce il Signore non va intesa come l’assenza di preoccupazioni, di delusioni, di mancanze, di motivi di sofferenza”. Bergoglio osserva infatti che “se così fosse”, quel momento “finirebbe presto e cadremmo inevitabilmente nello sconforto”.
È invece “un dono” la pace “che scaturisce dalla fede”, è “la grazia di sperimentare che Dio ci ama e che ci è sempre accanto, non ci lascia soli nemmeno un attimo della nostra vita”. Di qui – prosegue – nasce “la pazienza”, perché sappiamo che in ogni momento, anche nei “più duri e sconvolgenti”, “la misericordia e la bontà del Signore sono più grandi di ogni cosa e nulla ci strapperà dalle sue mani e dalla comunione con Lui”.
“Ecco allora perché la speranza cristiana è solida, ecco perché non delude, mai delude, la speranza non delude”, ha aggiunto il Papa. Essa non è fondata “su quello che noi possiamo fare o essere”, bensì sull’amore “che Dio stesso nutre per ciascuno di noi”.
Il Santo Padre ha allora riflettuto sul fatto che “è facile dire Dio ci ama”, ma è meno scontato saper dire “Dio mi ama”, al singolare. “Non è così facile ma è proprio così e questa è la radice della nostra sicurezza e della nostra speranza”, ha aggiunto, ricordando che “il Signore ha effuso abbondantemente nei nostri cuori il suo Spirito come artefice, come garante, proprio perché possa alimentare dentro di noi la fede e mantenere viva questa speranza e questa sicurezza”. Bergoglio ha allora rivolto l’invito ai presenti a recitare, come preghiera, la formula “Dio mi ama”.
Infine ha rilevato che “la speranza che ci è stata donata non ci separa dagli altri, né tanto meno ci porta a screditarli o emarginarli. Si tratta invece di un dono straordinario del quale siamo chiamati a farci ‘canali’, con umiltà e semplicità, per tutti”. Ecco dunque che “il nostro vanto più grande sarà quello di avere come Padre un Dio che non fa preferenze, che non esclude nessuno, ma che apre la sua casa a tutti gli esseri umani, a cominciare dagli ultimi e dai lontani, perché come suoi figli impariamo a consolarci e a sostenerci gli uni gli altri”.
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Qui si può leggere il testo integrale della catechesi di Papa Francesco pronunciata stamattina, 15 febbraio 2017.

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Federico Cenci

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